56_ carte da decifrare

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GIORGIO


Avevo lasciato Giulia sul portico di casa sua; il suo ultimo sguardo, così colmo di tristezza, mi aveva spezzato il cuore. La capivo, dopo la mia fuga di qualche mese fa, era comprensibile che non si fidasse più di me e m'intristiva pensare che la sua fiducia in me fosse stata scalfita e di esserne io stesso la causa. Anch'io avevo paura. I ricordi erano tornati a invadermi la mente, gettando una luce impietosa negli angoli bui ed ero spaventato dal fatto che Giulia non accettasse tutto il dolore che portavo con me.  Ora lei sapeva chi ero e cosa mi era successo;  conosceva quasi tutto il mio passato, sapeva di mia madre e della sua tragica fine.  Non ero certo di riuscire a sopportare l'idea che si sentisse costretta a dividere il mio fardello. Non volevo infliggerle nuove sofferenze, l'avevo fatta piangere fin troppo per problemi che erano soltanto miei, ma ero troppo egoista per lasciarla andare.  La notte appena trascorsa avevo scoperto qualcosa di tremendo sul mio passato, avevo pianto, avevo cercato conforto tra le braccia accoglienti della mia ragazza, ma ora alla luce del sole, tutto appariva nella sua devastante tragicità. Ora che l'incubo era sfumato, restavano le fumanti rovine del mio passato. Un passato con cui dovevo ancora imparare a rapportarmi. Avevo cercato di essere forte con Giulia, ma ora,una volta lontano da lei, già sentivo l'ansia montare dentro, i brividi pervadermi il corpo, il malessere crescere, la nausea arrivare. Tutti sintomi ormai noti di un'imminente crisi di panico. Dovevo parlare con mio padre, o meglio, con l'unica persona che mi avesse mai fatto da padre.  Schiacciai l'acceleratore al massimo, volevo arrivare a casa il prima possibile. Parcheggiai nell'ampio garage e scesi lentamente.

I piedi si  rifiutavano di compiere quei passi che mi avrebbero condotto dalla mia ancora, dal mio punto fermo, da Giovanni. Sentivo addosso l'odore del sangue di mia madre, lo vedevo imbrattarmi le mani piccole e innocenti, sentivo il suo sguardo farsi vacuo, il freddo del cristallo scaldarsi al calore del fluido vitale che la abbandonava. Stavo soffocando, soffocavo nel suo sangue, il suo petto era stato così facile da sfondare...

"Aiutatemi..." dissi prima di accasciarmi a terra.

Un urlo agghiacciante giunse alle mie orecchie. Era la mia voce, ne ero consapevole, solo che sembrava provenire da un altro mondo. Stentavo a riconoscerla, stentavo a riconoscere la potenza della mia disperazione. Intravidi la figura di Filippo avvicinarsi a me, non ero sicuro si trattasse davvero di lui, non ero più sicuro di vivere in questa realtà o di essere ancora nel sogno... non ero più sicuro di nulla.

"Filippo..." balbettai prima che l'oscurità m'inghiottisse.

****

Mi risvegliai qualche ora dopo nello studio di mio padre, sentivo il petto dolorante e la gola in fiamme per l'entità della crisi, Filippo, il mio povero amico, aveva lo sguardo terrorizzato, non aveva mai avuto la sventura di assistere a una delle mie crisi di panico, lui stava con Arianna, l'altra metà di me, quella solare, allegra, giocosa... io ero l'essere cupo che si nascondeva nel lato oscuro della luna

"Arianna, Emilia, Antonia e Francesco sono fuori a far compere..." disse il mio amico con una voce stentata.

"Io ero venuto da zio Giovanni per una partita di scacchi e per ascoltare un po' di jazz dai vinili dalla sua collezione, sinceramente avrei fatto qualsiasi cosa pur di evitarmi lo stress delle compere pre-festive con tua sorella." Cercò di sorridere, ma dal pallore del suo volto traspariva tutto lo sgomento per aver assistito alla scena. "Se l'avessi saputo, sarei andato con loro." Mi fece l'occhiolino cercando di riacquistare un tono sicuro e scherzoso.

"Se fossi andato con loro, mi avresti trovato in una forma peggiore di questa." Cercai di sorridere e di ringraziarlo, ma facevo davvero fatica, ero come liquefatto.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora