Capitolo trentuno.

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«Amatemi e non abbandonatemi, perché io vi amo tanto in questo momento, perché lo meriterò, amico mio caro! La settimana prossima diventerò sua sposa. Egli è tornato innamorato, non mi aveva mai dimenticata. Non inquietatevi con me perché vi ho scritto di lui. Ma proprio con..non mi stai ascoltando» Louis sospirò, chiudendo il romanzo e guardando il suo ragazzo sdraiato sotto di lui.

Harry aveva gli occhi socchiusi e, metabolizzando le parole del più piccolo, corrugò la fronte e li aprì, guardandolo confuso. «Cosa?»

«Non mi stavi ascoltando» ghignò Louis, poggiando il libro sul petto del maggiore.

«Si che ti stavo ascoltando!»

«Harry, mi hai chiesto tu di leggertelo. Se non mi ascolti non ha senso, era persino l'ultimo capitolo» sbuffò, spostandosi dal suo corpo per sdraiarsi su di un fianco accanto a lui.

«Ma ti stavo ascoltando, Lou» Harry s'imbronciò, mettendosi anche lui su un fianco per fronteggiarlo. «Quella gli ha scritto la lettera dove dice di sapere che lo ama ma sposa comunque quel cretino. Che grande stronza.»

Louis sollevò entrambe le sopracciglia, prima di scoppiare a ridere. Harry stava parlando del suo romanzo preferito, Le notti bianche. Era stato proprio il maggiore a chiedergli di leggergli un capitolo ogni sera, non accontentandosi più delle poesie. Troppo brevi per lui che voleva bearsi della voce del più piccolo per ore intere, non stancandosi mai di ascoltarla.

E così, era da un paio di sere che Louis leggeva al più grande i capitoli. Non era sicuro che Harry lo ascoltasse, dato che delle volte, terminato il capitolo, lo ritrovava addormentato, con la bocca socchiusa.

Non si arrabbiava mai però, anzi, si addolciva ogni volta a quella visione, spostandosi lentamente per poggiare il libro sul comodino, senza svegliarlo. Ritornava poi subito sul suo petto, stringendolo e addormentandosi a sua volta col sorriso sulle labbra.

«Innanzitutto "quella" ha un nome» lo rimbeccò il minore.

«Si, che non riesco nemmeno a pronunciare quindi è irrilevante» Louis lo guardò oltraggiato, ed Harry scoppiò a ridere.

«E' Nàstenka, coglione, non è tanto difficile» disse il più piccolo, dandogli uno schiaffo sul braccio.

Harry continuava a ridacchiare, mentre se lo tirava addosso e lo riempiva di baci e pernacchie su tutto il viso. Louis fece una smorfia e cercò di allontanarsi da lui in tutti i modi, suscitando ancora di più l'ilarità del maggiore.

«Non ti sopporto» esordì il minore, col volto nascosto nell'incavo del collo di Harry.

«Certo.»

«E' vero. Hai disprezzato il mio romanzo preferito, non posso non odiarti per questo!» affermò, allontanandosi e guardandolo imbronciato.

Harry sorrise, perché in quel momento Louis sembrava proprio un bambino. Si avvicinò, dunque, poggiando le sue labbra su quelle più sottili dell'altro, baciandolo dolcemente, senza malizia. «Non mi sopporti?» chiese in un sussurro, prima di tornare a baciarlo.

«Ne sei proprio sicuro?» chiese ancora, col sorriso sulle labbra nel notare l'espressione completamente in estasi del minore, ad occhi chiusi e le labbra impegnate a reclamare altri baci.

«Sicuro di non sopportarmi? A me sembra l'opposto, sinceramente» continuò, ghignando.

Louis sbuffò, riaprendo gli occhi. «Non è vero che non ti sopporto, okay? Adesso baciami come si deve, dannazione!»

Harry rise, stringendogli il viso con entrambe le mani, prima di baciarlo proprio come il più piccolo aveva richiesto, con tutta la passione e la dolcezza possibile. Quando Harry ripensava a tutto ciò che stava vivendo, anzi, a tutto ciò che quella meravigliosa persona gli stava facendo vivere, non riusciva a darsi una spiegazione. Non riusciva a capacitarsi che quello che aveva sempre ritenuto impossibile, stesse accadendo.

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