Capitolo 39

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Ileene provò un'insopportabile morsa allo stomaco. Che diavolo c'entrava Kevin con lei? Perchè mai sua sorella aveva iniziato a fraternizzare con un lurido Cercatore? Dopo tutto quello che aveva passato doveva essere profondamente traumatizzata, povera piccola. Fece per strappare il disegno, ma qualcosa la trattenne. Lo ripiegò, infilandolo nel comodino. Aveva voglia di stringere forte Toby. Ma perchè ci metteva tanto a tornare? Dopo tutto il tempo che avevano trascorso separati, ogni minuto lontano da lui le sembrava un'agonia. Toby era completamente diverso da Kevin, sua sorella avrebbe dovuto fare un disegno su di lui. Era dolce, affettuoso e premuroso. Si preoccupava sempre per lei e per il suo benessere, non come quell'arrogante di Kevin. Freddo come un ghiacciolo, sempre serio, sempre arrabbiato. E come dargli torto, poi? Lo odiavano tutti. Lei non poteva proprio sopportare la sua presenza. Se avesse dovuto scegliere una persona da sacrificare per la causa, sarebbe indubbiamente stato lui. 

Eppure quel disegno continuava a tormentarla. Era come se risvegliasse una parte sopita della sua mente, ma ancora non riusciva a capire quale. Probabilmente tutti i farmaci che le stavano somministrando le confondevano le idee. 

Guardò l'orologio. Toby era uscito da più di venti minuti. Quanto diavolo ci voleva per prendere un bicchiere d'acqua? Si voltò irritata verso la finestra e la vide. La brocca piena di acqua fresca. Era lì, era sempre stata lì. Che stupida, come aveva fatto a non notarla? Una volta non le sarebbe mai sfuggito un particolare del genere. Perchè Toby aveva voluto andarsene?  Si era sentito male, o almeno così aveva detto. Giusto? 

No. Era stata lei a suggerire che si sentisse male e lui aveva colto la palla al balzo. Era uscito accompagnato da quella insopportabile ragazza con la voce stupida e poi lei si era distratta per l'arrivo di Kevin.

Cosa stava succedendo?

Guardò l'orologio. Erano passati altri cinque minuti e di Toby nemmeno l'ombra. Ileene iniziò a innervosirsi. Senza pensarci troppo, strappò i cavi che la tenevano legata a un macchinario che controllava i suoi parametri vitali e mise i piedi giù dal letto. Una fitta lancinante le attraversò l'addome, ma la ignorò. Faticosamente riuscì a mettersi in piedi. Sentiva le piccolo gocce di sudore scenderle lungo il viso. Il dolore che le stava lacerando le gambe era così intenso che per un attimo pensò le si fossero rotte tutte le ossa, ma pian piano si placò. Fece un paio di passi con attenzione, appoggiandosi ad una specie di bastone che aveva trovato accanto al letto.

Non ci mise molto ad arrivare alla porta. La aprì, attenta a non far rumore, e uscì strisciando leggermente i piedi. Sentì subito un insieme di voci concitate provenire da una stanza in fondo al corridoio. Si avvicinò cauta. Era a pochi metri dalla porta, quando un gemito soffocato attirò la sua attenzione. Si voltò impreparata, e la vide. L'emozione fu tale da impedirle di trattenere un urlo.

"Alexi!"

Poi fece un passo incauto e cadde.




Kyle corse dietro a Toby. Lo vide chiudersi alle spalle una porta in fondo al corridoio e disse a Harry di seguirlo. 

"Si può sapere che ti prende?" gli chiese Harry, ancora confuso.

"Ho una brutta sensazione."

Kyle piombò nella stanza come una furia, spalancano la porta con un gesto teatrale.

"Toby, dobbiamo parlare." intimò con voce calma e fredda.

Toby sobbalzò, spaventato. Portò una mano al petto, mentre Daìna sorrise compiaciuta. "Oh, Kyle, non ti hanno detto che è maleducazione entrare in una stanza senza bussare?".

Rebel - Risorta dalle ceneriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora