Capitolo 6

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(Lucia)

Oggi non vado a scuola, mi sono stancata di tutti i miei compagni di classe, soprattutto di Clara. Si crede la persona più bella e intelligente del mondo.

Do un calcio ad un sasso arrabbiata.

Trasferirsi qui non è stata una bella idea.

penso tristemente.

Che faccio ora?
Guardo l'orologio del telefono.
Sono le 08:00 del mattino.
Mi allontano dalla fermata dell'autobus e cammino finchè non vedo un parchetto.
Decido di sedermi su l'unica panchina che c'è e tiro fuori dallo zaino l'unica cosa che ho messo dentro stamattina: lo skate.
Questo skate me l'ha regalato il mio migliore amico, ed ex ragazzo, Luca poco prima che io partissi da Milano.
Mi manca tutto di Milano, ma soprattutto mia mamma.
Mi metto le cuffie e come sempre la musica mi aiuta a non pensare.

***
(Alessandro)

Cosa ci fa qui?
Cosa ci fa in questo parchetto?
Perchè non è andata a scuola?
Troppe domande mi affollano la mente.
Così decido di andare a parlarle.

Parcheggio la moto e, togliendomi il casco, vado verso di lei.
Ascolta la musica ed è seduta sulla panchina con uno skate sotto ai piedi e con lo sguardo rivolto verso di esso.
Attiro la sua attenzione picchiettando due volte sulla sua spalla.
Sembra prendere paura perchè si gira di scatto togliendo una cuffietta.
Mi guarda intensamente.
Il suo sguardo mi gela il sangue.
La tristezza, mista alla paura, traspaiono dai suoi occhi, tanto che mi fanno cambiare umore pure a me.
"Ciao."
Dico per interrompere il silenzio.
"Disturbo?" e mi siedo vicino a lei.
"No." dice lei riportando il suo sguardo ai piedi.
"Che ci fai qui?" forse sono troppo invadente:"Se posso sapere."
"Avevo solo voglia di stare un po' qui."
La sua voce è calma.
"Lo sai che mi siedo sempre qui quando non voglio vedere nessuno?"
"Che coincidenza."
Dice lei sorridendo forzatamente.

Stiamo in silenzio a fissare il vuoto o meglio: lei fissa il vuoto, io fisso lei.

"Vuoi che me ne vada?" dico dopo poco.
Se fossi io al suo posto non vorrei compagnia.
"No!" dice lei velocemente come se avesse paura che io la lasciassi.

Decido di iniziare un discorso.
"Sai andare in skate?" dico indicandolo.
"Oh no. Mi piacerebbe, però non so andarci bene, ho iniziato da poco."
La prima cosa che mi viene in mente è:
"Ti insegno io! So andarci benissimo."
Le spunta una curva sul viso e vedo che questo è un vero sorriso, piccolo, ma è sincero.
"Va bene." Dice sorridendo. Che bel sorriso che ha.
Mi alzo entusiasta.
Prendo lo skate e inizio a spiegarle le basi.

Da come mi guarda devo sembrare un bambino che spiega ai genitori i proprio disegni come se fossero capolavori.

Ha uno sguardo magnetico. Bellissimo.
La tristezza e la paura si sono trasformati in tenerezza e dolcezza.
È incredibile come soltanto i suoi occhi trasmettano così tanto.
Guarderei quei semplicissimi occhi nocciola per ore.

Continuo a spiegare, ma vedo che non ha capito molto.
"Forza, alzati." la invito con un gesto della mano.
"Oh no!"
Ride e continua:
"Non sono capace."
Sbuffo e, prendendole la mano, la faccio alzare dalla panchina.
"Sali."
Dico gentilmente.
Sorridendo rifiuta con un cenno della testa.
Così le prendo nuovamente la mano e ce la porto io.
"Ora metti il piede destro giù e spingi col sinistro."
Le sto a fianco.
"Oddio!"
Urla. Sta per cadere. Come attratte da una calamita ci prendiamo le mani. La salvo da una caduta e ride di ciò.

"Non mi sono presentata. Sono Lucia e tu? Come ti chiami?"

Ora è più tranquilla.
Vedo che i pensieri che le affollavano la testa sono ritornati in un cassetto.

"Alessandro, ma puoi chiamarmi Ale."
Dopo un po' di silenzio le chiedo:
"Come mai eri qui prima?"
"Non voglio tornare a casa."
"Qualche problema?" spero di non essere troppo invadente.
"No."
Si vede che mente.
Cerca e vuole tenersi tutto dentro, proprio come faccio io, per far vedere al mondo che lei sta bene, anche se sta soffrendo da morire.
"Tu come mai sei qui? Perchè ti sei fermato?" vuole spostare l'attenzione su di me.
"Ti vedevo qui sola e..."
"E?"
"E niente, magari stavi male e avevi bisogno di aiuto."

Sorride.
Se è triste e sorride così, chissà quando è felice che sorriso ha.

"E ora dove vai? Sono le quattro."
Chiedo sperando che abbia bisogno di un passaggio.
"Penso che starò qui ancora un po'. Se vuoi andare non preoccuparti. Anzi grazie e scusa se ti ho fatta perdere tempo."
"Vuoi venire con me?" Non resisto. Sembrerò sfacciato, ma voglio stare con lei, ancora.
Corruccia la fronte:
"Dove?"
"A fare un giro, in moto se ti va."
Non sono mai stato così agitato per una ragazza.
Mi sento patetico e strano.
"È un appuntamento?" ride e alza le sopracciglia sorpresa.
Rido anche io e, innervosito, mi tocco il ciuffo:
"No, tranquilla. È solo un giro in moto."
Sorride.

AMORE AMAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora