"Metaphorically, I'm the man
But literally, I don't know what I'd do
'I'd live for you' and that's hard to do
Even harder to say,
When you know it's not true."
RIDE – TWENTY ONE PILOTSGEMMA
Mi piaceva viaggiare. Ma, ancor di più che giungere alla meta, amavo l'aspettativa. Le speranze più dorate si radunavano alla base della tua mente e ti cullavano con i loro fumi tiepidi e rassicuranti, come una sorta di incenso dolce-amaro.Avevo avuto moltissimo tempo per crogiolarmi nell'aspettativa sull'aereo, diretta a Las Vegas, talmente tanto che ormai non stavo decisamente più nella pelle. Il bisogno di vedere Ashton era tanto forte da farmi tremare le mani, come in una crisi d'astinenza. Avevo raggiunto il limite di sopportazione, avevo bisogno di nutrirmi di lui, di divorare le sue labbra e tuffarmi nel suo sguardo smeraldineo tinto di sabbia dorata.
La colpa si era insinuata nel mio cuore per aver allontanato così pericolosamente l'amore della mia vita senza la minima esitazione. Nei pochi minuti che ero riuscita a chiudere gli occhi sull'aereo l'unica cosa che ero riuscita a portare alla mente era stata l'immagine di Ashton sulla porta di casa mia che mi osservava sgommare via con sguardo così addolorato da spezzare il cuore. Avevo cercato di riportare alla mente i suoi baci intensi e bollenti come caramello fuso, ma quell'immagine del suo dolore aveva continuato imperterrita a tormentarmi.
Se fossi stata una persona normale, senza la maledizione del mio sangue, dopo aver sbollito l'irritazione, mi sarei precipitata in aeroporto per salutare il mio futuro marito, augurargli buon viaggio e ribadire l'amore incondizionato che mi legava a lui.
Ma no, sarebbe stato troppo facile.
Invece, da brava testa di cazzo Styles qual ero, mi ero rifugiata in uno Starbucks a rimpinzarmi di Cinnamon rolls e Mocaccino, sfruttando il Wi-Fi gratis e ascoltando due ragazzine ciarlare delle loro novelle cottarelle fatte di tiri e molla e sms allusivi. E mi ero decisamente vergognata di me stessa, quando, dopo aver alzato gli occhi al cielo sentendo parlare una di loro di un certo stronzo che non aggiornava mai la sua pagina Facebook, mi ero ritrovata ad imprecare verso un certo stronzo che non si era nemmeno degnato di pubblicare un tweet per i fans dove gli assicurava di essere ancora vivo.
Avrei dovuto chiamarlo, avrei dovuto chiamarlo quella sera stessa. E invece avevo rimandato. E rimandato. E rimandato. Fino alla chiacchierata con mia madre, che mi aveva finalmente fatto notare in che misura vergognosa fossi una testa di cazzo.
Avevo riletto quel messaggio almeno un centinaio di volte da quando l'avevo trovato, appena scesa dall'aereo. L'aveva mandato qualche ora prima, nel pieno della notte, forse perché anche lui, come me, non riusciva a chiudere occhio senza la propria anima gemella assopita al suo fianco.
"Siamo arrivati, signorina" mi richiamò alla realtà l'autista, che si era perfino voltato a guardarmi per capire perché non mi decidessi a scendere.
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give me love
Fiksi Penggemar[SEQUEL di photograph] "Amare è essere egoisti", aggiunse dopo una breve pausa, cercando le parole giuste, "perché per quanto tu possa volere che l'altra persona sia felice, la sola idea che possa esserlo con qualcuno che non sei tu, ti disgusta."