Emanuele
Ci furono giorni di pioggia incessante e Roma quasi si allagò. Centinaia di buche più o meno profonde vennero colmate da pozzanghere e foglie. Le strade erano impregnate di una poltiglia fangosa. La gente che scendeva dai mezzi pubblici imprecava quando doveva saltare verso il marciapiede distante e poi finiva con le caviglie e i polpacci inzuppati in quel laghetto di acqua melmosa. Notai come Roma venisse sempre paralizzata dalla pioggia.
Guardavo il mondo fuori dalla finestra della mia camera e mi parve annoiato e sconfortante. Intanto, alle mie spalle le mie valigette erano pronte: vi avevo infilato più o meno circa una buona metà dei libri della mia biblioteca.
Avevo contattato Carla dalla solita cabina telefonica della Tuscolana. Le chiesi di raggiungermi. Dovevo informarla. Avrei messo all'occorrente solo lei. Mi raggiunse che aveva ricominciato a piovere.
<<Ti ho detto che non devi più usare questo ciaffo qui!>> esclamò indicando la cornetta rossa. <<Prenderai l'ebola altrimenti, giuro!>>
<<Oh, e questa ebola che sarebbe? Avete impestato il mondo di tante altre malattie, voi moderni!>>
Il cielo era di un bianco accecante, tipico delle tre del pomeriggio. Le gocce d'acqua si adagiavano sulla cima del mio cilindro per poi scoppiare e colare verso la tesa. Carla mi offrì il suo ombrellino arancione.
<<Ti devo dire una cosa>> esordii.
Lei alzò una mano e mi mostrò il palmo, come a farmi cenno di aspettare. Intanto, con lo sguardo tentava di indovinare cosa avessi da dirle. <<Sembra grave. Quando qualcosa è grave si deve andare prima a bere qualcosa.>> Indicò un locale che offriva bibite a prezzi scontati dall'altra parte del marciapiede.
<<Hai con te la tua valigetta?>> disse d'un tratto voltandosi.
Deglutii. Temetti avesse inteso già tutto. <<La mia valigetta...?>>
<<Quella delle medicine.>>
<<Oh, sì.>>
Entrammo a ristorarci un po'. L'aria era decisamente più respirabile, anche se aleggiava un odore pregnante di cacao. Ci sedemmo ad un tavolo con due sgabellini. Non faceva freddo fuori, ma decidemmo entrambi di prenderci un tè caldo.
<<È aprile>> commentò Carla. <<È ormai fuori moda il tè caldo.>>
<<Noi siamo fuori moda>> scrollai le spalle.
Carla iniziò a mordicchiare dei taralli che ci portarono in una ciotolina. Spezzava il cibo frantumandolo sempre e solo con i denti laterali, mai con quelli davanti. Forse perché aveva i canini molto affilati. Notai anche una ciocca verde scuro nascosta tra i suoi ricci.
<<Che hai fatto ai capelli?>>
<<Ho usato un pennarello. Volevo cambiare. Ti piace?>>
Mi pareva qualcosa di maligno avere i capelli colorati a quel modo, ma pensai fosse graziosa, dopotutto. <<Sei... carina.>>
Sorrise soddisfatta. Subito dopo: <<Allora, che mi devi dire?>>
<<Una cosa. Ma non devi farne parola con nessuno!>>
<<Puoi giurarlo!>> Strizzò gli occhi e parve pensarci su. <<Sei gay?>>
<<Qualunque cosa voglia dire... no!>>Tirai fuori un foglietto dal tascone della mia giacca. Vi diedi una rapida scorsa per controllare che tutto ciò che avessi scritto fosse giusto. Glielo allungai. <<Starò qualche mese via. Mi ospiterà una delle mie zie in Austria. Questo è l'indirizzo a cui potrai scrivermi. Io quell'apparecchio che mi avete regalato voi non lo so usare.>>
Sgranò gli occhi. Guardò il foglietto come a comprovare quello che avevo appena detto. <<Ma cosa cazzo dici! Perché? Sei matto?>>
<<Ho bisogno di capire qual è il mio ruolo. Nelle vostre faccende non ne ho molto. Forse devo stare da solo per un po'.>>
Lasciò scivolare le braccia fuori dal tavolo e la sua schiena fece un tuffo verso la sedia. Intanto erano arrivati i nostri tè. Allontanò la sua tazza con un mugugno.
<<È colpa mia?>>Scossi la testa.
<<E di chi? Di Riccardo? Ma lo sai come è fatto... ti prende per il culo, ma ti vuole bene... O forse è di tutti gli altri tre? Stanno un po' messi in un triumvirato amoroso, il che è abbastanza figo, ma hanno i loro problemi.>>
<<Voglio cambiare>> spiegai. <<Questa è l'unica decisione possibile.>>
<<Cazzate! Te ne vai in un posto dove la parola Katze non vuol dire pene ma gatti!>>sbuffò. <<Perché in Austria? Vai a Ostia, perlomeno!>>
<<Ho parenti lì.>>
Fece una lunga pausa. <<Mi lasci sola.>>
<<Ci sono gli altri. Non sarai sola.>>
Mi avevano detto che per un buon modo per annunciare una notizia è prepararsi il discorso con cui annunciare la notizia. Io lo avevo fatto e fino a quel momento avevo detto esattamente cosa avevo appuntato, ma Carla mi guardava con due occhi talmente smarriti che non riuscii a ricordarmi cos'altro ci fosse nel programma. Forse dovevo dirle che le volevo bene, ma proprio non ricordavo. Sentii una forte stretta al cuore che mi fece boccheggiare.
<<Oh, Carla!>> feci per prenderle la mano, ma lei si ritrasse.
<<No! Lasciami stare>> rispose stizzita. <<Tanto alla fine fate tutti i desaparecidos. Come mio padre. Sei come tutti gli altri. Anche tu. Nulla da eccepire.>>
<<Non dire così. Tornerò.>>
<<E se ci succedesse qualcosa?>>
<<Cosa dovrebbe succedervi?>>
<<Non lo so. Ma a noi capitano spesso le cose gravi.>>
Riformulai la domanda. <<Quale cosa mai dovrebbe capitarvi alla quale io sia in grado di riparare?>>
Da esangue, si fece di color verde. <<Allora è così! Ti senti inutile!>>
<<Un po'>> risposi in un soffio.
Si alzò e rimase ferma a guardarmi. Anche io la stavo guardando. Non disse nulla per un po'. Immaginai i suoi motteggiamenti silenziosi. Mi faceva pena, lì in piedi, i capelli scarmigliati, la borsetta nera con le frange che sistemava ogni dieci secondi sulla spalla instabile.
<<Per me non sei inutile.>>
<<Lo so.>>
<<Sei un minchione.>>
<<Ossia?>>
<<Un coglione.>>
<<Oh, capito.>> Annuii. <<Parto dopodomani.>>
<<Beh, buon viaggio. Chissà che quando torni non ci trovi tutti morti. O quasi.>> Accartocciò il fogliettino con l'indirizzo. Credetti per un momento che avesse deciso di buttarlo o di farlo calare nel suo tè oramai freddo, ma se lo infilò in tasca. Quella fu l'ultima volta che mi guardò negli occhi, prima di uscire con un incedere calzato e nervoso.
Nella strada verso casa il cielo si fece meno clemente. Cercai di ricordarmi se avevo inserito nei programmi di baciarla. Così, giusto per salutarla. Giusto per provare.
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Come promesso, la seconda parte dello scorso capitolo! Ora che è terminata la scuola, ho molto più tempo da dedicare alla scrittura.
Che ne pensate della scelta di Emanuele? Influenzerà le scelte di Carla o, in generale, di tutto il gruppo?Fatemi sapere che ne pensate nei commenti!
Grazie mille!
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I cinque nomi di Roma
General FictionLa storia tratteggia le vite di cinque amici che vivono a Roma, un sottofondo pulsante e onnipresente, che annebbia agli occhi altrui le personalità di Maddalena, adolescente sensitiva dotata di poteri di chiaroveggenza, innamorata del bell'Alessand...