Capitolo trentasei.

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Louis camminava avanti e indietro, mangiucchiandosi il labbro inferiore nervosamente. Spesso alzava lo sguardo per dare un'occhiata all'edificio di fronte ai suoi occhi. Era sotto casa di Harry da un paio di minuti, e non aveva ancora trovato il coraggio di suonare il citofono e chiedergli di parlare.

Voleva tremendamente sentire la sua voce roca, profonda, che tanto gli era mancata. In quei due anni aveva sempre sperato di ricevere una chiamata da parte sua, ma non arrivò mai. Ecco perché, più passava il tempo senza di lui, più il pensiero che si fosse ormai dimenticato di lui diventava sempre più pressante.

Per quel motivo aveva deciso di lasciarsi andare con Zayn, di iniziare un qualcosa insieme che, però, sapeva non sarebbe durato per sempre. Voleva bene a quel ragazzo, era l'unico che l'aveva sollevato in quel momento buio. Era l'unico che gli aveva fatto trovare la forza per andare avanti.

Zayn si era innamorato di lui e non c'era stato neppure il bisogno di dirlo a voce. Louis l'aveva capito subito. L'aveva capito dai gesti, dalle carezze, e dagli abbracci che il più grande non voleva far terminare mai. Non rimase sorpreso, infatti, quando una sera, mentre stavano guardando un film sul divano a casa di Zayn, quest'ultimo lo baciò. Così, senza pensarci troppo.

Louis ricambiò. Lo fece perché era stanco di aspettare Harry, era stanco di pensare sempre a lui. Voleva una via di fuga da quel pensiero costante, voleva che una persona gli dedicasse tutto il suo tempo, che lo facesse sentire amato, voluto. E Zayn ci era riuscito.

Ma Harry era tornato, e il solo pensiero di tornare a baciare Zayn quasi lo disgustava. Louis sapeva che il ritorno di Harry avrebbe fatto vacillare tutto. Nel profondo, ogni giorno, sperava di vederlo tornare, ma solamente in quegli ultimi mesi aveva iniziato a perdere le speranze.

In quel momento tremava, alla consapevolezza di averlo a qualche metro di distanza. Respirò profondamente e trovando il coraggio necessario, si avvicinò al citofono e pigiò su quello di Harry. Mentre aspettava una risposta continuava a mordersi nervosamente le labbra, non stando fermo col corpo nemmeno per un solo secondo.

«Chi è?»

Non appena Louis sentì la voce roca di Harry si bloccò, a bocca socchiusa e gli occhi spalancati. Le mani tremavano e sudavano. Si strinse il tessuto dei jeans per cercare di darsi un contegno e rispondere, ma la voce sembrò non averla più.

«Chi è?» tornò a ripetere il più grande, a voce più alta.

«Sono» Louis si schiarì la voce. «Sono Louis.»

Dall'altra parte, solo silenzio. Un silenzio che sarebbe potuto durare anni, ma fortunatamente Louis tornò a parlare. «Mi fai entrare?» chiese, con voce tremante e implorante.

Harry non rispose, ma aprì il portone, facendo dunque capire al più piccolo di poterlo fare. E Louis poté sospirare di sollievo, dato che temeva un possibile rifiuto da parte sua. Salì le scale lentamente, cercando di trovare, ad ogni scalino, il coraggio per guardarlo negli occhi e parlargli, senza scoppiare a piangere e senza buttarsi tra le sue braccia.

Una volta arrivato sul pianerottolo di Harry, strinse i pugni nel vedere la porta socchiusa. Lui non c'era ad aspettarlo. Così, deglutì e con una mano spinse la porta, aprendola del tutto. Entrò e vide Harry seduto sul divano, con lo sguardo basso e le mani unite, i gomiti poggiati sulle gambe.

Si avvicinò, e ad ogni piccolo passo avanti il cuore batteva sempre più forte. Quando gli fu abbastanza vicino, Harry sollevò lo sguardo e puntò gli occhi in quelli blu del più piccolo. Entrambi persero un paio di battiti, e rimasero a fissarsi per minuti interi.

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