Capitolo uno.

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Louis sospirò per l'ennesima volta, mettendosi entrambe le mani tra i capelli, i gomiti poggiati sulla scrivania della sua camera. Stava cercando di leggere un libro, ma in quella casa non riusciva ad avere qualche minuto di silenzio. Non ne chiedeva molti, gli bastavano solamente un paio per poter disconnettere la mente dal mondo circostante e concentrarsi sulle parole del libro che aveva di fronte a sé.

Ma naturalmente, non poteva essere così con sua sorella Félicité, che, nella stanza di fronte alla sua, aveva la musica di qualche band rock a palla; con le gemelle, Phoebe e Daisy, che urlavano l'una contro l'altra per qualche vestito rubato; e con i gemelli, Doris ed Ernest, che correvano a destra e a sinistra per tutto il corridoio, e il rumore dei loro passi rimbombavano per l'intera casa. L'unica poco più sana di mente, secondo Louis, era sua sorella più grande, Lottie. Anche se, molte volte, anche lei non era propriamente una santa, anzi.

Louis non sopportava nessuno di loro, davvero. Non che non gli volesse bene, ma gli stavano letteralmente rovinando la vita. Sua madre, inoltre, approfittava della sua bontà ogni santa volta, chiedendogli milioni di favori. Quella mattina, ad esempio, il liscio era chiuso in camera sua a leggere, quando d'un tratto sua madre entrò, senza bussare –cosa che il ragazzo odiava profondamente- e lo pregò di andare a prendere i gemelli a scuola, perché lei era indaffarata con le pulizie, il pranzo, e altre cose che Louis non riteneva importante sapere.

In cambio il ragazzo gli aveva semplicemente chiesto di tenere a bada i suoi figli, quel pomeriggio, per rilassarsi prima di andare al lavoro. Johannah, però, non fece nulla di tutto ciò, e all'ennesimo urlo di Phoebe o Daisy -non riusciva nemmeno più a distinguere le due voci per la rabbia- indossò una felpa leggera, sopra la t-shirt, prese il libro, uscì dalla sua camera, chiudendola diligentemente a chiave, e, senza dire nulla, uscì da quella casa, sospirando di sollievo quando fu investito dal totale silenzio.

Kensington era il quartiere più lussuoso, tranquillo e silenzioso di Londra. Tutti gli abitanti si facevano gli affari loro, e quello era ciò che più amava Louis. Nessuno disturbava nessuno.

Il liscio andò all'Hyde Park e si sedette sull'erba, con la schiena contro un albero. Era una delle solite giornate grigie londinesi, il cielo era ricoperto di nuvole ma non sembrava volersi mettere a piovere. Louis si strinse le ginocchia al petto, ci poggiò sopra il libro aperto e riprese a leggere, in totale tranquillità.

Passarono all'incirca tre ore quando il cellulare nella tasca dei suoi stretti jeans prese a vibrare, così il ragazzo chiuse il libro per rispondere.

Sorrise, nello scoprire il mittente. «Nello!» in risposta, ricevette uno sbuffo che lo fece ridacchiare.

«Quante volte devo dirti che mi fa schifo?»

«Tutte le volte che vuoi, tanto non smetterò di chiamarti così» ribatté, sorridendo ampiamente.

«Vaffanculo, Tommo.»

«Sei davvero molto gentile col tuo migliore amico, sai?»

«Lo so, naturalmente. Bando alle ciance, stasera devi fare il doppio turno. E quindi devi essere qui tra esattamente trenta minuti. E costatando che devi prendere la metro, e ci mette venticinque minuti per compiere il tragitt..» Louis perse il sorriso e spalancò gli occhi.

«Cosa?! Niall!» emise un mugugno di lamento sollevando la testa al cielo, sbuffando.

«Non è colpa mia, non prendertela con me. Aiden ha avvertito all'ultimo di avere la febbre, quindi sai contro chi imprecare» spiegò, facendo accigliare l'altro.

«Io sono venuto al lavoro anche con la febbre a 40!»

«Perché ti servono i soldi per andartene da quella casa, grazie al cazzo.»

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