Capitolo 30

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Alexa

-Ti tengo d'occhio-
Frase che mi aveva suscitato una risata, e non sono stata l'unica, ma che adesso il solo pensiero mi provoca i brividi.
Non può davvero farlo.
Ho bisogno che si distragga il più possibile.
Cercare Kira.
Questa è la fase uno.

Mi aggiro tra gli invitati soffermandomi sui loro visi il tempo necessario per controllarli e passare al prossimo.
È impossibile non attirare l'attenzione vestendo il mio ruolo, con la coda nell'occhio osservano tutti le mie mosse, indecisi se venirmi incontro o meno.
Ma una coppia ha evidentemente optato per la prima visto che si stanno dirigendo spediti verso di me.
La signora incita il marito ad andare più veloce tirandolo per la camicia bianca.
Lei invece, mulatta, mette in risalto la sua pelle con un lungo e vaporoso vestito dorato, uno dei più sfarzosi della festa oserei dire.
Non ci posso credere.
È così palese.
-Excusez nous, volevamo sapere il tuo nome, chère- rimango sorpresa dal loro accento, non ho la più pallida idea del significato delle parole ad inizio e fine frase, ma sembravano dolci, così come il loro sguardo.
-Alexa Evans- rispondo sapendo già di non essere quello che cercano.
-Je te l'avais dit, Jean! C'est trop pâle- esclama rivolgendosi all'uomo, è impulsiva proprio come sua figlia.
Sebbene non capisca nemmeno una parola della loro lingua, avverto il senso del messaggio, speravano che io fossi figlia loro, un po' come quasi tutti in questa stanza, solo che sono stati gli unici ad avere il coraggio di parlarmi.
-Perdonaci, dovevamo almeno chiedertelo, nostra figlia si chiama Re-
-Renee Campbell- sorrido quando il loro volto si illumina, è passato diverso tempo da quando ho visto persone così spontanee.
-Ma chèrie!- si lascia scappare quasi tra le lacrime, sobbalzo quando mi stringe in una morsa quasi dolorosa, attirando l'attenzione di tutti i presenti.
-Il suo vero cognome è Bonet, ma nom de famille, ma quando se la sono presa hanno detto che- il marito le mette una mano sulla spalla, ha decisamente l'indole più calma tra i due.
-Lasciamo stare questa storia- commenta in un inglese migliore, l'accento particolare si avverte molto meno.
-NO! Avevamo deciso che si sarebbe chiamata Bonet! Ma quei raciste non l'hanno accettato, troppo diverso dagli altri, troppo reconnaissable. Quindi le hanno messo il tuo-
Avverto anche altri sguardi addosso, la donna che ho davanti non sembra notarli, deve essere normale per lei.
Credo che il suo atteggiamento così turbolento non si limiti solo a questo argomento.
-Non che abbia qualcosa in contrario, cher, è una questione di principio- sospira in conclusione, appoggiando il volto sulla spalla dell'uomo in segno di affetto.
Sono proprio come lei.
La loro dinamicità mi mette in soggezione ma allo stesso tempo mi attrae. Sono così diversi da me, perfino comprenderli mi viene difficile.
-Vostra figlia era la mia compagna di stanza e unica amica- dico tutto d'un fiato, prima che possano inziare un'altra discussione.
-Ti prego, parlaci di lei- mi afferra la mano, stringendola tra le sue scure come il legno. Pensavo che lui fosse il più distaccato, invece dimostra la sua impulsività in altre forme, come il contatto fisico.
-Dimmi che è diventata une grande femme, deve essere così- mi incalza la madre, non riescono a contenere le loro emozioni, perfino i loro movimenti sono diventati frenetici ed impazienti, e ci conosciamo da appena due minuti.
-Sì, è una grande donna. Molti l'ammirano, è forte, indipendente e sicura di sè- è strano pensare a Renee adesso, sembra passata una vita.
Era un'altra vita, ma ho intenzione di ritrovarla.
-Proprio come la madre- le lancia una sguardo di adorazione che mi fa sciogliere interiormente, non pensavo di essere sensibile a queste cose.
-Bien sûr! Elle est ma fille!- risponde lei spezzando il momento, il signore non può far a meno che scuotere la testa guardando il cielo.
-Renee è..- mi mordo il labbro, mi rendo conto di quanto sia complesso descrivergli qualcuno che non hanno mai visto, ma su cui hanno alte aspettative.
-Une bombe- il padre completa la mia frase, sicuro di aver azzeccato.
-Decisamente- annuisco con enfasi, Renee è proprio una bomba, pronta ad esplodere al più piccolo problema che la intralci.
-Altre cose!- chiede avida, starebbero a parlare con me per ore, e stranamente non mi dispiacerebbe, potrebbe essere divertente, ma ho del lavoro da fare.
-Si sveglia presto ogni mattina, in modo da riuscire a fare tutto quello che ha stabilito- sparo la prima infotmazione che mi viene in mente, mi sto già proiettando avanti, il tempo scorre.
-Comme toi, les deux têtes dures-
L'affermazione per me incomprensibile fa sorridere l'uomo in camicia bianca.
-Qual è il suo talento?-
-Salto in alto, è davvero una grande atleta- l'uomo annuisce, la sua espressione è serena, mentre la moglie si acciglia repentinamente.
- Ce n'est pas possible! Lei è una stilista, io lo so! Avrei provato tutti i suoi abiti e ci saremmo divertite molto- la sua voce s'inclina per poi sfociare nel pianto. Un pianto che sembra esser iniziato molto tempo fa.
Ed è impossibile interromperlo.
Il suo compagno la stringe tra le braccia, il più possibile.
-elle est une designer comme toi- sussurra sia al marito che a se stessa, sto per rassicurarla, per dirle che ha ragione che Renee ha delle abilità particolari in questo campo, ma credo che abbia solo bisogno di un po' di tempo.
-Je suis une bonne mère, non?- questa volta non si sforza nemmeno di farsi capire, sta parlando con il cuore e sebbene io non abbia le competenze per tradurre, percepisco il suo dolore.
È così forte da colpire pure me, mi sento quasi in colpa per aver conosciuto Renee al posto loro, è stupido, ma è la prima cosa a cui penso.
Non l'ho apprezzata abbastanza, non sono stata una vera amica.
Non so se potrò mai recuperare.
-Quando avevamo dieci anni davanti la nostra camera c'era una fila lunghissima perchè tutti volevano farsi fare dei braccialetti da Renee, si divertiva a raccogliere tutti i materiali in giro per la Base e poi li usava per costruire accessori- non sono una brava narratrice, spero solo di esserlo abbastanza da rassicurarla.
-Spesso mi usava come modella per i suoi abiti, ma non sono mai stata una buona candidata. Quindi sì, vostra figlia ha un dono per questo, ma fino a quando rimarrà dentro la Base non potrà mai svilupparlo-
Nessuno sa quanto siano sterili le pareti di quel luogo, di quanto ogni forma artistica è destinata con il tempo a seccarsi.
Si guardano per un attimo annuendo, è la mia occasione per troncare il discorso, non ho molto tempo.
-Vi prego di scusarmi adesso- con un cenno del capo mi allontano mentre entrambi i genitori creano una scia di ringraziamenti nella loro particolare lingua alle mie spalle.

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