51_ wonderful tonight

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GIORGIO

La casa al mare era rimasta proprio come l'avevo lasciata dopo il mio precipitoso ritorno a Roma: il pianoforte parzialmente scoperto, le lattine di birra vuote, abbandonate sul tavolino, la coperta sul divano, gli incarti di quanto avevo mangiato per sopravvivere, lasciati in giro senza alcuna cura.

"Giorgio, tu..." mia madre mi guardò tristemente, mi limitai ad alzare le spalle di fronte all'ovvio.

"Sì, ero... sono stato qui, quando sono andato via, sì tutto questo disastro è opera mia." Emilia cominciò a ripulire in silenzio, contando mentalmente le lattine di birra lasciate a invadere ogni angolo del salotto; tentai di darle una mano, ma un il suo sguardo deluso e ferito mi immobilizzo.

Non avrei mai voluto leggere ciò che vedevo nei suoi occhi color cioccolato, scorgere la tristezza riempirle lo sguardo, non avrei voluto esserne la causa. Mai.

Ero colpevole, schiavo delle mie paure, delle mie ansie, dei miei ricordi tormentati.

"Da quanto tempo bevi, Giorgio?" La sua voce interruppe il flusso dei miei pensieri, potevo sentire a pelle il disprezzo per ciò che avevo fatto, potevo leggere la tristezza celata nei suoi occhi. Sapevo cosa stava pensando, le mie dipendenze passate ancora la terrorizzavano, ancora soffriva per il mio ricovero in ospedale a causa di un incidente stradale. che per puro miracolo non aveva coinvolto nessuno.

"Non bevo, mamma; è stato solo un periodo molto difficile." Mi fissó con un lampo di preoccupazione a illuminarle gli occhi.

"Non è stato un periodo difficile solo per te, Giorgio! Non hai pensato a noi, a tua sorella, a Giulia? Non hai pensato che anche per noi tutto questo, la tua fuga, la tua scomparsa, poteva essere difficile? I primi giorni credevamo di impazzire..." La morsa della colpa si aggrovigliò al mio stomaco in una stretta ferrea.

"Poi il custode ci ha chiamati, avvertendoci che eri qui, da solo! Non sai la violenza che mi sono fatta per impedire a me stessa di raggiungerti, di sgridarti, di abbracciarti stretto a me." Mi avvicinai a lei, una mano a carezzarle il viso.

"Mi dispiace, mamma," sussurrai. "Mi dispiace di averti fatta soffrire, non avrei mai voluto ferire nessuno di voi." La sua mano coprì la mia, le sue braccia si strinsero attorno al mio corpo. "Mi credi, vero?" Il mio volto si perse tra i suoi capelli. Era dolce Emilia, protettiva, tenera; solo con il suo amore ero riuscito a riempire un po' il vuoto lasciato dalla mia vera madre, solo con la sua dedizione ero riuscito a parlare di nuovo. "Stordirmi un po' era... beh, era l'unico modo per restare; non ce l'avrei fatta a stare tanto tempo lontano da voi o da Giulia se..." un singhiozzo sfuggì al mio controllo e mi abbandonai completamente al calore di quella donna che era stata per me l'unica vera mamma che ricordassi.

"Aiutami a ripulire, Giorgio!" Sorrise dolcemente, staccandosi con riluttanza da me. "Evitiamo che tuo padre veda tutto questo casino, vada in paranoia e ti mandi in analisi!" Quello che mi concedeva era un privilegio, mi stava dando la sua fiducia incondizionata. Non l'avrei delusa, mai più.
Finimmo in fretta con il soggiorno e passammo a ripulire la mia stanza; c'era ancora il letto sfatto e il pigiama di Giulia che avevo portato con me; lo annusai, percependo ancora il lieve sentore del suo profumo. Non vedevo l'ora di rivederla. Era giovedì santo, ci saremmo trattenuti fino al martedì successivo; lei non lo sapeva ancora, ma presto ci saremmo rivisti.

****

"Arianna, ecco io... io vorrei comperare un regalo a Giulia, qualcosa di grazioso e non troppo vistoso, avrei bisogno di..." balbettavo imbarazzato di fronte al largo sorriso di mia sorella.

"Sì!" urlò. "Non preoccuparti fratellino, penserò a tutto io." Era in preda ad un entusiasmo esagerato e la cosa mi preoccupava parecchio, ma nonostante le mie riserve, non me la sentii di smorzarlo. Aveva sofferto il mio gesto avventato e io avevo bisogno di farmi perdonare. Mi sarei sottostato a qualunque tortura avesse deciso. "...Spero solo di trovare qualcosa di decente in questa città." Concluse prima di uscire dalla mia stanza con un sorriso a trentadue denti.
Un sorriso che non preannunciava nulla di buono.

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora