Così ti ammali

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Eleonora
Arriviamo a casa fradici fino nelle ossa, aspettiamo sotto la stretta tettoia del mio palazzo che la signora del piano di sopra apra la porta principale e siamo costretti a salire le scale visto che l'ascensore è fuori uso. "Non...verrò...mai più...a casa tua Ele. Almeno...non finché...non avranno aggiustato... l'ascensore" si lamenta Sal, con il fiatone che ruba alla frase parte delle parole e del senso. Mi limito a sorridergli dolcemente, sicura che verrà lo stesso se lo chiamerò, e cerco di riprendere fiato anche io socchiudendo le labbra. Cerco nel vaso di orchidee davanti al portone di casa mia le chiavi, le trovo un po' sotterrate nel terriccio umido, le pulisco dai residui di terra e le infilo nella serratura facendole girare due volte. Sto per entrare quando Sal mi prende per un polso facendomi girare e mi bacia dolcemente sulle labbra ancora socchiuse. "Scusa, avevo troppa voglia di farlo" sussurra appena ci dividiamo.
"Non chiedere mai" rispondo alzandomi sulle punte per imprimergli un altro bacio leggero. Lo prendo per mano e lo conduco dentro. Mi blocco non appena la porta si chiude con un suono ovattato dietro di me. Guardo Salvatore, i capelli inzuppati e arruffati, i vestiti grondandi e gli occhiali costellati di una moltitudine di piccole goccioline d'acqua. Noto il leggero tremolio delle mani e mi accorgo di avere freddo. "Forse è meglio che ci leviamo le scarpe" rifletto. Sal annuisce e si sfila le scarpe e scopro i miei come i suoi calzini completamente bagnati.
"Se non prendo una polmonite oggi non la prendo mai più" sorride il ragazzo accanto a me togliendosi anche i calzini.
"Se la predi ti curo io" dico e sul mio viso prorompe un mezzo sorriso. Lo imito prendendo i miei calzini e avviandomi verso il bagno per depositarli nella cesta dei panni sporchi.
"Se la prenderò io ho paura che la prenderai anche tu" risponde ridendo. Mi segue per lo stretto corridoio fino alla mia meta.        "Allora ci curiamo a vicenda" propongo.
"Forse è meglio se ci facciamo una doccia. Prima tu." comincio a parlare senza dare tempo al ragazzo di rispondere. Faccio per uscire ma le sue parole mi bloccano.
"Vai tu, posso aspettare. Stai tremando" dice racchiudendo nelle sue calde, grandi mani dalle dita sottili, le mie gelide e tremanti.
"Per favore. Non voglio che ti ammali per colpa mia" dice fissando gli occhi scuri nei miei. Dietro gli occhiali a goccia noto la convinzione nelle sue parole e l'irrimovibilità della sua posizione.
"Se non lo fai di tua spontanea volontà ti chiudo in  bagno" mi minaccia. Con uno scatto fulmineo prende la chiave nella serratura e la chiude nel suo pugno.
"Va bene, faccio presto, siediti in cucina" dico guardandolo male. Incrocio le braccia al petto e metto un piccolo broncio, segno che dovrà trovare un modo per farsi perdonare. Lui si avvicina a me, mi lascia un bacio sulla fronte e poi si allontana. Si incammina verso la porta con passo leggero e sicuro socchiudendola delicatamente mentre esce. Mi appoggio al lavandino. È mio. Quando formulo questo pensiero sorrido involontariamente. Penso al futuro, a quanto potrei essere felice con lui e a quanto potrebbe andate tutto a puttane per colpa del mio passato, per colpa del mio vendicativo ex ragazzo. Scaccio via il pensiero concentrandomi sul presente, sulle mie mani tremanti, sui miei denti che mi devo trattenere dal battere, sui brividi per niente piacevoli che si rincorrono sulla mia pelle pallida. Mi spoglio velocemente lanciando i vestiti fradici esattamente nella cesta. Mi infilo nella doccia e apro il getto di acqua calda facendo scivolare tutti i pensieri giú per lo scarico e tenendo stretto a me solo quello del bacio delicato di Salvatore sulla mia fronte.

Sascha
"Tu hai la febbre Sascha. A quaranta." dice Sabrina con il termometro ancora stretto tra le mani.
"Mi mancava solo questa" mi lamento affondando il viso nel cuscino.
"Vado a prenderti una tachipirina" dice e la sento uscire dalla stanza.
"Che palle" sussurro.
"Quanto posso essere sfortunato?" chiedo a Sabrina che entra nella stanza con un bicchiere d'acqua in una mano e una pasticca bianca in un altra.
"Sei rimasto sotto la pioggia?" mi domanda in risposta mordicchiandosi un labbro.
"Sì, ti stavo aspettando." rispondo stanco accettando il medicinale.
"Mi dispiace Sascha" mi sussurra. Il materasso si piega sotto il peso della mia ragazza che si avvicina a me e sfiorando le mie labbra parla nuovamente.
"Scusa" passano alcuni secondi carichi di elettricità prima che le nostre labbra si uniscano.
"Così ti ammalerai anche tu, poi chi mi porterà le medicine?" le dico appena ci dividiamo ridendo.
"Chiamiamo Tudor" sorride lei.
"Pensa Tudor a dover badare a noi due moribondi" ribatto.
"Soprattutto a te che sei una palla assurda" dice.
"Ah-ah-ah" che divertente rispondo mettendo il broncio.
"Adesso ti conviene dormire e farmi dormire piccolo bambino capriccioso" mi minaccia scherzosamente lasciandomi sulle labbra il sapore delle sue. Si accocola tra le mie braccia facendo questa volta attenzione al mio torace e mi addormento in pochi minuti sprofondando in un mondo di sogni dai vividi colori, dalle situazioni alquanto stravaganti e dalle emozioni particolarmentr accentuate.

Ma ciaoo lampadine
Applausi perché ho aggiornato dopo solo un giorno. *clap clap clap*
Grazie grazie troppo gentili e soprattutto spontanei.

Questo capitolo è un po' così, un po' di calma e ripositutine (che non si può sentire ma io può). Apparte gli scherzi, è abbastanza "dolcioso e romantico"

La Saschafano arriverà.

Arriverà anche la surreta.

E anche un capitolo del Romix se ce la faccio.

Non so se a breve ma ci provo

Il Quinto MatesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora