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Pov. James

Vederla con Daniel mi aveva ferito. Non lo negavo. I loro occhi parlavano chiaro, i fatti erano stati serviti su un piatto d'argento lustro. Ma quando siamo stati quel frangente da soli, tutto il mondo ha iniziato a tacere. Le sue labbra sulle mia. Non potevo darle risposte alle domande che cercava.

Dovevo mantenere il segreto ed il tasto sul silenziatore. Speravo solo che credesse alle mie parole. Erano sincere, dettate da un cuore marcio ma puro solo quando avevo la mia perla al mio fianco.

Dovevo aspettare, doveva, dovevamo. Lo speravo con tutto me stesso.

Un mese fa...all'incirca...

Ero da poco rientrato a Miami. Frustrato con me stesso. Era stata una settimana dura, ero in continuo conflitto con me stesso, con il mio cuore. Cercavo di radunare piccoli tasselli, come un collage che se attaccavi il pezzo sbagliato dovevi rifare tutto d'accapo. Eppure non credevo a Rudy. Non credevo ad una sua singola parola, se non alla morte di Linda. Ne avevo prove certe, almeno credevo. Mi basavo su ciò che mi aveva detto il tenente e la polizia, e tanto bastava per sapere ciò che era giusto.
Ma se c'era una cosa del quale ero sicuro, erano gli occhi e l'anima pura di Cindy. Lei non mi mentiva, non ci era mai riuscita. Leggevo le sue pietre piene di angoscia. Avevo tentato di allontanarla la prima settimana per fare pace con me stesso e non rinfacciarle ogni volta il fatto che mi avesse tenuto all'oscuro di tutto. Cazzo! Era pur sempre un bacio. Daniel si era approfittato di una sua debolezza, del suo stato delirante. E venirlo a scoprire da una bocca che sputava solo merda, mi faceva sentire un coglione.

Avevo da poco finito di analizzare pratiche e quant'altro per il locale con il commercialista, e quindi mi recai a casa.
Evelin era andata via da poco, ed era tutto lindo e pulito. Appoggiai la giacca nera che mi sfilai, sulla tavola in granito e mi sganciai le asole della camicia per recare a farmi una doccia. Ma appena stavo per fare l'ultimo scalino che mi divideva dalla porta del bagno, sentii il cellulare squillare.

Lo cercai a tastoni nelle tasche, ricordandomi che doveva essere dentro la tasca della giacca.
Ma quando arrivai la suoneria che riecheggiava bassa da dentro la tasca, tacque.
Lo presi in mano, sfilandolo da dentro la tasca, e subito sentii la vibrazione accompagnata dalla suoneria più squillante ora, fuori da quel tessuto lucido.

Guardai il numero, era Sconosciuto. Potevano essere tante persone. Rigirai l'iPhone tra le mani, scorrendo con l'indice per rispondere e portarlo all'orecchio.

-Pronto? Chi è?- Chiesi a raffica senza perdere molto tempo o aspettare che parlasse per primo l'interlocutore.
Avvertii all'udito dei rumori metallici, credevo che provenisse da una fabbrica, sentendo rumori di ferro tagliato con la sega.
Finché non parlò.

-Ciao James. Sono...- non la lasciai terminare poiché mi sembrava così incredulo ed irreale che forse stavo sognando, o ero entrato in una dimensione parallela.

-So che sei te...ma che...- le parole uscivano sfasate e non riuscivo a completare una frase normalmente, dandole un senso compiuto. Mentre la sua voce sembrava così bassa e tenue.

-Non posso spiegartelo al telefono. Non voglio interrompere la tua vita. Ho saputo di Rudy, non mi chiedere come, ti darò le risposte che cerchi. Solo che...- s'interruppe un attimo. Mentre mi sedetti sullo sgabello in pelle bianco, portandomi la mano sulla fronte come se fosse stata la visiera di un cappello da baseball, ed il gomito piantato sul granito freddo.

-Mi devi rendere il favore. Giuro non te lo avrei mai chiesto, io il mio l'ho fatto con il
Cuore, ma mi serve che me lo restituisci, ora che posso- Non capivo, parlava e non collegavo niente. Pensavo ancora che forse ero sotto effetto di droghe stupefacenti.

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