39 (Mentre dormi)

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Ciao a tutti, questo che ho scritto è un capitolo piuttosto forte, come le sensazioni del protagonista.

B.

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GIORGIO

"Mentre dormi ti proteggo e ti sfioro con le dita, ti respiro e ti trattengo per averti per sempre, oltre il tempo di questo momento.
Arrivo in fondo ai tuoi occhi, quando mi abbracci e sorridi, se mi stringi forte fino a ricambiarmi l'anima...

Questa notte senza luna adesso vola, tra coriandoli di cielo e manciate di spuma di mare.

Adesso vola

Le piume di stelle, sopra il monte più alto del mondo a guardare i tuoi sogni arrivare leggeri."

(Max Gazzè)

Il buio accompagnava il mio cammino, sentivo una quiete irreale attorno a me; un lungo corridoio indirizza i miei passi stentorei, nel silenzio più assoluto.
Porte chiuse sbarrano ogni mio cambio di direzione portandomi inevitabilmente verso l'unica strada da seguire, quella di sempre, la stessa che conoscevo da tempo, quella che mi avrebbe portato inesorabilmente alla follia.
Tremavo, conoscevo quel luogo, sapevo cosa aspettarmi, eppure ne ero inesorabilmente attratto; come una falena è attratta dal fuoco che brucerà le sue ali.
Voci note dall'interno di stanze serrate a chiave, mi rimbombavano nella testa; nel cuore,una voglia disperata di raggiungerle e di salvarmi dall'orrore, che lo sapevo, mi avrebbe distrutto.
mi mossi nell'inutile tentativo di sfondarle, quelle porte e l'impossibilità di farlo.

Paura.

Paura di ciò che sapevo, di ciò che sarebbe accaduto.
Un urlo ruppe un silenzio, pesante come una coltre di nebbia e una voce, la sua voce mi riecheggiò dentro, ancora e ancora.
Sentivo il bisogno inarrestabile di raggiungerla, quella voce disperata, di salvarla, ma al contempo avevo certezza della mia impotenza, nonostante fosse forte il desiderio di provare. Passi cauti, i miei,  verso quell'unica luce, un faro, nel buio dei miei pensieri e in quella luce, la mia mente aveva già la certezza dello scenario che mi sarei trovato ad osservare. Poiché tutto era immutabile nei miei incubi e tutto era nuovo. La sensazione di totale impotenza mi pervadeva,  ero uno spettatore, destinato soltanto a osservare.
L'impossibilità di agire mi rendeva inquieto, quasi aggressivo, ma le mie braccia erano legate e i miei occhi si offuscavano di lacrime alla vista di quel corpo di donna riverso su sé stesso.
Il volto tumefatto, le labbra sanguinanti, le braccia ricoperte di ecchimosi e tagli era sempre uguale e il suo sangue, gocciolato a terra, era così tanto da raggiungere i miei piedi scalzi.

"Giorgio..." Quel richiamo, così nitido e sofferente scavava nei miei ricordi più remoti.

"Mamma?" La sua voce mi appariva distorta dal dolore, così diversa, eppure così nota. Era lei, era sempre stata lei, stessa scena, stesse violente emozioni. Troppe per un bambino. "Mamma..." dissi ancora. La donna alzò su di me uno sguardo color acquamarina; occhi noti, occhi non suoi.
Non era mia madre la donna che affogava nel suo stesso sangue, non era lei con la vestaglia lacerata e sporca, non era lei, che si avvicinava a me con una muta preghiera sulle labbra.

Non era lei!

Il cuore prese a battere freneticamente, il respiro si fece affannoso, desiderai urlare, desiderai scappare da quella visione devastante, ma i miei piedi erano immobili, come il mio corpo, le mie mani erano sporche e il coltello tra le mie dita.

"Non un'altra volta, per favore, non un'altra volta!" Urlai. I miei occhi si aprirono, rispecchiandosi nei suoi.

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