Capitolo 16

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(Lucia)

Esco anche io e mi trovo sopra al tetto del piano di sotto.
Riesco a vedere soltanto grazie alla fila di lampioni che disegnano la strada.
Vedo che Ale si siede e si accende una sigaretta.
Mi siedo vicino a lui e appena vede che sono seduta di fianco, mi prende sotto il suo braccio protettivo e io lo abbraccio.

Ho bisogno di affetto,
ne ho bisogno da morire.

È da tanto che non fumo una sigaretta.
"Posso?" gli dico indicando la sua mano.
Guarda la sigaretta quasi finita e dubita un istante, ma poi me la porta alle labbra.
Aspiro velocemente e altrettanto velocemente butto fuori il fumo.
Dalla mia bocca esce un suono di disgusto e penso come possa essermi piaciuto tempo fa.
Ale sorride divertito e lancia il mozzicone giù in strada.
Mi prende con tutte e due le braccia e si sdraia trasportandomi con sè.

"Guarda le stelle." mi dice con un tono strano: un misto tra tristezza, nostalgia e ricordi.

Appoggio la testa sul suo petto e lui, come se fosse scritto, mi bacia la testa e inizia ad accarezzarmi i capelli.
Rimaniamo in questo silenzio per minuti, peró è un silenzio bello, di pace.

***

Torniamo dentro, perchè inizia un leggero venticello.
"Ale dove dormo?"
"Sul letto." come se la risposta fosse scontata e banale.
Ci penso un po' e mi guardo intorno per vedere se ci sono poltrone, o qualsiasi altro oggetto, dove lui potesse dormire, ma non lo trovo.
Così deduco che lui dormirà sul divano.
Mi butto sul letto e vedo che inizia a togliersi la maglia.
"Che cazzo fai?" gli chiedo in imbarazzo.
Mi guarda sbarrando gli occhi:
"M-mi metto il pigiama."
-Non guardarlo Lucia.-
...
-Solo una sbirciatina.-
Riesco a vedere la "V" sopra ai pantaloni e sono accennati degli addominali.
"Hai il pigiama?" mi chiede sedendosi di fianco a me.
In effetti non ce l'ho, visto che avevo programmato di dormire in treno.
Dico di no con il capo, Ale si alza e prende una maglia dal suo armadio lanciandomela addosso.

-Ma devo cambiarmi qui?- penso terrorizzata.

"Emh...girati." Dico accigliata.
Mi fissa, ride e si gira dandomi le spalle.
"Non ridere di me!" lo rimprovero ironicamente.
Mi levo la maglia e mi metto la sua.
Sbircia scherzosamente mentre mi metto la sua maglia e dei pantaloncini.
"Finito." dico alzandomi dal letto.
Alessandro si gira e ride, molto probabilmente perchè sarò ridicola vestita così.

***
(Alessandro)

Sarebbe bella anche con un sacco addosso.
-Mi verrebbe voglia di..
No Ale, no.-
Mi lancio sul letto rumorosamente e vedo che Lucia mi guarda.
"Che c'è?" le chiedo non capendo.
"E io dove mi distendo?"
Le faccio un segno con la mano per invitarla ad accomodarsi, ma lei rimane in piedi di fianco al letto.
"Ma io avrei sonno." sussurra.
"Ok dormiamo." spengo la lucetta nel comodino e aspetto che si butti.
Dopo qualche secondo riaccendo la luce
"Non avevi sonno?" le domando mettendomi seduto.
"Si..."

Con cautela si infila sotto al lenzuolo e si gira dalla parte opposta a dove sono seduto io.
Rido, perchè deduco che si vergogna, spengo la luce e inizio a pensare.

***
(Lucia)

— "Sei un mostro." mi urlano i ragazzini nel cortile.
Tutti ridono di me.
"Stai zitta grassona."
Ride di me la ragazzina della classe a fianco.
"Voglio la mamma!" urlo con le ginocchia al petto.—
Questi ricordi si affollano nella mia mente.
-Perchè proprio ora?-
-Perchè proprio qui?-
Iniziano a scendere le prime lacrime, inizio a singhiozzare.
Ogni volta che vado a dormire troppo tardi i brutti ricordi riaffiorano.
Perchè?!
Faccio più piano possibile per non farmi sentire da Ale, ma è quasi impossibile.
Ale si gira, accende la lucetta e mi tocca la spalla.
"Lucia? Tutto ok?"

-Ho bisogno di affetto- penso.

"Lucia che hai?"
Non voglio che mi veda così.
Mi sento in imbarazzo.
Io ero la ragazza forte.

Ho giurato a me stessa di non dare più confidenza a nessuno e poi faccio vedere ogni lato di me a lui.

"Io..." riesco a dire, ma ricado nel pianto.

Perchè mi sono lasciata trasportate dai ricordi?
Ale mi passa un fazzoletto.
Mi accarezza la schiena per consolarmi.
Adoro questo suo modo di consolarmi.

"Perchè piangi?" mi dice con tutta la calma possibile.
Non voglio sembrare debole e antipatica.
"No, nulla. Ora sto bene."
Lo guardo negli occhi e sorrido.
"Tu non stai bene." mi dice sapendo che sto mentendo.
"Ma no, sto bene." dico più convinta guardando il lenzuolo.
"Guardami negli occhi." mi ordina.
Faccio quello che mi chiede.
"So che stai male, lo ti si legge negli occhi."
Sento le lacrime che salgono, ma le fermo.
"Perché non mi racconti?"
"Non voglio."
"Perchè? Non ti fidi di me?"
"Non è questo, è che non voglio sembrare stupida e non voglio passare per quella che fa la vittima."
Si acciglia e poi mi invita a parlargli.
"Ale mio padre sarà anche ricco, ma la mia vita è comunque una merda."
Sta ad ascoltarmi, i suoi occhi non mi spostano dal mio viso.

-Gli racconto tutto?- penso.
-Si, digli tutto.
Per una volta sii tu il paziente e non il medico.- mi rispondo da sola.

"I miei genitori si sono separati quando ero alle elementari.
Li sentivo sempre litigare e per non sentire mia mamma piangere e mio padre urlare, scappavo e andavo in un parchetto assieme a Luca..."
Mi interrompe:
"Luca il tuo amico?"
Annuisco.
Continuo:
"...e con Luca stavo bene. Era l'unica persona che avevo e che non mi ha mai delusa. E se devo essere sincera era più di un migliore amico.
Beh, alla fine delle medie mio papà ha superato il limite, perchè un giorno alzò le mani su mia mamma e quando ho visto quello che le ha fatto, ho iniziato a urlargli contro dicendogli che lo odiavo e lui prese tutte le sue cose e se ne andò. Non sapemmo più nulla di lui fino a due anni fa.
Mia mamma ha iniziato a fare anche più di un lavoro per cercare di non farmi mancare nulla.
Alle elementari e alle medie i bambini della scuola mi prendevano in giro perchè ero...non ero magra e perchè non andavo vestita alla moda". Singhiozzo.
Ale mi passa una mano nella schiena per dirmi di stare tranquilla.
Respiro e continuo:
"Mi sono chiusa sempre più in me stessa.
Alle superiori sono andata in una classe dove ho conosciuto due ragazze e queste avevano una compagnia non molto sicura, ho fatto tante cose brutte..." piango ancora.
"Mia madre e Luca mi parlarono. Si accorsero di quello che ero diventata e mi pregarono di ritornare me stessa.
Lasciai la compagnia e da allora ho solo mia mamma e Luca.
Poi mio padre mi privò anche di loro facendomi trasferire qui."
Porto le ginocchia al petto e, abbracciandole, piango piegando la testa per non farmi vedere, per cercare di nascondere l'innascondibile.

Cado in uno dei miei soliti pianti.
Un pianto incessante.
I ricordi mi stanno mangiando viva.
Mi stanno prendendo e portando sottoterra.

AMORE AMAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora