9

5K 308 75
                                    


Pov.James

Era una trappola ne ero certo. Ma non volevo veder perdere quel piccolo barlume di speranza che si era acceso in Daniel. Forse avevano instaurato un bel rapporto di amicizia.
Forse ci speravo anche io che fosse viva, e farle vedere che avrei mantenuto la promessa. Che non mi sarei sporcato di sangue nero.

Presi il cellulare con mani che tremavano, scrivendo il messaggio. Quelle lettere touch che sembravano pesare, come il mio indice che scriveva. Pesava come un masso.

Cosa le hai fatto Rudy?

Pigiai invia. Avrei avuto la conferma ora. Daniel si era accasciato sul divano, mentre Cindy disegnava cerchi immaginari sul tavolo con l'indice.

Non ebbi il tempo di alzare gli occhi dal display che la musica del telefono riecheggiò tra le pareti della stanza.

Vidii Daniel alzarsi mettendosi a sedere sul tavolo come una furia, e Cindy alzare gli occhi dal legno.
Pigiai il vivavoce.

"Fratellino. Piacere di risentirti. Spero che la tua permanenza in carcere sia stata, come dire...gradevole" si beffeggiò di me anche al di là della cornetta. Con la sua solita voce intrisa di divertimento e veleno puro.

"Dov'è? È viva?" Chiesi senza girarci intorno, assertivo, aumentando l'ansia che mi comprimeva.

"Linda? Sta a te deciderlo. Il tuo amico Luke o meglio Daniel non è stato così furbo. Lasciare messaggi alla nostra Linda" ci scherzò ancora su. Battei un pugno sul tavolo, facendo sobbalzare Cindy. Mentre Daniel rimaneva inchiodato come incapace di muoversi, fatto di pietra.

"Ci troviamo al vecchio dipartimento d'auto in Kansas. Non fare scherzi. Se è me che vuoi mi avrai. Porta Linda. Io sono il prezzo per la sua libertà" con quelle parole gettate a raffica e velocemente attaccai, mentre la rabbia scorreva impossessandosi del mio corpo, come se fosse l'unica linfa che mi mandava avanti.

Cindy mi guardò fulminandomi con le sue pietre più scure. Si alzò scuotendo la testa, uscendo fuori mentre la pioggia fitta cadeva su i suoi capelli e il suo viso immerso nella disperazione.
La seguii lasciando Daniel da solo.

"Cindy fermati cazzo" imprecai, vedendola camminare veloce come se fosse inseguita da un branco di lupi affamati, senza mai voltarsi.

I suoi silenzi venivano spezzati dai lampi di tuono che si stagliavano più in là, oltre le nostre spalle.

"Ho detto fermati" asserii severo, mentre mi tiravo i capelli bagnati all'indietro.

"Non voglio sentire nulla di più" gridò continuando a camminare davanti a me.

Le corsi incontro, afferrandola per il polso, stringendolo, mentre tentava di dileguarsi.
"Basta cazzo" sbottai, girandola dalla mia parte, facendola scontrare contro il mio petto, mentre lampi passavano per i nostri occhi.

"Era l'unico modo per attirarlo, che avrei dovuto dirgli? Spiegamelo" mi guardava gelida, come se le mie parole non avessero più un peso.
Una goccia fredda cadde sul suo naso, facendola finire sulle labbra socchiuse, mentre tentava di parlare, tremando come una foglia.

"Non lo so. Ok?" Replicò furente, cercando di staccare la mia morsa d'acciaio.
"È la paura di perderti che mi fa star male" ammise, vedendo i suoi occhi bagnarsi piano.

La strinsi più forte contro di me, tirandole i capelli all'indietro, prendendo il suo viso tra le mie mani troppo grandi per il suo volto fragile.
"La stessa fottuta paura che ho io. Ma finirà tutto te lo prometto" cercai di rassicurarla, mentre serrò le labbra, scuotendo la testa, deglutendo forte.

"No James. Quante cose mi hai promesso? Quante? E quante di queste hai mantenuto? Quante?" Era fuori controllo ormai. Era vero. Ogni singola parola era un dolore che mi arrivava dritto nel petto come fitte.
Tentavo ogni volta di proteggerla per poi mandarla in pasto ai lupi. Avrei dovuto allontanarla da subito, ed invece la mia folle voglia di lei aveva avuto la meglio sempre.

"Cindy ti prego" attaccai la fronte alla sua. I nostri petti si alzavano e abbassavano a ritmi frenetici. Mentre la pioggia era sempre più prepotente come i nostri cuori.

Alzai gli occhi su i suoi che guardavano il campo bagnato, tirando indietro i singhiozzi.
"Non lo so" si staccò da me, tirandosi i capelli ormai mezzi, come la sua camicetta bianca da cui intravedevo il suo corpo che ormai conoscevo a memoria.

"Se mi ami, ti devi fidare" esordii andandole incontro. Ormai la pioggia non la percepivo neanche più.
Si fermò vicino ad un albero, poggiando la schiena contro il tronco spoglio.
"Ti devi fidare" le ripetei andandole vicino, accarezzandole il collo.

Mi guardò intensamente. Leggevo paura, frustrazione, voglia, amore. Era un libro aperto per me e non volevo essere chiuso fuori da quelle pagine.

Mi prese per il colletto della maglia, attirandomi contro le sue labbra bagnate, poggiandoci sopra le mie con avidità.
"Ho solo paura" sussurrò fievole mentre continuava a baciarmi. Le accarezzai i capelli per poi scendere, sganciandole i bottoni scivolosi della camicetta.

La vedevo rabbrividire per il freddo e la voglia. Quella che avevo io di possederla.
Mi sganciò i pantaloni con veemenza, fissandomi ardentemente.
Le liberai i seni dalle coppe del reggiseno, vedendo i capezzoli turgidi, li scesi a leccare, mentre le gocce di pioggia bagnavano i nostri corpi, anche se la chioma dell'albero ci riparava.

Inarcò la schiena, schiudendo la bocca, ansimando forte. Mi prese l'erezione in mano, scivolando dolcemente le mani lungo la lunghezza. Cazzo. Era puro delirio.

L'attirai dalle natiche, alzandola di peso, portando le sue gambe intorno al mio bacino, facendole sbattere la schiena forte contro il tronco, cacciando un urlo più di voglia disperata.

"Ne ho bisogno. Scopami" ordinò come non aveva mai fatto. Scintille e fiamme divampavano bruciando tutto intorno a noi.

Scivolai dentro di lei con poca gentilezza, sentendola gridare e dimenarsi sotto di me, gettando la testa all'indietro.
Andavo sempre più veloce e forte, sentivo la sua intimità calda avvolgermi e la pioggia fredda scivolare tra i nostri corpi.
"Non ti fermare ti prego" mi supplicò, affondando le unghie nelle mie scapole, graffiandomi.

Non mi sarei fermato anche se mi avesse ordinato di farlo. Volevo sentirla bagnarsi e venire, subito. Volevo che gridasse il mio nome talmente forte da causare un terremoto.
Era mia, sarebbe stata sempre mia, anche contro il mondo.

Strinse più forte le gambe, diventando più stretta, mentre digrignavo i denti e gemevo sulle sue labbra che mi mordevano.
Ansimi sempre più potenti uscivano dalla sua bocca, facendomi spingere di più.
Mentre la vidii rilassarsi dopo un po', confondendo il mio liquido con il suo diventando una cosa sola come lo eravamo noi.

Si accasciò su di me, poggiando le mani su i miei capelli bagnati.
"Ti fidi allora?" Le sussurrai all'orecchio, vedendola annuire.
Placando il mio animo agitato.

"Mi fido" asserì, mentre la pioggia cessò il suo assalto.
Vedendo un'arcobaleno sorgere al di là delle nostre spalle.
Dopo un temporale nasce sempre qualcosa di meraviglioso.

Stronger Together Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora