Capitolo 9

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-Alexa!- grida la bambina arrampicandosi sul divano.
-Posso giocare con i tuoi capelli?- mentre mi tira verso di sé, facendomi quasi cadere sul pavimento.
Non so come possa trovare divertente acconciarmi i capelli.
Lancio uno sguardo ad Ian, per avere un consiglio su come devo comportarmi; ma lui si limita a sorridermi.
- Non puoi rifiutare e poi, così c'è più spazio sul divano!- mi spinge fuori dal mio posto.
Atterro con le ginocchia sul parquet freddo e scivoloso.
Quasi mi manca il suo atteggiamento premuroso nei miei confronti, ma sembra essersi dissolto da quando sono guarita del tutto.
Mi siedo a gambe incrociate, dando le spalle a Celine.
Lei sembra divertirsi ad intrecciare le ciocche castane, a cui io non ho mai prestato attenzione in tutti questi anni; semplicemente li tagliavo quando diventavano troppo lunghi.
-Sono stupendi- mormora continuando con i suoi movimenti delicati.
-Sono capelli- sorrido, non ho mai dato troppa importanza al mio aspetto fisico.
L'unica cosa che mi importava era trovare il mio talento; pensavo che una volta trovato sarei stata illuminata da chissà quale luce meravigliosa e tutti i miei problemi si sarebbero risolti.
-I tuoi sono lunghi come i miei- le faccio notare.
-Sì, ma io non so farlo su di me-
Ribatte delusa.
-Allora, potremmo imparare insieme- sorrido e aspetto la sua risposta.
Lei molla le ciocche che stava tenendo in mano e saltella felice.
Poi, quando decide che saltellare non è sufficiente per scaricare la sua energia, mi salta addosso.
Mi stringe forte, appoggiando la testa sulla mia spalla.
È così dolce.
Chiudo gli occhi, perdendomi in quel abbraccio, mi fa sentire così bene.
Mi alzo, ancora con lei attaccata, mentre cammino la prendo per le gambe, in modo che non possa cadere.
-Vai nella stanza di Chloe, ci deve essere il computer- mi dice, a quanto sembra non ha nessuna intenzione di scendere.
La stanza della sorella è colorata, ci sono cartelloni, fogli e foto ovunque.
Il letto è pieno di vestiti, così come la sedia.
Il colore originario delle pareti è difficile da dire, è quasi tutto rivestito e coperto.
Il computer è sopra la scrivania, sotterrato da matite e libri vari.
Celine si sporge e lo recupera, facendo cadere l'ammasso di cose a terra.
Ci guardiamo, colpevoli.
-Nessuna di noi due è mai stata qui- afferma ridendo.
Annuisco e usciamo in fretta dalla camera, sperando di non aver lasciato altre tracce del nostro passaggio.
Mentre Celine traffica con il computer seduta alle mie spalle, osservo Ian, che sta dormendo profondamente.
Ultimamente è così stanco che mantiene gli occhi aperti solo per qualche ora, per poi crollare sul letto.
- Perché Ian si addormenta sempre?- chiede la bimba beccandomi mentre lo guardo.
- Non lo so- alzo le spalle, non è da lui.
-Credi sia colpa mia? È troppo grande per giocare con me?- si volta verso di me con le lacrime agli occhi.
- No, non è colpa tua. Lui è contento di stare con te, probabilmente è solo stressato- le sorrido e cerco di rincuorarla.
E se si mette a piangere, che faccio?
Invece Celine sembra aver capito e annuisce, per poi avvicinarsi a me.
Lo schermo del computer mostra una ragazza, molto carina direi, sul punto di iniziare l'acconciatura.
Prende tre ciocche vicino alla cute e inizia ad intrecciarle.
Cerco di imitarla, ma i miei movimenti sono molto più lenti dei suoi, ormai esperti e sicuri.
Il fatto di non poter vedere che cosa sto combinando mi fa innervosire.

Alla fine del video tasto la mia testa, in cerca di capelli fuori posto o fuggiti alla mia presa, ma sembra tutto abbastanza sistemato.
Guardo la bimba, ancora con tre ciocche in mano e i capelli tutti annodati.
Dopo aver legato anche la seconda treccia, tocca il suo lavoro e sente con delusione che ha combinato un disastro.
Ride in modo così sincero da contagiare anche me.
Poi scatta in piedi e corre nella sua stanza.
-Tra poco torna mamma, devo finire i compiti!- urla dal corridoio.
Mi volto di scatto verso Ian, temendo possa essersi svegliato; ma lui continua dormire tranquillamente.
Qualcosa non mi convince.
E se fosse malato?
Mi avvicino a lui e gli passo la mano sulla fronte, ma non mostra nessun sintomo febbrile.

La luce sparisce per un attimo, mi volto verso la lampadina che si sforza per rimanere accesa, alternando i momenti di fioca luminosità a quelli in cui non riesco a vedere nulla.
Presto, come mi aspettavo, vengo inghiottita dall'oscurità.
Arretro fino a scontrarmi contro il divano, non mi piace questa situazione.
Sono quasi tentata dal svegliare Ian.
Una folata di vento si abbatte sulla mia faccia, facendomi rabbrividire.
Forse Celine ha lasciato la finestra aperta.
Non voglio andare a controllare, non ho intenzione di muovermi.
Un fruscio leggero mi fa sobbalzare, il rumore familiare di carta, quel tipo di carta.
Un biglietto arriva ai miei piedi, depositandosi in bella vista, invitandomi a leggerlo.
Lui non può sopprimerci.

Sopprimere chi?
Mi guardo in giro, pretendendo spiegazioni.
Come può la mia mente essere così contorta da diventare incomprensibile anche per me?
Il secondo foglio non tarda ad arrivare.
Siamo parte di te.

-Chi siete?- oso chiedere a voce alta.
Nessuna risposta. Nessuna lettera.
Mi alzo e cerco di accendere la luce del lampadario, sono stanca di questa situazione e non posso credere di non riuscire a controllare tutto il casino nella mia testa.
Qualcuno mi afferra le spalle e sento delle mani particolarmente ossute, stringere la mia carne.
-Il futuro- mormora una voce roca.
Faccio un respiro profondo e cerco di mantenere la calma.
Non può succedermi nulla, sto solo immaginando; tanto vale rischiare.
-Di chi hai paura?- le mani tremano ma non mollano la presa, non posso sfuggirgli.
Il futuro ha paura.
- Il ragazzo con il dono vuole ostacolarci, non lasciarti abbindolare dai suoi modi gentili- gracchia l'essere alle mie spalle.
La sua voce è così antica da portare con sé mille odori diversi, completamente nuovi per me.
-Lui non vuole farti del male- ribatto, si riferisce sicuramente ad Ian.
- Invece sì, lui vuole distruggermi- grida con voce acuta, con un timbro diverso, più femminile, spaccandomi i timpani.
- Stai lontana dal ragazzo con il dono, non ti fidare- stringe la presa fino a schiacciarmi.
- Non posso- continuo testarda nonostante il dolore, Ian è l'unica cosa che mi rimane.
- Lui non vuole che tu sia speciale- continua ad urlarmi nelle orecchie, non riesco più a sopportarlo.
-Ti prego, non urlare- ribatto quasi al limite.
-Ti va di guardarmi in faccia?- mormora con voce calma e profonda.
Vorrei davvero associare tutte queste voci ad un'immagine, attribuirgli un aspetto.
Ma non è la decisione giusta, non adesso.
-Non è il momento- dico decisa.
-Su, non vuoi sapere quello che ti aspetterà?- mi tenta ridendo con la voce infantile di un bambino.
- Per ora voglio stare tranquilla, lasciami sola- Non può fare quello che gli pare, devo imparare a controllarlo.

Sparisce in fretta e la luce torna, cacciando il buio.
Mi sento la testa pesante e il corpo privo di ogni forza.
Cado a terra con un tonfo sordo.
Il bruno si alza di scatto e mi raggiunge buttandosi in ginocchio.
- Cosa ti succede? La gamba?- chiede preoccupato con la voce ancora impastata dal sonno.
-Cosa hai fatto?- sussurro a bassa voce.
- Non so di cosa stai parlando- inizia ad accarezzarmi la schiena lentamente.
- Lo sai; è il motivo per cui dormi sempre- cerco di sedermi, ma con la testa dolorante mi viene difficile fare qualsiasi cosa.
Abbassa leggermente il viso, colpevole.
-Ho solo bloccato le tue visioni- dice semplicemente.
Spalanco gli occhi, come fa ad ammetterlo in questo modo, come se non fosse importante.
- Come? Tu non hai potere su di me-
Siamo uno di fronte all'altro, mi deve dire tutta la verità.
- Non posso manipolarti, ma posso fermare le tue visioni- finalmente sostiene il mio sguardo.
- Mi causa degli effetti collaterali come l'affaticamento e la stanchezza, ma non mi pento di ciò che sto facendo- punta i suoi occhi scuri sui miei.
Lui non può fare una cosa del genere, nessuno glielo ha chiesto.
-Perché?-
È tutta la vita che cerco il mio talento, adesso non può arrivare lui e togliermelo con la mente.
Porta una mano sulla mia guancia e si avvicina.
-Perché la notte venivi scossa da incubi, iniziavi a parlare da sola e ti contorcevi-
Perché io non ricordo tutto questo?
E se davvero stessi perdendo il controllo?
Allontano la sua mano dal mio volto, non voglio che mi tocchi.
-Cercano sempre tutti di controllare il mio talento- commento alzandomi.
Lui fa lo stesso e mi segue, mentre io cerco di evitarlo, ma la stanza non è molto grande, l'unica mia speranza per evitarlo sarebbe scappare in corridoio.
Mia madre e adesso lui.
-Alexa-
Incrocio le braccia al petto e guardo  pavimento.
-Evans- mi richiama e questa volta alzo lo sguardo; sorride.
-Ci sono state tante volte in cui ho desiderato di poterti manipolare, tutte quelle volte in cui non mi hai dato retta, in cui non sei caduta ai miei piedi o quando mi servivano dettagli per quella stupida relazione- si ferma, avvicinandosi di più.
-Ma quello che ho fatto non era a mio vantaggio, perché non mi importa, puoi svegliarmi ogni notte in preda ai tuoi strani incubi; ma non riesco a vederti soffrire per delle stupide visioni- finisce di parlare e mi osserva attento, per capire se ho recepito il messaggio.
Non so cosa pensare di lui.
-Fidati di me- dice quando i nostri sguardi s'incrociano.
Riesco davvero a fidarmi di qualcuno?
Avanza di un altro passo cauto, come se potessi ucciderlo.
Mi abbraccia lentamente, ha paura di fare la mossa sbagliata.
-Evans, fidati di me- ripete vicino al mio orecchio.
Non so se è lui ad essere persuasivo o io ad essermi completamente abbandonata alle sue parole.
Sono così dolci e gentili, non come quelle nella mia testa, così rude e stridule da graffiarmi la mente.
Annuisco, voglio provare a credere in lui.
-Dillo- mi esorta, stringendomi.
Apro la bocca e penso alle parole di poco prima, mi raccomandavano di stare attenta.
Non vedo nessuna minaccia in Ian.
-Mi fido di te, Mitchell-

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