36 (Giugno '73)

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GIORGIO

Giulia era strana da giorni, voleva lasciarsi tutto alle spalle, la capivo; voleva ignorare l'accaduto, era comprensibile... se solo fosse stato semplice, mi sarei lasciato il passato alle spalle da tempo. Purtroppo, e lo sapevo bene, ciò che ti ferisce profondamente diventerà per sempre parte di te. Aveva cercato di convincere tutti di stare meglio, ci aveva provato anche con me, glielo avevo lasciato credere. Sapevo riconoscere un dolore mascherato. Io ero un esperto in questo campo.

Perché dunque la stavo trattando così?

Perché stavo commettendo nuovamente gli stessi errori?

Perché stavo facendole volutamente del male?

"Vorrei fare due passi prima di rientrare in aula, ti va?" Giulia annui confusa, dovevo sembrarle un pazzo. Forse lo ero veramente.

****
I viali, umidi di foglie e rami secchi, erano lo scenario ideale per il mio umore attuale. Avevo appena discusso con Giulia, e ora ero accanto a lei in una bolla di silenzio irreale.
Solo i nostri passi a stridere sul ghiaino del viale.
In lontananza, il vociare di altri studenti e un'eco lontana, il rumore di fondo di una città in perenne movimento.

Ero turbato dal mio atteggiamento, dall'istinto animale che aveva preso il sopravvento sulla razionalità; dall'atteggiamento di sfida, dalla necessità di difendere ciò che volevo mio.
Non avevo mai pensato a Giulia come a un oggetto da contendere, ma era così che l'avevo trattata. Me ne rammaricavo immensamente.
Ero scosso dalle sue affermazioni, dalla certezza con cui le aveva enunciate.

Non ero geloso... o forse sì?

Camminammo affiancati, ognuno perso nei propri pensieri, non una parola uscì dalle nostre labbra, non uno sguardo tra noi; solo il silenzio e il filare di alberi che costeggiava il laghetto di Villa Borghese.
Una leggera nebbia si alzò lieve dalle sue acque ferme, sottile come un velo, inconsistente come il fumo, ma che tuttavia aveva il potere di rendere i contorni meno definiti.

"Cos'ho fatto?" fu Giulia a rompere la cortina di silenzio tra noi, la sua voce, dura e triste al tempo stesso, mi riscosse. La guardai per un istante, era così bella sotto il cappellino di lana scuro. I capelli castano chiari le ondeggiavano attorno al viso un po' stanco, gli occhi, dal colore indecifrabile erano  accesi di curiosità e dubbi da chiarire. "Perché ti comporti così?" sussurrò ancora.

La voce più bassa, quasi rassegnata all'inevitabile scontro tra noi.

Perché mi comportavo così? Perché ero come un ragazzino alla prima cotta ecco perché! Mi rimproverai mentalmente.

La guardai a lungo prima di rispondere, le guance leggermente arrossate, le labbra dischiuse, le mani strette tra loro a ripararsi dal freddo. Glie ne presi una, portandola alle labbra, baciandola e suggendone delicatamente le dita.
Quel contatto accelerò i battiti del mio cuore e del suo.

"Non mi hai più baciata..." disse. No, non l'avevo fatto, non come avrei voluto. Le sue guance divennero scarlatte dal freddo e dall'imbarazzo; gli occhi accesi di desiderio. "Non mi hai più toccata." Dio, quanto avrei voluto stringerla a me affondando nel suo corpo caldo.

"Hai ragione, sono geloso." Risposi, ignorando volutamente le sue affermazioni; non ero pronto per spiegarle le ragioni dietro le mie azioni. "Sono stato uno stupido, mi sono comportato come uno stupido." L'imbarazzo riempì la mia voce di nuove tonalità; non mi ero mai sentito così indifeso, debole e istintivo come pochi minuti prima, di fronte a Michele.

"Si, è vero. Non mi è piaciuto il comportamento di poco fa!"

Nessuna pietà, Giulia.

Il silenzio aleggiò tra noi come una coltre pesante e fitta. Camminammo ancora un po', fino a un angolo un po' appartato; eravamo vicini alle aule ormai.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora