Capitolo 3

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(Alessandro)

"Che facciamo?" mi chiede Francesco.
"Andiamo a casa? Non ho più voglia di restare qui." dico io.
"Cosa? Siamo arrivati da mezz'ora!"
"Allora decidi tu." gli rispondo irritato.
Francesco mi prende per un braccio e mi trascina vicino a lui.
"Senti Ale, non so cos'hai in questi giorni, ma cerca di dirmelo in fretta perchè mi fai incazzare quando fai cosi. Cos'ho fatto?"
Sbuffando inizio a spiegare:
"Scusami Francesco. Sono i miei genitori..."
Mi interrompe:
"Ok, ma cerca di viverti il momento. Non pensare a quegli stronzi."
Mi dà una pacca sulla spalla e sorride.

***

Arriviamo a casa di Francesco dopo una bella giornata al Lago, andiamo in camera sua e, dopo aver recuperato la maglietta, lo ringrazio e mi avvio verso casa.

Entro in casa e ad accogliermi c'è mio fratello. Come sempre Manuel è ben vestito e pronto a criticare ogni cosa.
"Ciao Alessandro, dove sei stato?"
"A scuola." rispondo freddo.
"Vestito così?" chino la testa per guardarmi: felpa larga, jeans strappati e scarpe da ginnastica.
"Forse dovresti essere un po' più elegante."
Lo interrompo all'istante:
"Io le tue orme e quelle di papà non le voglio seguire. Voglio una vita mia." e per non dover continuare la conversazione mi dirigo in camera e nel tragitto riesco solo a sentire:
"Prima o poi dovrai crescere."

Apro la finestra che dà al tetto del piano di sotto e mi accendo una sigaretta, ma prima mi assicuro che la porta sia chiusa a chiave per non dover parlare con qualcun altro.

Sempre i soliti discorsi.
Lo so.
Sono la pecora nera della famiglia.
Sono diverso e loro, invece di comprendermi, mi criticano.
Troveró la mia strada senza dover cambiare e senza dover essere un loro clone.
Sento bussare alla porta.
"Ale puoi aprire?"
È mamma.
Faccio l'ultimo tiro alla sigaretta, la butto fuori dalla finestra e la chiudo in fretta.
"Dimmi mamma."
Rispondo con tono apparentemente calmo.
"Mi fai entrare?"
Chiede lei dolcemente.
Anche se c'è odore di fumo apro la porta comunque, tanto la puzza si starà espandendo per tutta la casa.
Entra, si chiude la porta alle spalle, si siede sul mio letto e mi invita a fare lo stesso.
"Dove sei stato stanotte?"
"Ero da Francesco."
Sono sincero.
"Tuo papà non voleva dire quelle cose.
Noi ti vogliamo bene. Non rovinarti." mi dice mettendomi la mano sulla spalla e indicando con gli occhi il pacchetto di sigarette appoggiato sul letto.
Io, d'impulso, prendo il pacchetto e lo nascondo sotto al cuscino e, mentre faccio così, lei, con lo sguardo basso, sparisce dalla stanza.

***

È ora di cena e devo scendere per forza.
A tavola ci siamo tutti.
La cena passa in fretta. Mio padre e mio fratello parlano di lavoro, mia madre ascolta interessata e io guardo il piatto, probabilmente con una faccia disgustata dalla loro fottutissima vita perfetta, a quanto dicono.

Appena finisco, sussurro all'orecchio di mia madre che era tutto molto buono e vado in camera senza far rumore.
Mi sento quasi un fantasma.
Ascolto un po' di musica e inizio a canticchiare, finchè non cado in un sonno profondo.

AMORE AMAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora