61_ private investigation

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RICCARDO

Erano ore che scartabellavo archivi zeppi di notizie, ma nulla. Nessuna luce illuminava la mia ricerca.

"Riccardo, perché non vai a dormire?" Enrico, il mio collega e amico più fidato insieme a Lucio Berardi, era preoccupato per me, la ricerca di notizie sul passato di Giorgio e Arianna Leardi stava diventando un'ossessione, qualcosa che rischiava perfino di mettere a repentaglio il mio lavoro al giornale. Dovevo rinunciare, lo sapevo, ma non riuscivo a farlo, il mio istinto mi diceva di andare avanti, di continuare a indagare, perché qualcosa di tremendo era accaduto nel passato di quei due ragazzi, qualcosa che avrebbe potuto distruggere la vita di Giulia.

"Enrico." Mi ridestai, come da un sogno e alzai lo sguardo verso il punto dal quale proveniva la voce, ero così concentrato, da essermi a malapena accorto della sua presenza in ufficio.

"Che ore sono?" chiesi con sguardo assonnato, stiracchiandomi sulla sedia.

"Volevo chiamare Giulia, sai è andata in Toscana a casa di alcuni amici e non la sento dal suo arrivo lì." Il mio amico mi guardò dubbioso.

"Non mi pare sia il caso, ti sei accorto dell'ora? E' quasi mezzanotte... inoltre è arrivata sana e salva, lasciala divertire, lasciale fare le sue esperienze!"

Aveva ragione, lo sapevo, ero un padre iperprotettivo e anche un po' invadente, ma lei era la mia bambina, lo sarebbe stata per sempre. Mi alzai stancamente dalla poltrona massaggiandomi le reni, mi faceva male la schiena, stavo invecchiando costatai e Giulia, la mia piccola, era ormai una donna. Chissà cosa stava facendo in questo momento, chissà se stava divertendosi. Certo che sì, mi rimproverai mentalmente, magari ora era a letto con Giorgio, pensai rabbrividendo all'idea. Giorgio e Giulia abbracciati nello stesso letto... quell'immagine continuava a tormentarmi, non riuscivo a credere a ciò che avrei potuto  fare quella notte, se non fossi stato pietrificato dalla sorpresa, non potevo pensare al fatto che per un istante la mia mano si era mossa verso il pesante vaso di cristallo che troneggiava in corridoio. La mia bimba era cresciuta, dovevo accettarlo, così come dovevo ammettere che Giorgio si stava dimostrando premuroso e tenero nei suoi confronti. Era profondamente dispiaciuto per la sofferenza che aveva arrecato a mia figlia, gli si leggeva in viso, così come si percepiva il suo profondo amore per lei. Parlargli, vederli insieme aveva gettato una nuova luce su di lui; il giovane Leardi, più maturo dei suoi vent'anni, portava nello sguardo il segno di una sofferenza indicibile. Ripensai ai suoi occhi quella mattina a casa mia, quegli occhi felini così intensi e tristi, quello sguardo malinconico, quei modi gentili, ma fermi. Adulti.

Il discorso che mi aveva fatto quella mattina non tanto lontana, davanti ad una tazza di caffè ormai freddo, mi aveva impressionato, dovevo ammetterlo, ma quando li avevo visti insieme al picnic al lago non avevo avuto più dubbi circa i sentimenti che provavano l'uno per l'altra.

Mi erano venute le lacrime agli occhi, il mio passato si era presentato a me chiedendomi il conto: Giulia e Giorgio erano una coppia dalla bellezza struggente; proprio come eravamo mia moglie ed io prima che con il mio sciocco comportamento, distruggessi tutto.

Stavo cominciando a rivalutarlo quel ragazzo, ma la coltre di mistero che ammantava il suo passato continuava a tormentarmi. Percorsi la stanza avanti e indietro, le braccia dietro la schiena, lo sguardo perso nel vuoto, la mente concentrata su troppi pensieri. Il mio sesto senso era in allarme. Guardai ancora una volta il computer, lo schermo azzurro rimandava la mia immagine restando silente. Attendevo notizie, un'e-mail che non voleva saperne di arrivare.

"Riccardo hai ancora bisogno di qualcosa? Io sto andando a casa..." mi voltai distrattamente verso Enrico e feci cenno di no con la testa. "Allora buonanotte, Riccardo, non fare troppo tardi, non rischiare un colpo di sonno!"

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora