Capitolo 11

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Esco dalla stanza e mi dirigo verso quella accanto, dove vedo Alex appoggiato alla porta: è davvero bello, mi fermo a osservare la sua maglietta aderente nera, che risalta la sua figura snella e slanciata, e sotto un paio di jeans blu leggermente a vita bassa. Scorre una mano tra i capelli biondi, tenendo gli occhi fissi sul cellulare che tiene con l'altra mano, a un tratto alza lo sguardo verso di me. "Mi stavi ammirando? Non che mi dispiaccia, ma non c'è bisogno che ti nascondi" mi stuzzica lui con un sorriso. Io arrossisco imbarazzata, per fortuna che è abbastanza buio e il fard dovrebbe far notare meno il mio rossore. "Sono appena arrivata, quindi non ti stavo fissando, non volevo spuntare all'improvviso e spaventarti, visto che eri preso dal cellulare" mi giustifico.

"Ah certo" sorride lui "comunque sei molto carina".

"Grazie, anche tu stai bene" dico timidamente, notando che mi fissa dall'alto al basso soffermandosi sul top, mi sento di nuovo arrossire.

"Allora mi vuoi portare in questo misterioso posto proibito?" chiedo con fare solenne.

"Certamente, seguimi, ho già la chiave" dice con un sorriso fiero sfilandosela dalla tasca dei pantaloni.

"Vorrei proprio sapere come te la sei procurata" dico mentre ci incamminiamo su per le scale.

"Ho i miei metodi, ma preferisco non rivelarli".

"Il tuo fare misterioso mi fa temere che i tuoi metodi prevedano colpire il custode e chiuderlo in cantina imbavagliato, per poi rubargli le chiavi".

Alex ride mentre continuiamo a salire le scale. "Ammiro la tua fantasia, ma tranquilla che non ho rinchiuso né ferito nessuno, i miei metodi sono molto più sottili".

"Allora o sei un abile ladro oppure hai degli aiutanti".

"Entrambe le cose". Dopo un'ultima rampa di scale arriviamo, Alex con fare galante apre la porta lasciandomi passare per prima, lo supero compiaciuta, poi lo osservo e mi accorgo che il suo sguardo si sofferma sulla parte posteriore dei miei jeans. "E io che pensavo fossi un gentiluomo, e invece ne volevi solo approfittare per guardarmi il sedere" commento delusa, sentendomi arrossire.

"Sei tu che ti sei messa dei jeans attillati" ribatte lui divertito.

"Sono dei normali jeans, sei tu che sei un pervertito". Ci dirigiamo all'esterno, rimango meravigliata dalla bellezza di questa terrazza, è piuttosto ampia, con delle piante di rose e garofani sparse, e un tavolino verde con delle sedie. Mi dirigo verso la balconata, da dove la vista è fantastica, si vede tutto il parco della scuola, e guardando in alto noto che il cielo è pieno di stelle.

"Capisco perché sia il tuo posto preferito, è davvero bellissimo, il luogo perfetto per rilassarsi" commento osservando la luna piena sopra di noi, che illumina la terrazza di una luce lattea.

"Sapevo che ti sarebbe piaciuto" risponde lui sorridendomi.

"Dai ammettilo, porti qui le ragazze per fare colpo su di loro" lo stuzzico.

"In realtà non ho mai portato nessuno prima di te, quando vengo qui mi piace stare da solo e tranquillo, mi aiuta a schiarirmi le idee o anche a non pensare".

"Allora mi sento onorata di essere la tua prima accompagnatrice nel tuo posto segreto".

"Ti ho portata qui perché so che tu sei diversa dalle altre ragazze che frequento, non ci provi con me, non ti dai tante arie ma sei bella e intelligente in maniera naturale. E poi sei l'unica ragazza che mi conosce da quando ero bambino, che conosce la parte migliore di me, l'unica con cui posso essere me stesso".

Quelle sue parole mi fanno sentire incredibilmente speciale, non posso fare a meno di guardarlo e sorridere. "Sono felice che tu mi ritenga ancora speciale come quando eravamo piccoli, è bello che qualcosa della nostra amicizia sia rimasto, perché anche tu per me resti speciale. Sei stato il mio unico vero amico maschio, e l'unico che mi conosce da quando ero bambina, quindi conosce tutta la mia pazzia e la mia intelligenza".

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