Prologo

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2 Mesi Dopo

Caserma di Miami
"Donowell, deve guardare questo filmato. È arrivato ieri sul tardo pomeriggio. Ho preferito mostraglielo."

Guardai il ragazzo nuovo  infilare il CD nel registratore, quando sentii delle voci e lo schermo divenire tutto buio.

"Alza il volume" asserii, vedendolo annuire.

-dobbiamo trasportare tutta questa cocaina? Rudy è rischioso.

Sentii dire da uno, ma non riuscivo a vedere i volti.

-sai quanto cazzo me ne frega. Indosserai i guanti. Qui dò io gli ordini. Filate a casa di James. Vi devo istruire anche come si entra in una casa senza rompere nulla?!

Aveva il tono di voce roco e graffiante, probabilmente il capo del gruppo.

-no lo sappiamo fare.

Balbettò un'altra voce, come impaurito.

"Ok. Grazie Jhonathan. Abbiamo il necessario. Lo spedirò al carcere di Kansas" lo congedai con un cenno della testa, vedendolo uscire dall'ufficio. Mentre mi misi a sedere sulla poltrona girevole, picchiettando la penna sul banco di legno bianco, pensai al da farsi. A quanto pare era un osso duro. Mi serviva una mano dal diretto interessato. Ed ora sarebbe stato scagionato.

Pov. James

Mi ritrovavo ancora in questo schifo di posto. Ed ogni fottuto giorno, passava, correva, come la mia vita che mi stava scivolando dalle mani. La pensavo, ormai era l'unica cosa con cui mi addormentavo e con il quale mi svegliavo.
Il suo viso candido, le sue pietre verdi che mi avevano incatenato, non riuscendo a staccarmi.

Mi alzai dal materasso scomodo, anche se ormai vi avevo fatto abitudine. Come in tutte le cose ci si abitua. Tranne all'assenza.

"J. Dormito bene?" Mi rivolse un'occhiata beffarda il più giovane dei tre che erano con me in cella. Si chiamava Schizzo. A quanto pare non riusciva a tenerselo nei pantaloni.

"Che cazzo di domanda è?" Chiesi furioso, passandomi una mano su i capelli. Per me non erano amici, erano persone con cui dovevo convivere, dentro uno spazio ristretto.

"Calma amico. Ti vedo sempre agitato la notte, sussurri sempre lo stesso nome e sudi" rivelò. Evidentemente neanche la notte dormiva.

Guardai fuori dalla finestra piccola, con le inferriate, vedendo il cielo scuro. Non splendeva il sole. Ormai non lo faceva neanche nel mio cuore.

Sapevo il nome che chiamavo ogni notte. Non c'era bisogno di ripeterlo né a lui né tanto meno a me stesso.

"Lasciatelo perdere, cazzo. Ormai non è più il nuovo arrivato" asserì crudo, Damon. Aveva sempre una buona parola per me, forse l'unico che mi capiva. Guardava sempre la stessa foto di una donna dai lunghi capelli biondi e ricci, disegnandone i contorni con il polpastrello dell'indice, portandosela al cuore, cullandola, come se dovesse calmarla, ma in realtà calmava solo il suo cuore chiuso.

Lo ringraziai con un cenno del capo, premendomi il viso tra le mani e abbassando la testa, poggiando i gomiti su i ginocchi.
Quando una voce al di là della cella mi fece riprendere dai miei pensieri.

"James Miller?!" Chiese forte. Alzai la testa appena, alzando la mano. Ormai sapevo che non portavano mai buone notizie.

"Esca. Abbiamo un video da mostrarle. Se confermerà, sarà scagionato. Grazie anche ad una lettera di una ragazza" disse in tono pacato e tranquillo.

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