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"The choices we make change the path that we take
But I know
That somewhere out there there's a path that we chose
There's a life that we share, there's a love and it grows"
GOLDEN – ZAYN

GEMMA
"Mamma?" chiamai, entrando in casa, gettando la borsa su una delle poltrone del salotto e sfilandomi gli Ugg dai piedi, lasciandoli disseminati sul parquet, mentre mi dirigevo verso la cucina. "Madre?", riprovai, con tono più ombroso, come quello di una sorta di lord fastidiosamente autoritario.

"Perché i miei figli non riescono a chiamarmi in un modo normale?" chiese non appena ebbi superato la porta della cucina, dove anche lei si trovava. E, ovviamente, era seduta per terra, davanti al forno, ad osservare il suo interno con la concentrazione con cui si osservava il proprio programma preferito.

"Cosa danno oggi, Doctor Who?" la presi in giro , aggrappandomi al bordo di marmo del piano cucina per lasciarmi cadere a sedere al suo fianco, davanti al formo, che cullava con il suo bruciante calore una meravigliosa teglia di muffins. Lei non rispose, troppo impegnata ad osservare i dolci con maniacale attenzione.

"Spiegami perché passi il tuo tempo a guardare fisso il forno, ti prego", la implorai, " e che sia una risposta convincente, perché comincio ad avere paura".

Lei ridacchiò. "Se li guardo attentamente loro non osano bruciare".

Io voltai lo sguardo verso il suo viso e sollevai un sopracciglio; quando lei se ne accorse scoppiò a ridere, dandomi uno schiaffo sulla coscia ricoperta dai jeans. "Comincio a pensare che ci sia davvero qualcosa che non va con la nostra famiglia..." considerai.

"Beh, se davvero l'hai capito solo ora, è il mio turno di iniziare a preoccuparmi..."

"Touché", le concessi, ridacchiando con lei.

"Come stai, Gem?" mi chiese, riportando lo sguardo sui muffin, cosa che feci anche io. I dolci erano allineati in file come soldati alla vaniglia e crescevano a vista d'occhio nelle loro uniformi colorate, che parevano tutù rovesciati. "Gem?" riprovò, dato che io non avevo dato segno di aver udito la sua domanda.

"Sai..." iniziai, "comincio a subire il fascino di questo programma", provai ancora a scherzare.

"Tu ed Harry avete un talento speciale nel cambiare discorso, quando vi fa comodo. Come Des", considerò mia madre, citando l'ex-marito. "Penso sia uno dei geni dominanti degli Styles", aggiunse, "insieme alla paura di amare e di essere amati".

"Adesso però stiamo parlando del ramo maschile degli Styles", puntualizzai.

"Non credo", mi corresse lei, regolando la temperatura del forno.

"Sono Harry e papà quelli che scappano. Ti ricordo che ho un anello con una pietra grande come un'unghia al dito", le feci notare, aprendo la mano sinistra, il cui anulare era adornato da un solitario semplice, ma meraviglioso.

"Da quant'è che non senti Ashton?" eccola, la domanda fatale, che mi aspettavo sin da quando ero uscita di casa per arrivare lì. I miei occhi erano ancora fissati sull'anello dalla fattura finissima e, per un attimo, sentii sulla pelle il tocco tremante e sudato di Ashton che, in ginocchio d'innanzi a me, pochi secondi prima dello scoccare del nuovo anno, mi infilava al dito il cerchiolino argentato, regalandomi ogni più piccola fibra del suo cuore. "Lo so che hai sentito la domanda, non osare ignorarmi".

Alzai gli occhi al cielo e scossi la testa. "Non lo sento da quando è partito, okay?" sbottai, "contenta?"

"No che non ne sono contenta", rispose lei con ovvietà, afferrando la mano che era rimasta aperta di fronte a me, il maledetto anello a bruciarmi sotto gli occhi.

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