24 (trouble)

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GIORGIO

"Tu fai del male a chi ti ama!" Le parole di Azzurra erano pugnalate nella mia mente; le parole di Azzurra erano sempre state vere. Ero colpevole, ne ero fin troppo consapevole, non avrei mai saputo amare davvero. Come un buco nero, riuscivo soltanto a risucchiare il bene da chi mi amava, restituendo loro soltanto oscurità.
Era sempre stato così, inevitabilmente.

Premetti sull'acceleratore, 100, 120, 150 km orari, la Porsche filava veloce lungo il raccordo anulare stranamente poco affollato.

Non volevo pensare.

La spalla cominciava a dolermi in modo acuto. Non m'importava.

Non volevo pensare.

Il volto mesto di Giulia tornò ad affacciarsi in un angolo della mia mente. Tentai di scacciare via il suo ricordo.

Non volevo pensare.

Non volevo pensare di aver ferito ancora una volta qualcuno che non lo meritava, non volevo accettare di essere responsabile di altro dolore.

Accelerai ancora.

180, 200...

Non volevo pensare.

Giulia, i suoi occhi lucidi, Giulia e la sofferenza che le avevo inflitto a causa delle mie stupide paure, del mio timore di lasciarmi andare ai sentimenti. Giulia, la ragazza di cui nonostante tutti i miei sforzi per impedirlo, mi stavo innamorando. Non volevo pensare, ma l'immagine preoccupata di Giovanni, l'unico padre che avessi mai avuto, la mia guida, il mio punto di riferimento, fece capolino tra i miei pensieri.

Lui mi aveva insegnato molto, mi amava come il mio vero padre non aveva mai fatto. Con lui avevo imparato l'affetto, la pazienza, la gratuità dei gesti, l'altruismo; lui mi aveva insegnato che la ragione deve dominare gli istinti autodistruttivi.

Giovanni, mio padre.

Decelerai e uscii allo svincolo della Cassia, direzione casa.

Ero pronto ad ascoltare le sue parole di conforto e ad affrontare le conseguenze dei miei errori. La spalla mi pulsava terribilmente ora; la giusta sofferenza per chi era in grado soltanto di arrecare dolore. Portai una mano sulla guancia, quella che Giulia aveva baciato con labbra tremanti prima di scappare via da me. La sentivo ancora bruciare; fremevo ancora al ricordo di quell'"apprezzo la tua onestà" detto sull'orlo del pianto. Il senso di vuoto che avevo sentito dentro quando si era voltata ed era entrata in casa, era quasi tangibile.

"Tu fai del male a chi ti ama"

Le parole di Azzurra erano pugnalate; le parole di Azzurra erano vere.

Per la prima volta sentivo il bisogno di avere accanto qualcuno che non fosse della mia famiglia, per la prima volta sentivo che la felicità di qualcuno dipendeva da me. Con le mie paure rischiavo di rovinare tutto, rischiavo di procurare dolore. Non volevo fare del male.

Non più.

Il cellulare trillò ripetutamente prima che mi decidessi ad aprire la chiamata; guardai il display, accanto al nome di mio padre c'era il numero cinque. Cinque chiamate perse, cinque richieste cui non avevo risposto, cinque piccoli dolori impressi nella sua carne viva.

Cinque chiamate.

Giovanni sapeva che non sarei rimasto a dormire da Giulia, la rispettavo troppo per farlo, avevo troppa paura per farlo. Avevo detto che sarei rientrato presto, che non mi sarei fermato e loro sapevano che le mie promesse erano sempre rispettate.

"Giorgio, stai bene?" la voce di mio padre trasudava sollievo.

No, non stavo per niente bene.

"Giorgio!" La voce di mio padre continuava a chiamarmi, mentre io mi ostinavo a restare in un rigido silenzio. Avevo bisogno di pensare, avevo bisogno di sentirmi dire che tutto sarebbe andato bene. "Giorgio, rispondimi, stai bene? E' successo qualcosa?" Giovanni continuava a farmi domande, mentre la sua ansia aumentava esponenzialmente.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora