24.2

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La "cosa" che voleva mostrarle era una piccola finestra della soffitta che, se si scavalcava, si affacciava su un piccolo ripiano nel tetto. Romantico, pensò lei, se non fosse stato  per la sua irrazionale ed esagerata paura dell'altezza. S'irrigidì di colpo e naturalmente lui se ne accorse, le passò un braccio intorno alla vita con una naturalezza che stupì perfino lui stesso, mentre lei tremò a quel contatto.

- Non dirmi che hai paura? – disse con un tono strafottente

- Se non hai intenzione di uscire li, no – ammise accigliata

- Certo che ne ho intenzione, altrimenti cosa te l'ho mostrata a fare? – replicò con ovvietà. Prese una coperta, scavalcò agilmente la piccola finestra e si catapultò fuori, nel frattempo lei era rimasta immobile, fintamente indecisa sul da farsi. In realtà sarebbe voluta fuggire al piano di sotto, preferendo di gran lunga una notte di sesso sfrenato – Beh che fai li impalata? Muoviti! –

- Non credo sia una buona idea – bofonchiò preoccupata

- Se non ti muovi vengo a prenderti e ti trascino con la forza –

- Il solito bruto cavernicolo – protestò impettita sporgendo la testa fuori. Accidenti! Borbottò maledizioni per tutta la durata del passaggio, che impiegò più tempo del previsto, Harry ridacchiava divertito da tanta goffaggine. Quando finalmente fu seduta sul cemento color mattone pianeggiante in mezzo al tetto tirò un sospiro di sollievo, ma tenne gli occhi serrati. Sentì la presenza del porcospino muoversi vicino a lei.

- Era ora, un parto sarebbe stato più breve – scherzò e lei aprì gli occhi solo per fulminarlo – Ti vuoi rilassare! Non puoi cadere se non ti sporgi, siamo in piano! – la rimproverò prima di sistemare grande cuscino dietro di lui e sdraiarsi comodamente accanto a lei. Sbuffò quando la vide ancora immobile e si tirò su.

- Potevi prendere un cuscino anche per me – borbottò e lui rise

- A te non serve – ghignò, e lei capì cosa intendesse solo quando la prese tra le braccia e la fece sdraiare accanto a lui.

Cadono giù stalle e stelle, lacrime al tramonto, gocce di luce dagli occhi nella notte cieca. E qui che è casa mia mai ritorno. Ci incontreremo stasera menta e rosmarino, ho preso a calci le notti per starti più vicino. Amor, che amore sia.

Si arrese con titubanza, fin quando lui non le fece poggiare la testa sul suo petto, lei si accoccolò accanto a lui finalmente rilassata e coprì entrambi con la coperta. Sentiva il suo cuore batterle sotto la guancia, appoggiò la mano li vicino, godendo del rimbombo martellante di quell'organo che sembrò tamburellare con maggiore forza. Era una sensazione bellissima, indescrivibile e travolgente, quasi intima.
Lui la schiacciò con più forza contro di sè, assuefatto dal profumo dei suoi capelli e da tutte le emozioni che averla così a contatto gli regalava.

Il cielo era una macchia scura illuminata solo da un pugno di stelle che erano sfuggite alle nuvole, grigi titani che minavano la sovranità della notte, muovendosi lenti e minacciosi fin quando, unendosi non creavano forme buffe che tutti cercavano di riconoscere in qualcosa. Ventuno, erano le stelle che ad occhio nudo lui riusciva a vedere, brillavano spavalde, fiere di saccheggiare il buio con la loro luce, unica e magica.

La osservò ancora, placidamente accomodata su di lui, aveva perfino sistemato una gamba tra le sue con naturalezza, sentiva tutto il calore di quel corpo unirsi al suo, toccarlo, sfiorarlo come in un languido e timido corteggiamento. Sopra la coperta scura, che la copriva fino alla spalla e i piedi di entrambi nonostante ciò restavano fuori, i suoi capelli color oro sembravano risplendere di luce propria, sottili fili dorati che quasi gli punzecchiavano il naso. Li accarezzò con cura, infilandoci le dita in mezzo con cauta dedizione, tastandone la morbidezza, assaporandone il profumo, ammirandone la bellezza.

VERTIGO || Harry Styles Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora