XIX (Presente)

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Sicilia, Palermo,1980

Alessandro tornò in serata nella sua casa.
Quando entrò, vide sua madre e suo padre seduti in silenzio a guardare le lancette dell'orologio.

"Alessandro, sei tornato".

"Sono tornato, mamma".

Massimo e Lucia notarono immediatamente i vestiti di Alessandro macchiati di sangue.

"Ti sei fatto male? Cosa è successo?"

Lucia continuava a fare domande senza ricevere risposte.
Alessandro dentro di sé ribolliva di rabbia.
Voleva urlare in faccia a sua madre e suo padre che il sangue era della loro bambina, quella bambina che avevano abbandonato così facilmente, come se fosse un oggetto.

Sospirò e guardò in faccia i suoi genitori.
"La scorsa notte ho dormito da Grazia, a Capaci, ma questa mattina ha avuto un incidente, questo é il suo sangue".

"Tu sei andato a Capaci?"

"Si. Proprio a Capaci, papà, dove avete abbandonato mia sorella."

Alessandro negli occhi di suo padre vedeva rabbia, mentre sua madre piangeva.

"Basta piangere, mamma. Perché non piangevi quel giorno eh? Perché non ti sei ribellata? Perché non hai tenuto con te mia sorella? Perché?"

"È morta Alessandro. Chiudiamo con il passato".

"Morta papà? Ne sei davvero certo? Se lei fosse viva cosa le diresti eh? Cosa? Che sei solo un ipocrita, bastardo che pensi solo al tuo maledetto nome".

"Lei non esiste quindi non mi pongo il problema. Questa storia non devi uscire da quì. Ci siamo capiti? Tu sei il nostro unico figlio Alessandro".

"Mi fai schifo. Solo ora capisco chi sei in realtà padre. Sei un bastardo, un uomo senza cuore".

Alessandro lasciò i suoi genitori con queste ultime parole e si precipitò nella sua stanza.
Si lavò velocemente e fece due valige ed uscì di casa. Doveva andare via da quella casa? e da quelle persone che ormai non reputava più la sua famiglia. L'unica persona che ora era degna della sua attenzione era Grazia. Sua sorella.

"Dove diavolo te ne vai Alessandro?"

"Via da qui papà. Di tu alla mamma che non lavorerò nemmeno più nel suo studio. Troverò un altro impiego. Da oggi fate finta di aver abbandonato anche me. Io non sono più vostro figlio.".

Alessandro prese la sua auto e andò via.

Sicilia, Capaci, 1980

Alessandro arrivò a casa di Grazia e vide il prete che usciva dalla villetta.

"Don Salvatore".

"Alessandro cosa ci fai qui?"

"Ho bisogno di un alloggio".

"Puoi stare nella casa di Grazia. Lei ne sarebbe felice".

"Ho lasciato la mia famiglia".

"Posso dirti solo una cosa, tua madre non ha nessuna colpa Alessandro , l'unico colpevole è tuo padre."

"Lei non ha fatto nulla per tenere Grazia con se".

"Ti dirò una cosa Alessandro, forse mi odierai ma almeno devi saperlo. Tua madre ha abbandonato davanti alla mia chiesa Grazia. Mi ha chiesto di prendermi cura di lei e io l'ho fatto, un giorno è tornata per riprendersi la sua bambina, ma io ho inventato la sua morte.
Sai perché? Per tuo padre. Perché Massimo Lamberti, avrebbe reputato quella bambina sempre un errore ed un disonore per il nome della sua famiglia. Non ho mai visto rimpianto negli occhi di tuo padre per quello che ha fatto".

"Quindi lei ha sempre saputo?"

"Si".

"Lei è un prete".

"Prima di essere prete, sono un uomo".

"Come ha potuto mentire a Grazia per tutti questi anni?"

"Infatti non l'ho fatto, Grazia sa tutto ho solo omesso di dirli che i suoi genitori sono Lucia e Massimo".

"Don Salvatore io non la giudico, perché lei ha ragione. A mio padre di sua figlia non è importato mai nulla. Lui pensa solo ai soldi, e al nome della sua famiglia".

"Tu non sei come lui Alessandro".

"Lo so e non lo diventerò mai. Conosce bene i miei genitori eh?"

"Eravamo amici d'infanzia, siamo nati e cresciuti qui a Capaci, in questi quartieri".

"Poi cosa è successo?"

"È una storia lunga da raccontare".

Salvatore passò la chiave di casa di Grazia ad Alessandro.
"Da oggi questa è anche casa tua. Quando Grazia tornerà, sono sicuro che saprai darle il giusto affetto. Ora più che mai lei ha bisogno di te".

"Se lei mi vorrà, sarò il fratello che non ha mai avuto".

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