63 River of tears

58 5 11
                                    

ANTONELLO

"Forse!" Questo aveva risposto Riccardo alla mia domanda.

Forse pensai.

Se fossero stati loro cosa avrei fatto? Come mi sarei comportato se fossero stati davvero i figli di Giangiacomo Maseri?

Avevo un bisogno disperato di capire, di sapere, di accertarmi della verità; avevo bisogno di conoscere i dettagli prima di prendere una qualunque decisione.

I chilometri scorrevano veloci sotto le ruote: amavo viaggiare in automobile; la solitudine mi aiutava a riflettere, a fare chiarezza nei pensieri, a mettere ordine nei sentimenti. Nessuna voce a distrarmi dalla guida, nessun rumore a interrompere il flusso ininterrotto di pensieri e ricordi, solo il suono del motore a farmi compagnia e la musica; Eric Clapton, la sua "slow hand", la sua voce graffiante, cantava un malinconico Rivers of Tears la stessa canzone di allora...

Non potevo impedire alla mia mente di pensare, di tornare indietro a quel dannato dicembre 1993, ventiquattro anni prima.

****

L'annuale festa a casa Maseri si svolgeva immancabilmente in dicembre, come un rito ormai consolidato nel tempo, come una festa comandata; ogni anno, dopo l'apertura della stagione lirica, tutta l'alta società milanese si riversava nella grande villa padronale appena fuori città. Chiunque fosse importante, o aspirasse a diventarlo, agognava di esservi invitato. Era l'evento più importante dell'anno, rappresentava al contempo un rilevante segno distintivo e un'ostentazione della propria posizione sulla scala gerarchica e sociale.
Il caporedattore del giornale per il quale lavoravo a quei tempi, mi diede l'invito intimandomi di parteciparvi. Quella sera ci sarebbe stata la festa di fidanzamento più importante dell'anno e non c'era niente o nessuno che sarebbe riuscito a convincermi che partecipare a quell'evento fosse davvero qualcosa di fondamentale. La cronaca e ancor di più la cronaca rosa, non m'interessava. Detestavo essere in mezzo alla mondanità sfrenata che caratterizzava quegli anni, prima che l'inchiesta "mani pulite" giungesse al suo culmine, prima che spazzasse via un'intera classe politica e imprenditoriale; quel clima di ostentato ottimismo, lo sapevo, era solo il preludio di una lenta discesa.

Erano altri i miei interessi, volevo l'azione. Era il mio istinto investigativo, il mio innato bisogno di cercare il significato nascosto dietro le cose a esigerlo, ed io volevo a tutti i costi assecondare le mie inclinazioni. No, la cronaca non m'ispirava per niente.

Protestai con il capo redattore: ero maledettamente bravo nel mio mestiere e lui lo sapeva; non poteva assegnarmi questo compito da giornalisti alle prime armi, non a uno come me.

"Non essere presuntuoso Vinci, un bravo giornalista deve riuscire a tirare fuori un ottimo articolo anche da situazioni apparentemente sfavorevoli; e poi, se proprio non troverai nulla d'interessante da scrivere, almeno avrai mangiato e bevuto divinamente!"

La sua logica era incontestabile.

"Magari chissà, con un po' di fortuna potresti anche venire a sapere qualcosa di interessante." Mi strizzò l'occhio con un sorriso sornione e poi mise tra le mie mani l'invito in preziosissima pergamena con i caratteri vergati in oro.

Carlo Landoni sapeva fare il suo mestiere: era un giornalista d'altri tempi; attento e scrupoloso, perseguiva la ricerca della verità al di là della notizia, come una personale religione. Dovevo riconoscere che aveva un ottimo fiuto: se c'era qualcosa nell'aria sul quale scrivere un buon articolo, era l'unico a poterlo intuire in anticipo.

Era dunque un suggerimento il suo.

"Antonello, tu sei giovane e irruento, ma sappi che a volte le migliori informazioni le trovi nei luoghi e nei momenti più impensati!"

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora