Capitolo 7

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Stolker. Non è altro che un fottuto Stolker.
Sicuramente mi ha seguita appena me ne sono andata dalla festa. Ma cosa vuole da me.
Un brivido d'aria gelata mi colpisce in pieno viso, facendomi rabbrividire.
In mio soccorso vengono due calorose braccia che mi stringono da dietro emanando un calore meraviglioso, non parliamo del prufumo, un paradiso per le mie narici. Insomma ma che cosa mi prende.
- Miss Kitty, perché non sale in macchina, si sta gelando qua fuori e il suo abito non è adatto per fare una passeggiata autunnale per strada no? Prego salga e si riscaldi. -
- Molto premuroso, ma sto bene qua -
- Non faccia storie la prego, per quanto possa divertirmi la sua testardaggine, non mi piace l'idea che lei si ammali. -
- Va bene mi ha convinta -
Effettivamente non ha tutti i torti io mi ammalo molto spesso e quasi subito.
Mi sento in totale imbarazzo in questa situazione, non so cosa dire o fare, insomma non è un territorio che conosco.
- Quale è il suo vero nome Miss?
- Glielo dirò solo quando saprò il suo -
- Mmm risposta sensata, mi chiamo John. Adesso mi dica il suo -
- Cristina -
- Cristina, mm suona davvero bene pronunciato dalle sue labbra -

Ma che fa ci prova? Senza speranze, tutti gli uomini sono uguali, questa volta me lo segno sulle cose da ricordare. Mi schiaffeggio mentalmente per aver pensato male di qualcuno che conosco appena. Come si suol dire, non giudicare un libro dalla copertina no?
- Mister John, quanti anni ha? -
- Direi che sono sulla quarantina. Lei Miss Cristina quanti ne ha ? -
- A mm beh, non ha importanza. -
- Me lo dica, altrimenti non vale la risposta che le ho dato. Non è corretto -
- Se le dicessi la mia età mi farebbe scendere immediatamente dalla macchina. Ne sono convinta di questo. -
- Su su non faccia storie, le prometto che non mi scandalizzo. Poi si ricordi che abbiamo fatto un accordo. Lei risponde sempre quando le faccio una domanda. Non voglio giri di parole. -
- Va bene. Un patto è un patto. Ho diciassette anni. -
- Hahaha, mi perdoni, ma fatico a crederle. -
- Non rida di me, tenga, questo è il mio documento -

Lo prende sicuro nella sua mano, lo studia attentamente quasi stesse cercando una risposta che da me non arriva. Una spiegazione anzi. Rimane lì fermo a fissare il mio documento per una buona manciata di minuti. Che sembrano interminabili.
- Fransuá, portaci a casa mia. -
Ma che cavolo? A casa sua, stiamo scherzando !?
- Mister John non è una buona idea, mi lascia qua vado a casa mia a piedi. -
- Non dica un'altra parola signorina. -
Rimango in silenzio aspettando insulti di ogni genere da parte di quest'uomo.
Non mi interessa se adesso sa qualcosa di vero di me. Mi interessa solo scoprire il suo volto. Non capisco perché non si toglie la maschera.
- Mi permetta una domanda John, perché non si toglie la maschera? -
- Perché quel che vedrebbe non sarebbe di suo gradimento, adesso stia zitta e aspetti che siamo a casa mia. -

Ma che diavolo significa? Ma come si permette a dirmi di stare zitta.
Il viaggio procede nel silenzio più assoluto, si respira aria gelida. Sembra arrabbiato adesso, capisco pure il suo stato ma non è giusto che se la prende con me. Insomma è stato lui a venire da me e scrivermi per primo. Cosa si aspettava?
- Prego Cristina scenda. -
- Vorrei tornare a casa mia -
- No. Dobbiamo parlare. Mi deve spiegare un sacco di cose che non mi tornano. -
Dicendo ciò mi trascina letteralmente in casa, facendomi segno di accomodarmi sulla poltrona vicino al fuoco. Per riscaldarmi non mi lamento anzi, lo ringrazio mentalmente.
Ritorna cinque minuti dopo con una tazza fumante e un bicchiere pieno di liquore.
Delicatamente me la porge e mi fissa per una buona manciata di secondi. Sembra quasi compiaciuto della mia posizione e solo ora mi rendo conto di essermi inginocchiata davanti al camino per riscaldarmi di più.
Errore numero uno, non rifarlo più in sua presenza. Mi alzo subito stirandomi il vestito e accomodandomi sulla poltrona accavallando le gambe e iniziando a sorseggiare il buon the che mi ha preparato.

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