Capitolo dieci.

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Louis salutò Niall come ogni volta, prima di svoltare nella strada opposta, le mani nascoste nelle tasche del giacchetto. Rabbrividì per una folata di vento più forte del normale e abbassò il volto, per tentare di ripararsi in qualche modo. Le strade di Brixton a quell'ora tarda erano buie, deserte, come al solito, ma quella sera Louis non era impaurito come le altre volte, perché pensava costantemente a ciò che quel pomeriggio aveva fatto, con la fronte corrugata e il labbro inferiore martoriato dai denti.

Sapeva che Harry, prima o poi, avrebbe scoperto il fattaccio e ne temeva parecchio le conseguenze. L'unica cosa certa che poteva dire era che il ragazzo si sarebbe sicuramente infuriato con lui, anche pesantemente. Louis sospirò, sperando che ciò non avvenisse mai. Dovette, però, ricredersi il minuto successivo.

Sorpassando un vicolo, si bloccò all'istante quando vide Harry con la schiena contro il muro, le braccia incrociate e lo sguardo già puntato su di lui, la mascella contratta e lo sguardo più che rabbioso.

«Dobbiamo parlare» disse, con voce fredda e dura.

Louis sospirò e si guardò intorno, non riuscendo a reggere il suo sguardo. «Ascolta Harry..»

«No, adesso tu ascolti me» il più alto lo interruppe drasticamente, allontanandosi dal muro e districando le braccia, per avvicinarsi a lui. «Chi diavolo ti ha dato il permesso?» urlò, adirato, e Louis sussultò lievemente al cambiamento di tono.

«E' solamente un prestito, perché ti arrabbi così tanto?»

«Perché non ti ho chiesto niente!» ribatté, il più grande, urlandogli con il viso a distanza minima dal suo, avvicinandosi così in fretta che Louis dovette indietreggiare il volto, per paura di urtarlo.

«Ehi datti una calmata» riuscì a trovare il coraggio di dire. «Dovresti ringraziarmi, non urlarmi contro, santo cielo!» continuò, anche lui adirato. «Mi aspettavo una sfuriata, di certo non come questa, ma okay, capisco di aver ferito nel profondo il tuo ego, o qualche stronzata del genere» Louis gesticolò: lo faceva ogni volta che era incazzato.

«Ho preso quei soldi dai miei risparmi, mettendo da parte la mia voglia di andarmene da quella casa per te, un 'grazie' sarebbe più che lecito» concluse.

«Ma, ripeto, io non ti ho chiesto nulla! Perché diavolo l'hai fatto?» sbottò, allora, Harry.

«Perché sto iniziando a tenerci a te, coglione» urlò in risposta, il più piccolo, trattenendo poi il respiro quando le parole erano ormai già uscite dalla sua bocca.

«Vaffanculo!» digrignò a voce bassa, a se stesso, guardando ovunque tranne che l'uomo di fronte a sé.

«Non ne avevi comunque il permesso» parlò, dopo qualche minuto di troppo di silenzio, Harry, con voce più bassa e calma.

Louis chiuse gli occhi e sospirò. «Lo so. Ma cosa vuoi sentirti dire?» tornò a guardarlo. «Che mi dispiace? Perché no, Harry, non mi dispiace affatto. Non mi dispiace aver aiutato una persona; non mi dispiace avergli impedito di ritrovarsi, d'un tratto, sbattuto fuori casa; non mi dispiace avergli impedito di dormire sotto un ponte, o su una panchina, o sul marci..»

Il più piccolo non riuscì a terminare il discorso dato che venne interrotto bruscamente da un paio di labbra carnose che si posarono sulle sue e presero a muoversi sin da subito con frenesia, mentre una mano gli stringeva un fianco, e un'altra era dietro la sua nuca: le dita ogni tanto gli solleticavano la pelle.

Si ritrovò placcato al muro dal corpo possente di Harry, e tutto ciò che riusciva a fare era rispondere al bacio allo stesso identico modo -anche perché lo desiderava lui stesso- cingendogli il collo con entrambe le braccia, spostandole poi ai suoi capelli e tirando le corte ciocche quando le labbra dell'uomo si staccarono dalle sue per scendere a martoriargli il collo con i denti e con la lingua.

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