21 (more than words)

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GIORGIO

Mi staccai a fatica dalla sua bocca morbida e rossa di baci, dal suo respiro che solleticava delicato le mie guance, da quel corpo tentatore che chiedeva soltanto di essere esplorato. E io avrei davvero voluto esplorarle quelle curve dolci, quella pelle candida, quel corpo che si adattava perfettamente al mio. Avrei voluto, ma non potevo farlo, non ora, non tra le siepi di un giardino spazzato dalla fredda aria novembrina.
Avrei voluto, ma non potevo farlo, lei meritava di più, di meglio.
Lei non meritava di avere accanto qualcuno come me, ma io non riuscivo ad allontanarla dalla mia mente. Soprattutto ora, dopo il nostro primo bacio.

Mi staccai a fatica dal suo calore, che accendeva il mio cuore gelido, dal profumo dei suoi capelli che sapevano di brezza marina, dai suoi occhi dal colore indefinibile; occhi in cui sarei voluto annegare. Mi staccai da lei, ma non avrei mai voluto farlo.

Il bacio che c'eravamo scambiati era stato il mio primo vero bacio, un bacio pieno di desiderio, di attesa, di passione di ...amore.

Quel semplice unirsi di labbra, di corpi, di fluidi, di respiri mi aveva scosso fin nel profondo, scompigliando totalmente l'ordine perfetto che regnava nel mio piccolo mondo oscuro, gettando luce negli angoli bui e trasformandolo in un luogo pieno di sentimenti che mi rifiutavo di provare.

Non sentire era più facile, non sentire era meno doloroso.

Era bastato soltanto un bacio perché il mio personale universo si ribaltasse, illuminandosi di colori che non avevo mai conosciuto, splendendo dell'oro scuro dei suoi capelli e dell'azzurro verde dei suoi occhi.

Sí, ora sapevo con certezza che non sarei più riuscito a starle lontano.

Guardai l'oggetto del mio tormento. Giulia radiosa e bellissima, con il viso arrossato e gli occhi ancora accesi di un sentimento che non mi aspettavo provasse; Giulia, ancora ancorata alle mie spalle; Giulia che voleva di più, molto di più.

"Dobbiamo rientrare" le dissi quasi senza voce.

Non avrei voluto, ma dovevo.

Dovevo essere forte, anche dove lei non lo fosse stata. Giulia fece un cenno affermativo mentre cercava di sistemarsi la camicia stropicciata dall'irruenza dei nostri abbracci, ma evitava di guardarmi in viso.
Feci un passo verso di lei, ma arretrò gettandomi nel panico. Lo stomaco si chiuse e il cuore singhiozzò.

Le avevo fatto del male?

Ero stato troppo aggressivo?

"Giulia..." la chiamai con tutta la dolcezza di cui ero capace. "Giulia, se ho fatto qualcosa che tu non volevi..." finalmente alzò lo sguardo, sembrava confusa.

"Non sei tu a doverti scusare, sono io". Abbassò di nuovo gli occhi, sembrava imbarazzata. "Io ti ho quasi assalito, non avevo mai reagito così, te lo giuro, Giorgio, non mi era mai successa una cosa del genere!" mi concessi una risata liberatoria.

Giulia che riusciva sempre a sorprendermi, che non pensava mai ciò che credevo.

Giulia, la mia bellissima Giulia.

"Ragazzi, dove siete?" la voce di Arianna ci riportò alla realtà rompendo l'incantesimo che ci aveva colpiti. Per un istante, perso nell'indefinibile colore dei suoi occhi, avevo completamente dimenticato chi fossi.

"Sono presentabile?" chiese la mia compagna, amica, ragazza (dio, non sapevo come definirla), cercando di rimettersi in sesto.

"Sei bellissima!" risposi convinto, con un sorriso ad aleggiarmi agli angoli della bocca. Le presi la mano, una nuova abitudine per me, che mi inondò di pace, mentre lentamente la condussi verso casa.

"Finalmente vi ho trovati!" Arianna ci venne incontro quasi a passo di danza; il suo sguardo indugiò sulle guance arrossate di Giulia e sulle nostre mani intrecciate. Un sorriso di approvazione mi fece capire che sapeva cos'era accaduto. Mi aspettava un interrogatorio in piena regola, ma non volevo pensarci ora, desideravo che questo stato di grazia in cui mi sentivo, durasse il più a lungo possibile. Entrammo in casa e gli occhi di Giulia s'illuminarono di meraviglia e imbarazzo. La nostra casa non era sfarzosa ma, certamente arredata con molto gusto e punteggiata di veri e propri pezzi di storia del design. La vidi abbassare lo sguardo sul suo vestito sobrio, cercando di lisciarlo, di renderlo perfetto per adattarsi all'ambiente che la circondava. Si sentiva in imbarazzo, lo percepivo chiaramente dalla tensione del suo corpo; non si rendeva conto delle sue potenzialità né della sua bellezza. Non sapeva che, indipendentemente da ciò che indossasse, lei era sempre perfetta.

Perfetta per me.

Mia madre e mio padre ci aspettavano in salotto.
La mia accompagnatrice sembrava imbarazzata, ma io continuai a tenerla per mano.

"Mamma, papà, vi ricordate di Giulia? Vi siete visti in ospedale, credo." Emilia ci guardò, mentre un sorriso felice le si dipinse in volto.

"E' davvero un piacere rivederti!" Disse "Come stai?" Le chiese con un tono sin troppo entusiasta.

"Buonasera signora Leardi, signor Leardi." abbassò leggermente il capo imbarazzata da quelle attenzioni alle quali, evidentemente, non era avvezza. "Sì, tutto bene, grazie a suo figlio." Mi guardò con gli occhi pieni di imbarazzo e gratitudine; non si era ancora perdonata una distrazione che avrebbe potuto costarle la vita e nemmeno io l'avevo fatto a dire il vero.

"Chiamami pure Emilia!" Mia madre era felice come una bambina il giorno di Natale per questa cena, per la prima volta avevo invitato una ragazza a casa.

"Emilia, la vostra casa è bellissima!" Giulia aveva un tono ammirato, mentre si guardava attorno come fosse in un museo.

"Grazie, siamo state Arianna ed io a scegliere alcuni dei pezzi che vedi".

"La lampada Arco di Castiglioni è veramente meravigliosa e le sedie Mirandolina e le poltrone Barcellona..." Emilia sorrise per quei commenti da esperta mentre gli occhi di Giulia furono attirati dal pezzo più imponente del salone: il mio magnifico pianoforte a coda.

Francesco e Antonia ci raggiunsero assieme a Filippo, e salutarono Giulia con entusiasmo.

Franz la guardò in volto; il rossore della sua pelle delicata causato dalla mia barba pungente, era difficile da nascondere.

Mi fece l'occhiolino con un sorriso furbo.

Tutti avevano intuito, se non capito, che tra noi, qualcosa era cambiato.

"Suoni?" le chiese Arianna indicandole il piano che lei continuava a fissare ammirata.

"No, ma è uno strumento bellissimo, è tuo Arianna?" Mia sorella sorrise.

"Magari sapessi suonarlo! È Giorgio a essere il musicista della famiglia!"

Giulia si voltò verso di me e con aria stupita alzò un sopracciglio.

"Non te l'ha detto?" continuò Arianna guardandomi a sua volta con aria indignata.

"No" ammise rattristata.

Tra tutte le cose che non le avevo detto di me, questa era certamente la meno grave, ma lei non poteva saperlo.

"Suonaci qualcosa" s'intromise Antonia.

"Non ora, non vorrei che la cena che Emilia ha preparato con tanta cura si raffreddasse."

Franz e Filippo furono d'accordo con me, nessuno di loro lo voleva.
Ci sedemmo a tavola, vicini e imbarazzati, mentre tutti gli sguardi erano rivolti nella nostra direzione.


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The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora