Capitolo 18

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Alexa

Le parole di quel ragazzo riaccendono in me lo spirito combattivo che mostravo alla Base.
Adoro le sfide, soprattutto se il mio avversario tende a sottovalutarmi, spesso è proprio questo dettaglio la causa della mia vittoria.
Lancio un'occhiata ad Ian, lui non sembra preoccupato, o almeno, non lo dà a vedere.
Non so quanta fiducia abbia esattamante nelle mie abilità.
-Allora, ti muovi?- replica seccato lo sconosciuto mentre s'incammina verso un altro lato del locale rimasto fino ad ora al buio.
Evito di ribattere, non sono alla Base e da questa sfida non dipende solo la mia vita, le mosse azzardate sono fuori discussione.
Una lampada a led illumina un normale tavolo da biliardo, sembra abbastanza antico.
-Sai come si gioca?- dice con tono provocatorio, mentre accarezza con insolita dolcezza i bordi del tavolo da gioco.
-Sì- rispondo senza aggiungere altro, ho visto alcuni ragazzi fare delle partite, ma non ho mai osato avvicinarmi nè provare a giocare, non mi serviva un'altra umiliazione.

Mi porge una stecca e del gesso, ma prima che io possa afferlarla la ritira verso di sè. Il mio sguardo rimane impassibile e quando cerca di ripetere il giochetto riesco ad afferrare saldamente la barra di legno, sono stata così decisa che ho paura si spezzi tra le mie dita.
-Smettila di trattarmi come un'idiota- sibilio allontanandomi, devo riuscire a controllare il mio senso di rabbia nei suoi confronti.
Ai miei occhi lui reincarna tutte le persone peggiori con cui mi sono scontrata alla Base, con cui io ho perso.
Non questa volta.

-Ti tratto così perchè non riesco ad inquadrarti. Il tuo amico è un genio, ma tu, sembri solo inutile-
Inutile.
Le poche volte in cui venivo considerata dai miei coetanei, questa parola era sempre tra le loro labbra.
-Non ti serve capirlo per giocare-
Lui non replica, si piega in avanti per dare inizio alla partita.
I suoi movimenti, le posizioni e l'espressione non lasciano dubbi sul fatto che sia un professionista.
Eppure non mi intimorisce come il ragazzo di prima, la sua intelligenza era brillante. L'avversario che ho davanti invece, sembra pieno di punti deboli, facile da manipolare.
Sto pensando come Ian.

I restanti di questo strano locale si posizionano in silenzio intorno a noi, lasciandoci lo spazio per poterci muovere intorno al tavolo.
Mette in buca una palla a strisce, quindi a me toccano le piene.
Mi concedo un secondo per chiudere gli occhi ed accompagnare la mia mente alla stabilità di cui necessito.
Stabile.
Non credo che lo sarò mai.

Ho capito da tempo che la prima mossa è tra le più importanti, non solo per il risultato finale della partita, è anche una questione psicologica.
È la tua presentazione e deve essere bastanza convincente da far sobbalzare avversari e spettatori.
Tutti devono riconoscere l'errore che questo ragazzo ha commesso sfidandomi.

Mi avvicino al tavolo, osservando la posizione delle biglie.
Lo sfondo verde fa risaltare i loro colori lucidi.
Le mie dita accarezzano la superfice di legno, quasi in modo scaramantico.
Prima di fare la mia mossa cerco tra i volti sconosciuti gli occhi di Ian, un suo incoraggiamento mi sarebbe utile.
Non riesco a scorgerlo e dopo qualche secondo i visi cuoriosi di queste persone si confondono, si mescolano tra loro con facilità.
Non ho bisogno di lui per far bene qualcosa.
Devo solo ricordarmi che ho vissuto anni senza l'aiuto e il supporto di nessuno, posso farlo anche adesso.
Ricordare.. com'è difficile per me.

Un rumore mi sveglia dai miei pensieri.
Una biglia è entrata in buca.
Ho giocato senza nemmeno accorgermene, senza nessuna strategia.
È stato un gesto naturale, come se non dovessi impegnarmi per calcolare e prendere la mira.

-Non male, piccola- lascia la presa sul labbro ormai torturato dai denti e si avvicina al tavolo per il suo turno.
Cerco di sembrare impassibile sotto le sue provocazioni, non voglio perdere il controllo della situazione.
Sta procedendo tutto come mi aspettavo, non creerò problemi solo per il mio orgoglio.

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