Alessandro
La mattina era fredda, come tutti i sabati che avrebbero dovuto essere placidi. Anche il sole si riposava, pallido e malaticcio. Nell'alba, non aveva la forza per scalciare le nubi. Però la mia ansia faceva bruciare l'aria come un tizzone ardente. Mi sbracciai. I peli del mio corpo si drizzarono, ma io non sentii nulla.
Io mi muovevo rapido tra i corridoi della stazione Termini.
Maddalena faceva fatica a venirmi dietro, arrancava. Si guardava sempre attorno, gli occhi grandi. Capii che non aveva mai veramente viaggiato e che quel fermento, il gorgheggio nell'aria prima di ogni traversata le era nuovo. Le spiegai che non bisognava lasciar trasparire un atteggiamento timoroso e stentante, non si era lì per contingenza e si conosceva dove si voleva andare. Aggiunsi anche che lo zaino avrebbe dovuto tenerlo davanti, non dietro, altrimenti gli scippatori l'avrebbero adocchiata. Erano predoni che si sarebbero accontentati di carabattole e masserizie, anche di quei pochi spiccioli e vestiti che aveva nelle tasche. Alla fine si scatenò una sorta di istinto di protezione in me e decisi di prenderla per mano e di tenerla stretta a me, mentre camminavamo. Roma era pericolosa. Le stazioni lo erano. Lì rifluivano benestanti, nulla tenenti, benintenzionati, malintenzionati. E Termini, con tutti i suoi incroci di binari, di piattaforme e di griglie sembrava un progetto futurista in stato di ebollizione.
Le comprai una cioccolata calda e aspettammo nell'atrio freddo. I monitor luccicanti figuravano il nostro treno come in arrivo. Sarebbe partito alle sei, avremmo effettuato un solo cambio e saremmo arrivati a Modena in mattinata. A quel punto avremmo dovuto cercare un albergo senza pretese per la notte, ma non temevo, ero tranquillo. Sentivo le tasche enfiate di quei cinquecento euro –troppi, forse, ma pensavo alle emergenze- che avevo sottratto dalla cassaforte di mio padre. Mentre mia madre e mia nonna rimanevano in ospedale, io avevo finto di volerlo aiutare a sistemare la merce. Avevo sentito uno spirito e un ardimento nuovo nello sguardo nel compiere quel primo, piccolo crimine, ma mi sentivo adulto, e avevo il cuore incrostato di speranze che volevo nutrire, e ogni diniego, ogni proibizione sarebbe stata a quel punto inutile.
Era il primo sviamento della gioventù quello di sottrarci ai controlli, di evitarli, schivarli, senza farci vedere. Mi piaceva quell'oasi di libertà ribelle in cui ero approdato. Mi piaceva credere che i miei amici me lo avessero insegnato. Ma pensavo ancora a Riccardo, che ci aveva guardato in silenzio, dietro il parabrezza, dentro la sua macchina dal motore asmatico. Quando ero sceso, lui e Maddalena si erano scambiati qualche parola. Prima era sembrato scontroso, poi indifferente. Lei gli aveva dato un bacio sulla guancia. Lui nulla.
Avevo comprato due cornetti alla marmellata. Il secondo non mi andava, mi sentivo pieno e soddisfatto abbastanza. Lo diedi ad un migrante dal viso tumefatto che se ne stava sdraiato a terra, tra altri corpi in colluttazione privi di energia. Lui e i suoi compagni avrebbero magari presentato una storia falsa e confezionata alle autorità per richiedere il diritto di asilo, e poi sarebbero tornati a languire in quella stazione, il magnete di cuori disperati.
<<Sei un soldato. La solidarietà è un capisaldo che credi di dover conservare, vero? Un pilastro...>> mi disse Maddalena. Annuii, sorpreso.
Il treno arrivò. Ci precipitammo al binario e ci infilammo tra la colonna confusa di passeggeri. Sedemmo uno accanto all'altro, in seconda classe. Quando le lasciai la mano, prese a strofinarsi i palmi, come se sentisse freddo. Si gingillò un po', sfilandosi e infilandosi un anello che aveva al dito. Glielo aveva regalato il fratello tempo addietro. Aveva un aspetto molto gradevole quella mattina. La luce le calava sulle guance, rendendogliele bianche e morbide, come velate da borotalco. Teneva i capelli scuri raccolti in una crocchia pudica sulla nuca e un lucidalabbra spalmato sulle labbra. E poi indossava una gonna con un paio di calze bianche di stoffa pesante. Non le avevo mai visto indosso nulla di simile. Aveva le gambe affusolate, i polpaccini stretti.
<<Grazie>> le feci, sopra l'orecchio. <<Non lo dimenticherò.>>
Con un brontolio, il convoglio partì, veloce. I contorni di tutte le cose sfumavano come immersi in una foschia o dentro l'acqua. Il giorno che nasceva mi faceva pensare che stavo andando verso uno strascico di beatitudine.
Squillò un cellulare. Maddalena rispose, allarmata. Si sentì una voce urlare dall'altro capo. Tranquillizzò la madre e le disse di non preoccuparsi, che sarebbe ritornata presto, di non incolpare nessuno, era stata una scelta sua quella di accompagnarmi a Modena. E non avrebbe dovuto pensare che potesse succederle qualcosa, aggiunse.
Poi lo sentii distintamente, quando, dopo alcuni minuti, sua madre sembrò calmarsi: Hai portato con te gli antidepressivi?
Maddalena tentò di mascherare la voce tossendo, ma era troppo tardi. Mi guardò e capì che avevo sentito, ma feci di tutto per camuffare la sorpresa.
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Riccardo
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I cinque nomi di Roma
General FictionLa storia tratteggia le vite di cinque amici che vivono a Roma, un sottofondo pulsante e onnipresente, che annebbia agli occhi altrui le personalità di Maddalena, adolescente sensitiva dotata di poteri di chiaroveggenza, innamorata del bell'Alessand...