Riccardo
<<Mi hai sentito?>> Maddalena mi strinse il polso e si sporse verso il mio viso. Insisteva perché la guardassi. <<Suona.>>
Inspirai a fondo. Riuscivo a sentire l'odore delle pagine consunte dal tempo e mangiate dalla polvere degli spartiti che una volta erano stati appoggiati sul leggio. Ora era vuoto, ma ne sapeva di scaffali antichi, di soffitte inesplorate, di attici dimenticati, di scatoloni mai aperti. Quando i pentagrammi ingiallivano, la musica diventava ancora più affascinante. Ci si sedeva e si iniziava a suonare con l'aria di un roditore, di un topo che spezzetta sotto i denti cimeli antichi.
Non dissi nulla.
Emanuele irruppe saltellando verso di noi. Si era vestito di un'improvvisa euforia che avrebbe dovuto riaccendere l'anima slavata che ora era in me. Toccò la cassetta in noce del grammofono appoggiato sul pianoforte. Neppure lo avevo notato. La sua grande bocca era dorata e lucidata, e un disco nero giaceva immobile sotto la punta sospesa a mezz'aria.<<Sì, è qualcosa di un po' più moderno rispetto al resto>> spiegò Emanuele. <<A Filiberto piace tanto. Dopo che finisce il suo giro di pulizie, ogni tanto viene qui, si inginocchia e prende ad ascoltare qualcosa: lo rilassa molto. A Maman invece spaventa assai: preferirebbe di gran lunga un'orchestra ben scelta e operativa solo per lei!>>
La Nardi si avvicinò, le mani congiunte ordinatamente in grembo, l'orlo del vestito verde che strisciava sul pavimento. Appoggiò una mano sul braccio di Emanuele e fece un cenno in direzione del giradischi. <<Facci ascoltare qualcosa. E' musica classica. Dev'essere assolutamente così, altrimenti perderesti la mia stima. Mozart? Beethoven? Pergolesi?>> Mi guardò. <<Sembri interessato. Sai suonare? Cosa ci suoni?>>
Le rivolsi un'occhiata in cagnesco, involontariamente accigliato. La mia mutezza burbera le fece abbassare lo sguardo. Poi però aggiunse: <<Oh, beh! Sembra che tu non voglia suonare... ma se sei navigato in disciplina, puoi almeno dirci qual è la tua composizione preferita.>>
<<Tristesse>> risposi con un filo di voce. <<Chopin.>>
Emanuele girò più volte la manopola del grammofono, poi posizionò la punta sul disco e rimanemmo tutti in attesa. Ne zampillò fuori una melodia saltellante, che rimaneva allegra e su note acute.<<Minuetto in Sol maggiore. Bach>> riconobbi. Con la coda dell'occhio vidi Maddalena sorridere. La guardai. <<Sai come si chiama la raccolta in cui era contenuto? Il Piccolo Libro di Anna Magdalena Bach. Magdalena.>>
<<Era...>> iniziò lei.
<<Sua moglie. Glielo diede in dono>> continuai.Mi tornò in mente tutto: i manuali di musica di mia madre che apparivano sul pianoforte solamente quando la nostra casa era vuota, e lei che, attraverso di me, cercava di ricucirsi vicino al cuore un ricordo d'amore che non voleva tenere lontano. Ignaro, mi piaceva essere l'ago e il filo con cui medicare la sua ferita. Ricordai la scatola di scarpe che mi metteva sotto i piedi quando, troppo piccolo e mingherlino, non arrivavo al pavimento e sprofondavo sul grande sgabello nero. Rammentai anche il piacere che traevo dal vedere le mie dita proiettare delle ombre sui tasti che, come lunghe stecche di cioccolato bianco, si lasciavano accarezzare e sprigionavano quel soffuso chiarore un poco vellutato quando le tende della camera erano tirate e non entrava molta luce. Allora quel gioiello brillava nella penombra, cantava nel buio, si faceva toccare come un'arpa, come uno strumento del cielo.
Serrai le labbra. Avevo promesso a mio padre che non lo avrei più fatto, che non avrei più dato voce a quella macchina musicale che a lui infastidiva tanto, con la debolezza di un bambino che non riusciva ad opporsi ad un ordine che piombava dall'alto come una minaccia.
Maddalena aveva fatto scivolare le dita sulle mie quando infransi il giuramento, e il sigillo della negazione si ruppe. Il mio orecchio era ancora abituato e non fu difficile cogliere le note e ripeterle. Il minuetto prese a fluire dalle mie dita. Le mie mani tornavano a partorire arte. Chiusi anche gli occhi. Aveva un bel suono, come il gemito delicato di una donna. Accarezzai i tasti come si accarezzano le cosce di un'amante, e più mi muovevo a destra verso le note acute, più pareva di raggiungere l'estasi, l'apice del godimento fisico, ma era un acme illusorio e si ridiscendeva verso il grave e si tornava a fare l'amore.
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I cinque nomi di Roma
Ficción GeneralLa storia tratteggia le vite di cinque amici che vivono a Roma, un sottofondo pulsante e onnipresente, che annebbia agli occhi altrui le personalità di Maddalena, adolescente sensitiva dotata di poteri di chiaroveggenza, innamorata del bell'Alessand...