08 (nessuna certezza)

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GIULIA

Era passata più di una settimana dall'incidente, ed io ero tornata all'università. I lividi sul mio volto erano diventati verdastri e il taglio al labbro si era quasi rimarginato. Giorgio restava ancora in ospedale. Ero andata a trovarlo quasi ogni giorno, con la scusa di portargli gli appunti delle lezioni che frequentavamo insieme e delle ricerche che dovevamo fare per il corso di Carli; lui era gentile, ma distante.

Meglio di niente, pensai, meglio del suo disprezzo.

L'esperienza vissuta ci aveva indubbiamente cambiati, ma ogni volta che mi guardava i suoi occhi si velavano di indifferenza e distacco, a volte sembrava quasi che facesse proprio fatica a guardarmi.

"Vorrei fare due passi," disse improvvisamente, interrompendo il mio resoconto della lezione. "Sono stanco di stare in questo letto," continuò. "Domani mi dimetteranno, tanto vale rimettersi in moto." Mi aveva guardato con occhi imploranti, occhi cui era difficile dire di no.

"Non sarebbe meglio aspettare Francesco o Filippo?" provai a controbattere.

"No. Non riesco a più ad aspettare." Sembrava un bambino capriccioso e impaziente. Sorrisi leggermente, era ritornato in forze, il suo colorito era migliorato e il suo umore, ovviamente, peggiorato. Spostai il tavolo sul quale era poggiato il mio portatile e gli appunti e mi avvicinai a lui per permettergli di appoggiarsi in caso di bisogno.

"Ok, ma se non dovessi farcela..."

Che cosa avrei fatto? L'avrei sorretto, l'avrei aiutato a rimettersi a letto? l'avrei abbracciato?

"Non sono tanto debole, ce la farò." Affermò risoluto, rifiutando il mio aiuto.
Mi fece un leggero sorriso e poi il suo sguardo tornò nuovamente distante chilometri dal mio. Buttò le gambe giù dal letto e appoggiò i piedi a terra, poi fece forza su un braccio e si alzò. Sorrise soddisfatto finché un capogiro non lo fece barcollare.

Fu allora che accadde. Si appoggiò a me con il braccio sano, i suoi occhi nei miei, il suo respiro sulla mia guancia ipersensibile, le sue labbra pericolosamente vicine. Un brivido simile a una scossa elettrica mi percorse la schiena, concentrandosi nel basso ventre, mentre la sua mano si alzò per sfiorarmi il volto.

Schiusi le labbra in attesa...

Baciami Giorgio, fallo ora. Pensai, ma non riuscii a dare fiato alla mia voce. Francesco entrò proprio in quel momento, accidenti a lui, e di fronte a quell'intimità, fece dietrofront imbarazzato.

"È meglio che tu vada a casa ora, sarai stanca." Il mio cuore perse un battito mentre il suo sguardo si faceva nuovamente distante e cupo.

"Giorgio, io..."

Cosa stavo per dirgli, di fregarsene del suo amico che aspettava fuori dalla porta e di baciarmi come se non ci fosse un domani?
Sì, avrei voluto dirgli proprio questo, ma ovviamente, non lo feci.

"Ah, Giulia, grazie per gli appunti!" sorrise quasi timidamente dimostrandomi, se ancora non me ne fossi resa conto, il potere che la sua bellezza aveva su di me.

Fu allora che mi resi conto di essermi presa una cotta spropositata per Giorgio, stronzo affascinante, Leardi.

§§§§§§§

GIORGIO

"Giorgio, mi dispiace tanto!" Francesco rientrò qualche minuto più tardi, imbarazzatissimo.

"Non preoccuparti amico, non hai interrotto nulla!"

"Eccome, cazzo amico, stavi per baciarla!" esplicito come sempre.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora