Capitolo 12

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Cristina allontanati. Corri il più lontano possibile da quest'uomo. Lascialo perdere, lascia perdere tutto e vattene. Corri. La porta e poco distante cosa aspetti.
Nulla le gambe non connetto con il cervello.
Qualcosa mi tiene bloccata, incatenata ai suoi occhi.
Meno di qualche secondo e sono imprigionata con i polsi tra le sue mani. La stretta e forte, fa male, ma non mi interessa, qualcosa in me si risveglia, mi mette agitazione e per quanto cerco di liberarmi lui non molla la stretta.
- Non dimenarti, non servirebbe a nulla Cristina, lasciati andare, ascolta la mia voce e rilassati. -
Non posso far altro che quel che mi dice lui. Mi abbandono a questa meravigliosa voce, così sexy e potente che mi fa tremare le gambe e cedere alla tentazione di sentire le sue labbra. Dio mio se vorrei averlo qua sul divano.
Ma che diavolo sto pensando? Lui è un perfetto sconosciuto, nessuno che conosci o del quale puoi fidarti. Riprenditi Cristina, lui non è la persona adatta e poi a te non piacciono queste cose. Vattene.
Vattene e non tornare, non sei adatta a questo. A lui. Al suo mondo.
Con uno strattonò mi libero dalle sue mani e mi allontano il più possibile da lui.
Non posso guardarlo negli occhi perché sono come due calamite che ti imprigionano e non ti lasciano più andare via, quest'uomo è pericoloso, lo sapevo.
- Ritorna qua Cristina. Fammi spiegare per quello che ho appena fatto. -
- Non avvicinarti più a me. Non posso fare quel che fai tu. Addio. -

Non aspetto risposta, corro fuori casa più velocemente possibile. Ignorando i continui richiami di John. Lo sapevo che non dovevo venire. Il presentimento che avevo si è avverato.
La strada desolata mi mette una malinconia addosso che mi accompagna fino a casa.
Siska mi corre incontro per salutarmi, ma non ho voglia di accarezzarla, ho voglia di annegare tutto nell'alcol. Sono stufa di questa cosa. Non ho una vita. Non ho nulla.
Sono stanca di stare da sola in questa casa, di esser un genio, di andare all'università e di lavorare per olivia. Sono stufa di tutto.

Il vino si fa sentire molto presto. O forse sono io che ho bevuto troppo, mah chi lo sa. Ora come ora non sono sicura di nulla eppure qualcosa mi spinge a credere che quel che è successo prima a casa di John sia qualcosa di vero, che mi è piaciuto, questo mi spaventa tantissimo, io non sono quel tipo di ragazza, insomma non l'ho mai trovato eccitante eppure quando mi ha stretto i polsi e avvicinata a lui, ho sentito un è istigazione mai avuta prima, insomma mi ha eccitata il fatto che lui avesse avuto il controllo. Come è possibile, ho frequentato il club per anni e non mi sono mai trovata a pensare che forse poteva piacermi quel che succedeva là dentro.
Ma con lui tutto è diverso. Le cose prendono un'altra forma. Eppure ripensandoci, si è comportato tutto il tempo in maniera strana, dava ordini era autoritario, non mi sembrava di parlare con un uomo qualunque, lui voleva il controllo. Non voleva obiezioni.

Quel dannato telefono continua a notificare che ci sono dei messaggi, non ne posso più il suono mi crea emicrania e mi fa saltare i nervi, fa la stessa fine della sveglia, lo vedo sbriciolarsi a contatto con il muro, adesso non ne rimane nulla che qualche scarto buttato qua e là.
Siska mi sta fissando da sopra il divano, sembra quasi spaventata di vedermi così, mi dispiace per lei ma non posso farci nulla sono arrabbiata, arrabbiata con me stessa e basta.

Alle due del mattino qualcuno bussa alla porta di casa, lo manderei a quel paese. Ma l'incessante bussare non finisce anzi aumenta.
- Cristina apri. So che sei a casa. Aprimi! -
- Vattene John, ti ho detto che non voglio più vederti o sentirti -
- Apri questa dannata porta ! -

Che altro posso fare è? Niente. Solo aprire al mio inferno e mandare a quel paese il diavolo.

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