Capitolo 33

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(Lucia)

La lezione di ginnastica termina ed esco per ultima per vedere se riesco a parlare con Alessandro.

È seduto sulla cattedra che sta sfogliando un opuscolo del collegio.

"Ciao."
Gli dico accompagnandolo con un gesto della mano.

Si volta spostando lo sguardo da quel libricino a me e salta giù dal tavolo.

"Hey."

Si avvicina a me e mi abbraccia fortissimo.
Ha il solito profumo, un profumo che mi avvolge in questo piccolo e infinito instante di noi.

Ci stacchiamo mal volentieri dall'abbraccio.

"Interessante?"
Gli chiedo, ironica, indicando l'opuscolo che ha fra le mani.
"Certo, meglio di Emily Brönte quasi."
E lo lancia sopra alla cattedra ridendo.

Ci guardiamo per del lunghissimi secondi.
I capelli mossi sono cresciuti leggermente e i suoi occhi azzurri non finiscono mai di incantarmi.

"Smith mi ha detto che adesso ho l'ora buca e lui si è andato a prendere un caffè al bar. Tu non avresti lezione?"

Mi risveglio dall'incantesimo-Alessandro.

"Cazzo!"
Urlo facendolo ridere. Prendo lo zaino che avevo lasciato a terra, lo bacio velocemente sulla guancia ed esco di corsa.

***

Spalanco la porta della classe dove sono già tutti seduti e la prof. Austen di storia sta già segnando le assenza.

"Faccia presto ad entrare e ad accomodarsi."
Dice lei con voce seccata.

***

Arriva finalmente sabato.
Oggi pomeriggio sistemo le camere dei professori e dei dipendenti.

"Buongiorno Holly."
Dico alla mia compagna di stanza ancora distesa sul letto mezza addormentata.
Biascica qualcosa, la ignoro.

"Vado a correre."
La informo.

Alza la testa:
"Tu cosa?!"
All'improvviso prende vita.
"Oh cara mia, tu sei pazza ad andare a correre alle 8 di mattina di sabato."
E ritorna a dormire.

Entro nel campo da calcio davanti alla palestra e non c'è nessuno, per fortuna.
Amo venire a quest'ora perchè tutti sono a dormire e posso correre e fare esercizi senza nessuno che mi disturbi. Al massimo arriva il prof. Smith di ginnastica ad aprire la palestra.

Dopo vari minuti vedo che la porta della palestra si spalanca, ma oggi non è il prof Smith.

Corro verso l'ingresso della palestra.

"Ale!"
Si gira e subito sorride.
"Sei pazza?"
Mi viene incontro camminando.
"Non hai niente di meglio da fare al posto di correre?"
"Non hai niente di meglio da fare al posto di aprire porte?"
Dico per cercare di farlo ridere.
"Dai scema."
E mi abbraccia.

"Vieni."
Gli ordino e lo porto nel piccolo parchetto dopo il campo da calcio.

Ci sediamo per terra, nascosti dietro le siepi.

"Allora..."
Inizia lui.
"Da quanto tempo."
Continuo io.
Mi bacia all'improvviso.

"Perchè sei qui?"
Gli chiedo dopo un po'.
"Come «Perchè sono qui?»"
"Lo scopriranno."
"Perchè dovrebbero? Lucia fra pochi mesi ce ne andremo. Avrai 18 anni."
"Mio padre vuole che io rimanga qui."
"Tuo padre...tuo padre...non mi importa di quello che dice tuo padre. Io e te ce ne andiamo."
"Sembra facile..."
Mi rattristo pensando a tutta questa situazione.
"Lucia parleró con tua mamma."
"Cosa?! No."
"Lei non mi odia, capirà e ti farà uscire..."
Continua:"...altrimenti ti faccio uscire io."
Sorrido e lui, ricambiando, mi prende tra le sue braccia e mi abbraccia.

"Oggi devo pulire le camere del tuo piano."
"Bene."
"Quindi pulisco anche la tua."
"Perfetto...pulisci in fretta tutte le stanze, così stai un po' con me."
"Certo."

***
(Alessandro)

Sento bussare alla porta.

"Permesso?"

È Lucia.
Apro la porta e la faccio entrare.
Ha dei pantaloncini grigi, una maglietta bianca, una scopa in mano e una coda di cavallo spettinata, ma la rende ancora più bella.

"Buongiorno signorina."

La accolgo.
Per scherzare mi distendo a letto.

"Prego, faccia pure, non mi disturba."
Riferendomi alle pulizie.

"Dai, scemo!"
Dice lei ridendo.

Mi alzo di scatto, la prendo per i fianchi e ci baciamo.
Le mie mani vanno sotto alla maglietta per accarezzarle la pelle. Questa pelle cosi morbida e profumata.

Le tolgo la maglietta, mi tolgo la maglietta e la distendo sul letto.
Inizio a guardare ogni minimo dettaglio di lei.
Dalle ossa del bacino che sporgono, al piccolissimo nei vicino all'obelico.
Inizio a baciarla partendo proprio da qui fino ad arrivare al collo, sotto l'orecchio, e infine alle labbra. Queste labbra così perfettamente rosa, così carnose e morbide.

"Mi sei mancata."
Le sussurro infine, prima di fare l'amore.

***

Avendo socchiuso le persiane, entra una leggera luce dalla finestra, che illumina alternando a righe scure e righe chiare il volto angelico di Lucia. Ha gli occhi chiusi e le labbra leggermente aperte.
La sua testa poggia sul mio petto ed io, sapendo che ama tanto ció, le accarezzo i lunghi capelli castani.

Guardo l'orologio e mi accorgo che sono le sei del mattino successivo.

"Lucia, tesoro..."

Le accarezzo la guancia arrossata, ma non così tanto da nasconderle le lentiggini che tanto le donano.
Mugugnando apre gli occhi.

"Lucia devi tornare nella tua stanza."

Si volta dall'altro lato e con una voce da bambina assonnata mi risponde:
"No dai..."

Mi fa sorridere.
La abbraccio da dietro e le bacio la spalla nuda che fuoriesce dal lenzuolo candido.

Si volta a guardarmi con un sorriso:
"Io ritorno in camera mia, ma tu mi devi promettere che non sarà l'ultima volta."

"L'ultima volta di cosa?"
Le chiedo ingenuo.

"L'ultima volta che passeremo la notte, abbracciati."

"Promesso."

Le bacio nuovamente la spalla.
Malvolentieri si alza, si veste lentamente...forse perché ha sonno o forse perché vuole farmi dannare.

Dannazione!
Quanto puó farmi impazzire?
Quanto puó essere bello e tremendo, felice e pauroso, semplice e complicato, allo stesso tempo, l'Amore?
Perchè non può essere semplicemente bello come i capelli di Lucia ora: spettinati, ma perfettamente al loro posto per essere belli.
Perchè non può essere semplicemente felice come questa notte: lei ed io, su questo letto, a viziarci.
Perchè non può essere semplicemente semplice.
Semplice come nulla. Nulla è semplice.

"Buongiorno Ale."
"A dopo, Lucia."

AMORE AMAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora