Capitolo 7

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Celine si é rivelata un piccolo uragano, sempre pronta a mettere sottosopra la casa.
Sua sorella Chloe é uscita questa mattina per andare a scuola, lei invece é riuscita a convincere sua madre fingendo di stare male.
"Questo é l'ultimo giorno che stai a casa, sei mancata anche ieri" aveva ribadito severa la donna, ma il suo volto duro e serio non avrebbe avuto lunga durata, perché la bambina aveva iniziato a ballare in modo buffo.
Annoiata dalla lunga mattina da trascorrere in casa, Celine aveva trovato in Ian, un'ottima compagnia.
Lui non si stancava mai di rincorrerla e stare ai suoi giochi.
Proprio adesso, il bruno la sta facendo saltare in aria, per poi riprenderla dal busto.
Io sono esausta solo a guardarli, solo il pensiero di correre e giocare per più di quattro ore di fila mi distrugge.
Guardo tutto dal divano, che non posso assolutamente lasciare per via della ferita alla gamba.
Sono come imprigionata in mezzo ai cuscini visto che Ian non intende farmi alzare, per nessun motivo.
Un'ora fa, avevo approfittato della sua distrazione per cercare di sgranchirmi le gambe, ma sono caduta a terra, spalmandomi sul pavimento freddo.
Lui l'ha notato e mi ha sollevato come se fossi una fogliolina, per poi riposarmi nella mia gabbia di cuscini.
Odio non poter fare nulla.
Pretende sul serio che io stia qui ferma e immobile?

Sento un tonfo provenire da dietro il divano. Mi affaccio dal bracciolo e scorgo Ian sdraiato, con i capelli scombinati e le labbra schiuse, come se avesse appena finito una maratona; come dargli torto, é tutto il giorno che lo osservo scattare da un lato all'altro.
- Ti si sono scaricate le batterie?- chiedo nascondendo metà faccia dietro il divano.
- Qualcosa del genere- si porta una mano allo stomaco, come per controllare i suoi respiri.
-Posso alzarmi?- inclino la testa verso destra, sperando di intenerirlo.
-No- ribatte serio, anche se non fa nulla per imporre la sua risposta, come invece accade di solito.
Ora che é esausto forse cederà.
-Nemmeno per aiutarti?- é l'ultima cosa che vorrei fare, ma se voglio alzarmi devo cercare di convincerlo.
- Non sono in pericolo di vita- gli scappa un sorriso.
Io non ci vedo nulla di divertente, mi si stanno addormentando le gambe, non posso continuare a stare seduta.
- Nemmeno per prendere un bicchiere d'acqua?- questa é la mia ultima carta, ma sono sicura che non funzionerà.
- Se proprio ne hai bisogno, te lo vado a prendere io- sospira, stanco della mia insistenza.  
Sbuffo e sprofondo tra le coperte, pronta a deprimermi.
Sento delle mani afferrarmi il viso e inclinarlo all'indietro.
Mi ritrovo davanti due occhi scuri, di un castano così denso da confondersi con le pupille.
Ian si é inginocchiato a terra e ha appoggiato le braccia sul bracciolo del divano, mentre le sue dita sono poggiate sulle mie guance.
-Sei arrabbiata perché non ti faccio alzare?- alza un sopracciglio confuso, come se fosse una cosa stupida.
-Non dovrei?-
Il suo sguardo metterebbe in imbarazzo chiunque, é come se mi volesse scavare dentro in cerca del segreto più sporco della mia vita.
- lo faccio per te, non sei abbastanza forte per riuscire a camminare-   
Mi verrebbe voglia di dargli una testata. Lui non può sapere cosa posso o non posso fare.
- Va bene, visto che ne sei tanto convinta, ora ci proviamo-
Atteggiamento accondiscendente, sempre meglio di nulla.
-Aspetta, ci?- gli soffio sul viso per farlo allontanare.
-Certo, io ti aiuto- mentre, mi metto seduta, sbarazzandomi dei cuscini, stavano iniziando a diventare opprimenti.
-Non ho bisogno del tuo aiuto- mi alzo per dimostrarglielo.
Mi sgranchisco il corpo, alzando le braccia e portandole alla nuca.
Avanzo verso di lui, convinta di essere perfettamente guarita, ma appena scarico il peso sulla gamba, cede piegandosi in maniera innaturale, afferro le spalle di Ian e cadiamo entrambi sul pavimento.
Lo guardo, mantendo la presa sulle sue spalle, mi aspetto uno dei suoi "te l'avevo detto".
Ma lui scoppia a ridere fragorosamente e io sento il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente.
Il ritmo frenetico del suo corpo mi invoglia a fare altrettanto.
Dopo tanto tempo sento il suono della mia risata, ormai, pensavo di aver quasi dimenticato come si ride.
Non so esattamente cosa ci spinga a ridere come degli stupidi, so solo che é divertente.
Presto mi accorgo di sentire solo la mia voce rimbombare nella stanza, Ian si é zittito.
Il mio sguardo cade su di lui, in cerca di una spiegazione.
- Non ti avevo mai sentito ridere- dice toccandomi i capelli delicatamente.
Mi muovo per avvicinarmi di più, in modo da poterlo guardare in faccia, solo quando alzo la testa dal suo petto, mi accorgo di essere sopra di lui.
Avanzando, sento il mio corpo strisciare sul suo; una parte di me vuole fargli sentire la mancanza di quella relazione particolare che avevamo alla base, dello sgabuzzino e della sera in hotel. Lentamente mi avvicino e appoggio le mani sul pavimento, ai lati della sua testa.
I miei capelli ricadono a qualche centimetro dal suo viso, mentre cerco di sostenere il suo sguardo.
- Dovresti farlo più spesso- mormora toccandosi il labbro inferiore.
- Stiamo sempre parlando della mia risata, giusto?- inclino la testa sorridendo.
-Giusto- annuisce, forse più a se stesso che a me.
Il corpo di Celine si scaraventa sul mio, facendomi perdere l'equilibrio.
Cado affianco ad Ian, con la bambina attaccata allo stomaco; un placcaggio in piena regola.
-Guarda il mio disegno- esclama mentre sventola un foglio bianco.
Ci sono cinque persone, disegnate in un modo davvero buffo, la loro testa é molto più grande del corpo.
Due figure sembrano quasi identiche, se non fosse per i vestiti; una indossa una collana disegnata con dei cerchi molto grossi, suppongo rappresentino delle perle, nonostante siano di colore arancione; l'altra figura ha dei vestiti verde acqua; entrambe sono bionde ed alte uguali.
Poi ci sono altre due persone, un ragazzo e una ragazza, lui con i capelli corti, scuri ed i vestiti blu; lei ha i capelli castani lunghi fino ai piedi ed é vestita di nero.
Siamo io ed Ian.
Celine é la figura al centro del disegno, la più bassa tra tutte, con i capelli biondi e lunghi come i miei, é vestita di viola e ha un evidente sorriso dipinto sul volto.
Siamo tutti sopra un prato rigoglioso e il sole fa capolino dall'angolo in alto a destra.
- É stupendo- rispondo sinceramente, ha avuto davvero un pensiero dolcissimo.
Mi si scalda il cuore al pensiero che lei ci abbia aggiunti alla famiglia, noi siamo solo degli estranei, non dovrebbe vederci così.
- Concordo, é davvero il miglior disegno che io abbia mai visto- commenta Ian prendendola in braccio.
- Sul serio?- ride e gioca con i suoi capelli.
- Certo- conferma il ragazzo lasciandosi toccare.
La bimba sembra affascinata dal suo aspetto, dal modo in cui tutto nel suo viso sembra incastrarsi armoniosamente.

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