30. Problemi di fiducia

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HUNTER

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HUNTER

C'era stato un momento durante la mia vita in cui avevo provato così tanta rabbia da arrivare a compiere gesti meschini nei confronti di chi era stato la causa. E me la ricordavo ancora bene, quel desiderio profondo di vendetta mescolato all'impulso di voler infliggere dolore a quella persona. All'epoca era stato mio padre con le sue azioni miserabili a rendersi il destinatario della mia ira, e non potevo dire di aver cercato di controllare i miei istinti dato che mi ero lasciato trasportare da essi arrivando a compiere cose di cui ancora, dopo anni, non ero mai riuscito a pentirmi.
Tuttavia, nel momento in cui la rabbia aveva perso intensità – ma non consistenza, perché era sempre lì, in agguanto, pronta a riprendere le redini contro l'uomo che si professava come mio padre – avevo creduto che non avrei mai provato più nulla del genere, che nessuna situazione mi avrebbe mai spinto a provare di nuovo quell'impulso che gridava vendetta.
E invece mi sbagliavo.

Tuttavia, definire "rabbia" quel tumulto di emozioni che mi aveva invaso ogni organo vitale in quel momento era riduttivo.

Era molto di più.

Era ira, dispiacere, uno sconforto sconcertante; era tristezza, odio, preoccupazione, amarezza, disgusto, malinconia, frustrazione, angoscia, disagio e risentimento.

E forse avrei preferito rimanere indifferente, ma ero sicuro che nessun essere umano con un minimo di coscienza sarebbe rimasto impassibile davanti a un evento del genere. Perché, per quanto poco ne sapessi nello specifico, la sola idea che qualcuno potesse vivere un evento così traumatico mi prosciugò di ogni emozione positiva.

E mi domandai come si potesse sopravvivere a una cosa simile.

Eleanor aveva smesso di parlare da un pezzo, e io non avevo detto nulla. Un "mi dispiace" sarebbe stato troppo riduttivo, e nessuna parola avrebbe potuto far fronte al disagio che quella rivelazione mi aveva provocato.

Avevo capito da un pezzo che ci fosse qualcosa sotto tutti i suoi comportamenti, però non sarei arrivato a una conclusione del genere nemmeno applicando ogni briciolo di fantasia che possedevo.

Tuttavia, c'era una domanda specifica che premeva sulla lingua affinché gliela ponessi, e benché non ci fosse un momento giusto per pronunciarla, lo feci lo stesso quando mi accorsi che aveva anche smesso di piangere e il suo respiro si stava lentamente regolarizzando.

«E il tuo ex?»

La sentii sospirare sul mio torace, il viso nascosto dalla chioma scura.

«Ryan gli telefonò per informarlo di quello che era successo.» Aveva la voce gracchiante, bassa e piena di qualcosa che nella mia ignoranza non potevo cogliere.

«E lui cosa fece?»

Sperai con tutto me stesso che avesse fatto qualcosa per rendere meno maleodorante la merda che aveva combinato.

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