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"Someone who knows when you're lost and you're scared
There through the highs and the lows
Someone to count on, someone who cares
Beside you wherever you go."
GIFT OF A FRIEND – DEMI LOVATO

BLUE
"Ehi straniera!" La voce di Alaska mi accolse non appena misi piede all'interno del Dirty Shame.

Le sorrisi avvicinandomi al bancone e sedendomi al mio solito posto. "Ma come siamo allegre oggi", commentai divertita dalla sua euforia.

"Il sole splende, gli uccellini cinguettano e i cagnolini abbaiano felici", iniziò, saltellando dietro al bancone mentre cercava di prepararmi il mio solito caffè senza creare danni. "Ah, approposito di cagnolini, dove hai lasciato il tuo?"

Aggrottai le sopracciglia confusa. "Di che cagnolino stai parlando? Io non ho animali", risposi, iniziando a chiedermi se nella sua colazione quella mattina non si fosse messa un goccetto di qualcosa che non avrebbe dovuto bere.

Un sorrisetto divertito le si formò sul volto, mentre si avvicinava per rispondere alla mia domanda, "Parlavo di Jamie", disse facendo un occhiolino ed allontanandosi velocemente, prima che potessi lanciarle addosso la prima cosa che mi capitava a tiro.

"Idiota", commentai ridendo mio malgrado, "non è il mio cagnolino. E comunque, non che ti riguardi, è a casa a dormire. Non si è ancora abituato al fuso orario."

"Mh", fece lei, posandomi di fronte una tazza fumante di caffè appena fatto, "comunque devi capire la mia perplessità a riguardo. In sei mesi non hai mai parlato di lui a nessuno, poi torni e magicamente lui decide di volare dall'altra parte del mondo con te. È un po' strano, non pensi?" iniziò, aggrottando le sopracciglia. "Da quanto state insieme? Due, tre mesi? C'è qualcosa che non mi quadra."

Sapevo che non lo diceva con cattiveria. Sapevo che voleva solamente il meglio per me, ma forse la pensava così perché non sapeva tutta la storia.

Per un secondo fui tentata di svelarle tutto e subito, ma fortunatamente il campanello della porta d'entrata attirò la nostra attenzione.

"Alaska", la voce di Malcom rimbombò alle mie spalle, decisi di non voltarmi. "Non ti distrarre e fai il tuo lavoro", aggiunse, e poi sentii l'ennesima porta aprirsi e richiudersi, segno che si era andato a rintanare nel suo ufficio.

"Noto con dispiacere che il nuovo anno non ha giovato al carattere di merda di quell'uomo", commentai, sorseggiando il mio caffè ed osservando lo sguardo colmo d'ira che Alaska stava indirizzando verso la porta chiusa dietro la quale si trovava il suo capo.

"Lascia perdere guarda, l'altro giorno stavo per lanciargli in faccia il bollitore dell'acqua. È una tale testa di cazzo, non lo sopporto più", sbuffò, accingendosi a lavare delle tazzine sporche che erano buttate nel lavandino, "Se vado avanti così, rischio di finire in prigione per omicidio premeditato."

Il mio primo impulso fu quello di ridere, ma optai per mordermi un labbro e nascondere la mia ilarità ai suoi occhi. Più la vedevo stressata a causa del suo lavoro, più mi sembrava perfetta la situazione che avevo in testa.

'Le piacerà", continuavo a ripetermi, 'piacerà ad entrambi'.

"A proposito di omicidi premeditati, dov'è il tuo compagno di premeditazione? È un po' che non vedo Danny in giro", esclamai, guardandomi attorno.

"L'amico Daniel si è dato malato, ma parliamoci chiaro.." fece Alaska con una smorfia stampata in volto, "il cretino sta palesemente cercando di evitare Mali. È un'idiota", concluse, alzando gli occhi al cielo divertita.

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