She is mine

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-Io non posso credere a quello che hai fatto.-

Jack, Jane e Dylan si trovavano in tre piccole celle attaccate tra loro.

-Non ne potevo più di rimanere a guardare.-
Disse Jane, seduta con la schiena contro il muro.

-Sei pazza.- la voce di Dylan arrivò come un fastidioso rumore.

-Non parlare tu.- disse Jane.

-Io non lo sopporto ma ha ragione, è stato folle.- Disse Jack.
Jane alzò gli occhi al cielo, anche se non potevano vederla.

-Sentite ormai è successo, da domani cercherò di non cacciarmi più nei guai.-

-Ho temuto per tutto il tempo che ti avrebbe fatto qualcosa Jane, cazzo.-
Le parole di Jack erano tristi.

-Nulla di tutto questo sarebbe mai dovuto accadere, potevate evitarla quella rissa.- disse Jane.

-Ha iniziato lui.-
Disse Dylan.

-Fanculo Dylan, okay? Se potessi tornare indietro mi sarei assicurato che tu non potessi più parlare.
Non dovevi fare ciò che hai fatto a Jane, è tutta colpa tua.-
A Jane scappò un sorriso involontario, ecco che il lato protettivo di Jack usciva fuori.

-Chi cazzo sei il guardiano protettore? Non devi immischiarti in cose che non sono tue!- urlò Dylan.

-Ma lei è mia! E mi intrometto quanto cazzo mi pare.-
Nessuno parlò dopo le parole di Jack.
Dylan decise di lasciar perdere e provare a dormire, Jane invece sapeva che sarebbe stata tutta la notte a pensare a quella frase. Lei è mia.

Erano passate alcune ore.
Era notte fonda, Dylan dormiva.
Jane riusciva a sentirlo russare.
Lei non riusciva a dormire, aveva fatto cose e sentito parole troppo importanti quel giorno. I pensieri erano troppi nella sua mente, e facevano un gran rumore. Sapeva che anche lui non stava dormendo, lo avvertiva e così parlò.

-Jack...grazie.-
Era strano riaprire la conversazione dopo quelle ore di silenzio.
Non ottenne subito una risposta, ma essa non tardò troppo ad arrivare.

-Per cosa?-

-Tu mi hai fatto capire tante cose da quando sono qui dentro e di questo te ne sono grata.-
Sentì una piccola risata e poi di nuovo il silenzio.

Jack sospirò varie volte prima di parlare.
-Tu mi hai fatto credere che ci fosse ancora speranza per me.-
Non si aspettava quella risposta.

-Infatti è così.-

-No. Forse lo era, ma ho rovinato di nuovo tutto. Rovinare, rovinare, rovinare. Odio questa parola, perché mi ricorda ciò che faccio nella mia vita ogni giorno. Io rovino ogni cosa Jane, rovino le persone, le cose, la mia famiglia, i miei amici e il mio futuro. Ma soprattutto rovino me stesso. Sono sempre stato io la mia stessa rovina e odio me stesso così tanto per questo. Mi dispiace di fare così schifo Jane.-
Riusciva a sentire la rabbia che oltrepassava il muro.
Jane non seppe cosa dire dopo quella confessione. Come riesce una persona ad odiare se stesso? Lui non era una rovina per lei, lui l'aveva salvata molte volte. Avrebbe voluto dirglielo che lui non era una rovina, lui era semplicemente un bellissimo casino.
Eppure non disse niente perché le parole non erano abbastanza.
Lasciò che il silenzio potesse colmare quel vuoto che lo tormentava da anni.
Jane lo sapeva, lei odiava il silenzio.
Era forse l'arma più letale del mondo.

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