38 (Angel)

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GIORGIO

Le diciannove passate segnarono l'uscita dalla nostra ultima lezione. Avevamo lavorato sodo, la stanchezza cominciava a farsi sentire e con essa, il bisogno di staccare, cercando uno svago che distraesse le nostre menti. Roma ci accolse, piovosa e fredda, al nostro uscire dall'edificio della facoltà; la corsa fino all'automobile, si scaldò le membra e i cuori. Giulia sorrise del nostro affrettarci, coprendoci alla meno peggio; la sua mano nella mia, in un gesto istintivo e tenero.

Eravamo una coppia ora.

Nella mente il ricordo della risata scanzonata del professor Carli, solo qualche minuto prima. Sulle nostre labbra e sulle nostre guance, il segno dell'imbarazzo per essere stati sorpresi a scambiarci un bacio appassionato a fine lezione.

***

"Bene, vedo che i miei studenti più recalcitranti hanno finalmente deciso firmare una tregua!" Carli era di fronte a noi, con un sorriso sornione a illuminargli il viso. Giulia arrossì, ma le strinsi di più la mano per impedirle di lasciarmi andare. "Ricordatevi, piccioncini, che la prossima settimana aspetto la vostra consegna, siete in ritardo. Un'eventuale gravidanza o rottura tra voi, non varrà da ulteriore giustificazione!"

"Si!" la nostra risposta corale lo fece sogghignare ancora di più, mentre imbarazzati, lasciavamo l'aula ridacchiando.

***

"Ti accompagno a casa, non mi va che prendi la metro a quest'ora... così, magari mi inviti mangiare qualcosa, sto morendo di fame!" la mia voce, calma e misurata, nascose perfettamente l'eccitazione che sentivo dentro all'idea di restare da solo con lei; nella sua stanza, sul suo comodo letto, a fare cose che stavo sognando di fare dal pomeriggio nel quasi sgabuzzino.

Giulia si strinse a me con un grande sorriso sul viso e in un istante le sue labbra furono a pochi centimetri dalle mie.

Che tentazione; una tentazione troppo grande per resistervi.

La baciai nonostante la pioggia battente, la baciai stringendola a me, la baciai con tutto l'ardore che sentivo bruciarmi l'anima. La baciai e lei rispose con pari intensità.

"Mi casa es su casa, ma solo se cucini tu!" disse. Un altro sorriso le rischiarò il volto bagnato di pioggia, un sorriso che non riusciva a mascherare il suo volto stanco e segnato dall'insonnia.

Sorrise, ma io non ricambiai, limitandomi a fissarla con occhi preoccupati.

"Stiamo per rovinare i sedili della tua auto, lo sai vero?" Un cambio di argomento, un modo come un altro per sondare il terreno, per comprendere a fondo le ragioni dietro il mio repentino cambio d'umore.

"Giulia," sussurrai prima di mettere in moto; con la mano giocai distrattamente con una ciocca dei suoi capelli umidi. "Vorrei assicurarmi che tu dormissi un po' e che non facessi più brutti sogni." I suoi occhi chiari si fecero grandi dallo stupore e la sua bocca si aprì, ma non ne uscì alcun suono. Avevo colpito nel segno.

La splendida fanciulla al mio fianco non dormiva bene da giorni: me lo dicevano il suo viso spento, la sua difficoltà di concentrazione, i costanti sbadigli durante la lezione.

Conoscevo tutti i sintomi, li conoscevo piuttosto bene.

"Lo so che fai ancora brutti sogni, Giulia, il tuo volto è rivelatore." Lei mi fissò. I suoi occhi si fecero lucidi, ma decise di  nascondermi il suo sguardo, fissando ostinatamente il lungotevere che ci scorreva di fianco. "Scusa," dissi infine, non sapendo bene come comportarmi di fronte alla sua improvvisa inquietudine.

"Sto bene... starò bene!" furono le sue lapidarie parole.

La sora Flora ci salutò con la mano, mentre passavamo davanti alla guardiola. Ricambiammo il gesto cortese con un sorriso e mano nella mano, ci avviammo al terzo piano.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora