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"I met you in the dark
You lit me up
You make me feel as though
I was enough."
SAY YOU WON'T LET GO – JAMES ARTHUR

LUKE

"Ti stavo cercando." Furono le esatte parole che mi spinsero a voltarmi leggermente a destra, per incontrare la figura della persona che le aveva appena pronunciate.

Non appena i miei occhi incontrarono il viso stanco di Blue, un sospiro di sollievo lasciò le mie labbra. La paura che stesse tentando di evitarmi si era insediata dentro di me fin da quando, quella mattina, ero andato a bussare alla sua stanza e Alaska mi aveva detto che stava ancora dormendo.

Sapevo che non era vero.

Conoscevo Blue. E conoscendola sapevo che le capitava davvero raramente di svegliarsi tanto tardi, per cui la paura che stesse cercando di evitarmi, mi aveva assalito in un istante.

Ringraziai Dio che quella mia paura fosse stata tutta frutto della mia immaginazione fin troppo sviluppata.

Lei era lì, accanto a me, e mi stava cercando.

"Ti stavo cercando anch'io", risposi semplicemente, alzando la tazza di caffè che stringevo nella mano destra e portandomela alle labbra per berne un sorso.

Qualche secondo di silenzio seguì le mie parole, silenzio che  fu spezzato poi dai suoi movimenti. Prese lo sgabello accanto al mio, lo trascinò leggermente all'indietro e si sedette al mio fianco al bancone del bar dell'Hotel in cui alloggiavamo; dopodiché fece un cenno al barista ed indicò la mia tazza per chiedere di farsene portare uno a sua volta.

"Era un po' che non ti vedevo bere caffè", commentai sovrappensiero, osservando mentre il barista le versava il liquido caldo e scuro in una tazza gemella alla mia. "Sai, c'è stato un periodo l'anno scorso, che sono arrivato a pensare che ti nutrissi solo di quello... solo di caffè", ricordai, lasciando che una piccola risata saturasse l'aria, risata che fu accompagnata dalla sua, più flebile ma pur sempre presente.

"Ognuno ha le sue dipendenze", scherzò lei, mentre un sorriso stanco le si dipingeva in volto.

Mi concedetti ancora qualche istante per guardarla e mi ci volle talmente poco per ricordare i mesi passati, che un susseguirsi di ricordi mi pervase, riportandomi in qualche modo alla realtà.

Le giornate passate al Dirty Shame a bere caffè circondati dalla nostra seconda famiglia. Le serate passate a casa sua, sul divano, con niente più che pizza e una marea di DVD a tenerci compagnia. Le tante fotografie. La fiducia che aveva avuto in me, tanta da riuscire a raccontarmi momenti della sua vita che avrebbe solo voluto dimenticare, o forse voleva semplicemente accettarli per quello che erano... il passato.

"Sembra tutto così strano...", iniziò lei dopo qualche minuto, accarezzando la tazza che teneva in mano, "quasi surreale", aggiunse, alzando gli occhi poi su di me.

Decisi di non intervenire, decisi di lasciarla parlare.

Forse perché avevo passato tutti questi mesi a parlare nella mia testa, senza riuscire mai a capire il senso di ciò che stessi provando, o meglio, di ciò che mi ero convinto di star provando. Forse perché  per una volta, volevo semplicemente spegnere tutto e ascoltare ciò che stava accadendo dagli occhi di qualcuno che non fossi io, di qualcuno di cui mi fidavo, di qualcuno a cui tenevo.

Volevo capire cosa stava accadendo a noi, alla mia vita, ma volevo capirlo dagli occhi di Blue.

"Ho talmente tante cose in testa e sento la necessità di buttarle fuori", mormorò confusa, "ho bisogno di parlarti e di dirti tutto ciò che penso e che sento ma per la prima volta c'è qualcosa che mi blocca", aggiunse, abbassando gli occhi sulle sue mani, "non mi era mai capitato di non riuscire a parlare, non con te Luke. Ti ho sempre detto tutto senza alcuna esitazione, mi fidavo di te e mi fido ancora di te, ma..." si fermò un attimo, mordendosi il labbro nervosamente.

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