Capitolo due.

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«Non ho più una schiena» commentò, Louis, inarcando la parte del corpo in questione e mugugnando di dolore.

Passava l'intero turno di lavoro, che equivaleva a sei ore al giorno, in piedi, con la schiena leggermente piegata verso il lavandino. Quel giorno, poi, di ore ne aveva fatte il doppio, dato che Aiden aveva disdetto all'ultimo.

«Dovresti seriamente andare in un centro benessere per farti rimettere in sesto, o peggiorerai» si preoccupò, l'amico, uscendo entrambi dal retro del ristorante.

«Ci penserò» scherzò, Louis, scuotendo la testa.

Niall sbuffò, mettendosi entrambe le mani nelle tasche del giubbotto che indossava, rabbrividendo per il freddo di quell'ora tarda notturna. «Non sbuffare, lo sai che cerco di spendere pochissimo» si lamentò, il castano, sospirando.

«Ma stiamo parlando della tua salute, non di divertimento.»

«Lo so, mammina, e ti ho già detto che ci penserò» Louis riuscì a far ridacchiare l'amico per il nomignolo che gli aveva affibbiato, e non poté fare a meno di imitarlo.

«Si, ma s..»

«A domani, Nello!» lo interruppe, Louis, svoltando a sinistra, mentre Niall, per tornare a casa, era costretto ad andare dalla direzione opposta.

«Ne riparleremo» gli urlò da dietro.

«Contaci» commentò Louis, ridacchiando, incamminandosi verso la stazione. Brixton era uno dei quartieri di Londra più conosciuti, nel bene e nel male. Si presentava con un esplosione di colori con graffiti esposti su tutti i muri del quartiere, ma si presentava anche come la patria della droga, di gang che dominavano in ogni dove.

Era una delle zone più malfamate di Londra, quello lo sapevano tutti, e aveva una vita notturna piuttosto movimentata, dove erano sempre presenti criminalità, spaccio di droga, scontri razziali, anche se non erano particolarmente notevoli come gli anni passati.

Louis aveva leggermente timore di camminare per quelle strade, soprattutto alle due di notte quando aveva il turno fino alla chiusura, ma non aveva alternative, doveva per forza percorrere quelle vie per arrivare alla stazione e poter così tornare a casa.

Il liscio camminò, dunque, con circospezione, guardando a destra e a sinistra, dietro, ogni qual volta sentiva un rumore sospetto. Non era un cagasotto, però in quei momenti lo era, anche troppo. Sospirò di sollievo quando vide la stazione davanti ai suoi occhi, e camminò a passo svelto per poter rifugiarsi all'interno, così da essere più al sicuro.

«Vaffanculo» sbottò, sottovoce, quando vide che il treno era partito due minuti prima, e che il prossimo sarebbe passato a distanza di quindici minuti. Si passò una mano tra i capelli e scosse la testa. Cosa avrebbe fatto per quei minuti? Di uscire in strada non se ne parlava, e l'unica opzione era di rimanersene in stazione.

Dopo aver fatto il biglietto per il ritorno, si sedette su una panca, di fronte ai binari, incrociando le braccia al petto e respirando profondamente. Se solo avesse camminato un po' più in fretta, sarebbe riuscito a prendere il treno. Si massaggiò le tempie, socchiudendo gli occhi, costatando che fosse inutile darsi le colpe.

«Ehi, ne vuoi un po'?» Louis sussultò, riaprendo di scatto gli occhi e sgranandoli quando, di fronte a lui, c'era un ragazzo con una t-shirt, le braccia completamente scoperte e piene di tatuaggi, e aperta sul palmo della mano destra aveva una bustina trasparente con al suo interno della polvere bianca.

Il liscio deglutì e scosse la testa, sperando che se ne andasse. Anche in stazione s'intrufolavano certi soggetti? «Perché? E' buona, fidati» il ragazzo sorrise maliziosamente, avvicinando sempre di più la bustina al viso di Louis, che di riflesso si allontanò.

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