76 (father and son)

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GIORGIO

"Dov'è Arianna?" chiesi guardandomi attorno, improvvisamente conscio dell'assenza di mia sorella.

Filippo sembrava disorientato, non era da lui. Lui e Arianna erano come due calamite, si muoveva lei, si muoveva lui. Uno strano presentimento si fece spazio nella mia mente.

"Esco a cercarla al boschetto, di solito è lì che passeggia quando ha bisogno di riflettere".
Un'inquietudine sottile a impossessarsi di me, un dolore antico e presente a lacerarmi il cuore.

"Vado da solo, so dove trovarla!"

Poi, senza attendere la replica di nessuno, mi diressi al bosco della tenuta Falconieri. La radura delle campanule.

Lei era sicuramente lì.

****

ARIANNA

"Papà!" le parole fiorirono sulle mie labbra prima che potessi fermarle.

"Papà, sei tu?"

L'uomo di fronte a me, trasandato e sporco, lo sguardo di ghiaccio azzurro, duro e freddo, si bloccò e mi fissò disorientato.

"Papà!" ripetei a quella strana, grottesca figura. Una figura conosciuta, impressa a fuoco nei miei ricordi più lontani e felici

Avrei dovuto averne paura?

Non lo sapevo, stavo vivendo in una sorta di trance, immersa in un'aura d'irrealtà. I piedi si mossero da soli, affondando nel morbido manto di foglie; mi muovevo verso di lui, verso colui che aveva ucciso mia madre, distrutto la vita a mio fratello, verso chi mi aveva immensamente amata.

Mio padre.

La luce inondava la radura rendendo l'atmosfera ovattata e magica.

Stavo sognando?

Sì, forse era soltanto un bellissimo, terribile sogno.

****

GIANGI

La ragazza venne incontro a me come una vergine va incontro al drago. Mi chiamava papà, ma non poteva essere lei, non poteva essere la mia piccola Arianna, non potevo avere la fortuna di rivedere mia figlia dopo tutto questo tempo, dopo quanto avevo fatto. Ero rapito, pervaso da una luce magicamente verde, troppo intensa, troppo smeraldina.

Dove mi trovavo?

Stavo perdendo il contatto con me stesso e con la mia coscienza, perso in un mondo irreale fatto della stessa materia dei sogni.

"Papà sei tu?" chiese ancora la fanciulla riscuotendomi. I grandi occhi azzurri a fissarmi imploranti, ma non spaventati.

Perché non aveva paura di me? (Ero io che avevo paura di lei.)

Feci un passo avanti, volevo guardarla più da vicino.

Perché non arretrava? (Cosa mi stava succedendo.)

Perché il suo sguardo non si abbassava? (Non riuscivo a sostenere il suo sguardo.)

Perché voleva che le facessi del male? (Non volevo farle del male.)

Allungai una mano a tracciare nella mia mente il contorno del suo corpo, ma non la toccai, non volevo rischiare. Sì, avevo paura del mio autocontrollo.

"Papà!" continuò avanzando verso di me, i piedi affondati nella morbida coltre di foglie.

"Sta ferma!" le intimai con voce fredda e dura.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora