Capitolo V

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Sedici ore prima del matrimonio.

Sedevano su quella scomoda carrozza, che lo faceva sobbalzare ad ogni dosso, ormai da due ore e non ne poteva davvero più. Heath gli aveva promesso una notte di divertimenti, visto che sarebbe stata la sua ultima da uomo celibe, ed invece fino a quel momento aveva solo un gran male al fondo schiena. 

Aveva organizzato tutto lui e l'unica cosa sulla quale Byron aveva potuto mettere parola era la presenza o me d'invitati. Così aveva deciso che a partecipare alla festa sarebbero stati solo loro due e suo fratello minore, Trevor. 

Però non sapeva neanche dove stavano andando e non essere a conoscenza della destinazione lo rendeva anche più irritabile. E ogni volta che aveva chiesto qualche dettaglio la sua risposta era sempre stata: «Vedrai, ti piacerà». 

Era più eccitato del vero festeggiato e ben presto anche Trevor si lasciò coinvolgere dal suo entusiasmo. L'unico che sembrava stesse andando ad un funerale era proprio Byron. Heath cercò di rallegrargli il morale: «Su con la vita, amico, domani mattina sarai sposato», scherzò, pensando di essere divertente ma in realtà aveva solo peggiorato la situazione. 

Perciò Byron gli riservò uno sguardo tagliente. L'umore del giovane era così nero che non aveva neanche la forza di aprire bocca e rispondere all'amico. Dopo aver passato un consistente lasso di tempo su quel maledetto calesse iniziò perfino a chiedersi se per caso il suo migliore amico non avesse esaudito un suo tacito desiderio. 

Ovvero quello di scappare la notte prima delle nozze, attraversare il confine e sparire per sempre. Ed invece non fu così fortunato perché il veicolo si fermò davanti ad una villa immersa in una grande vallata. 

Non era mai stato in posto simile ma sapeva che due ore e mezzo non erano sufficienti per raggiungere la frontiera perciò erano ancora all'interno dell'impero. Palesò all'amico la sua perplessità, chiedendo: «Dove siamo?» Non aveva proprio il tono di una persona in procinto di passare una notte di bagordi ma Heath non si lasciò scomporre dal suo caratteraccio. 

«Vedrai che ti piacerà», gli diede uno spintone per poterlo superare e uscì dalla carrozza senza troppe cerimonie. Con un sospiro ormai stanco e rassegnato, Byron lo seguì all'esterno poco convinto. Al contrario, suo fratello si guardava attorno sorridente nonostante fosse ignaro dei piani di Heath. Nella valle davanti alla villa altri veicoli erano stati lasciati dagli ospiti e i cocchieri si erano riuniti in un piccolo gruppetto, a chiacchierare e fumare sigari scadenti.

Heath si avvicinò senza troppa esitazione all'enorme portone, intarsiato e con ricami dorati, e bussò con il pugno. Qualcuno d'altra parte era in attesa vicino alla porta perché aprirono immediatamente ai nuovi arrivati. 

Un maggiordomo vestito di nero tranne che per i guanti, che erano bianco, indossava perfino un grosso capello a cilindro, e sorrise agli ospiti con un inchino perfetto e composto: «Benvenuti, signori». 

Heath fece il gesto di togliersi il capello, anche se non ne portava uno e quando il servo aprì il braccio, facendo segno loro di poter entrare, non se lo fece ripetere due volte. Varcò la soglia, guardandosi attorno come se non fosse mai stato in quel posto. 

Trevor e Byron, invece, erano rimasti fuori, il primo un po' confuso mentre il secondo sempre più scettico. Heath si voltò e con un gesto della mano incitò i due a seguirlo dentro. I fratelli si guardarono, come a voler comunicare con la mente e si fecero coraggio a entrare nello stesso istante, guardandosi attorno con gli occhi incuriositi. 

L'atrio della casa era arredato in modo sobrio, con qualche mobile in legno, un tappetto rosso e oro e le pareti coperte da innumerevoli quadri. Ma non erano ritratti, come constatò Byron guardandoli attentamente. 

The Masked LadyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora