XXVII

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- Non ci posso credere! Hai fatto l'unica cosa che ti avevo detto di non fare! - Sbottò mia madre per l'ennesima volta.

- Lo so. - Mormorai, indignata per essere stata costretta a parlarle di ciò che era successo e, contemporaneamente, sollevata.

Pillola del giorno dopo. Era stata l'unica opzione possibile nonostante non avessi avuto la prescrizione.

- Come hai potuto tradire Will in questo modo? Io ero nella stanza accanto e... dio, Lexie. -

Sapevo bene di aver sbagliato, di aver commesso un errore imperdonabile e la parte peggiore era che non avrei mai potuto giurare che non sarebbe accaduto di nuovo.

Io e lui ci attraevamo irrimediabilmente, eravamo riusciti a trattenerci svariate volte, limitandoci agli sguardi, sguardi pieni di qualcosa di indecifrabile che avevo sempre associato all'attrazione fisica.

Il solo pensiero del suo corpo a contatto con il mio mi fece stringere le gambe e strizzare gli occhi; avevo il disperato bisogno di rivederlo e il senso di colpa era durato circa due ore.

L'avrei rifatto. Anche in quel momento.

- Vado in camera. - Mormorai attraversando la hall dell'hotel il più rapidamente possibile.

Mia madre, ondeggiando sui tacchi — abbinati al tailleur bianco di Alberta Ferretti —mi raggiunse in men che non si dica.

Tolse gli occhiali da sole lanciandoli alla rinfusa nella Céline nera, rifilandomi per l'ennesima volta quello sguardo di fuoco che sapevo di meritarmi.

- Terrò le mutante addosso. Devo ancora fare le valigie. - Mormorai sorridendo falsamente.

In realtà non ero proprio nella situazione adatta per assumere quel tipo di atteggiamento, ma non potevo andare contro la mia indole. Avevo giocato col fuoco, mi ero scottata e mi era piaciuto da morire.

Arrivai davanti alla porta della stanza con il cuore in gola e un'adrenalina tale da avere ogni senso offuscato; non riuscivo a stare ferma sul posto, continuavo a ticchettare il piede allo stesso ritmo dei miei battiti cardiaci.

Sentivo il sangue affluire velocemente nelle vene, in particolare quando Daniel aprì la porta.

- Ehi. - Mormorò aggrottando di poco le sopracciglia. La sua espressione era più che sorpresa e notai subito che stesse evitando il mio sguardo.

I capelli erano scompigliati ed indossava dei pantaloni scuri che gli fasciavano alla perfezione le gambe, con una cintura di cuoio e la camicia bianca sbottonata.

Il mio sguardo si posò inevitabilmente sull'orologio dorato che aveva al polso. Un Rolex.

- È nuovo quello? -

- È un regalo di tua madre a dire il vero. Tu come stai? Tutto bene? -

La sua preoccupazione mi fece sentire qualcosa di strano allo stomaco, come una sensazione di calore che andò a sovrastare la semplice attrazione fisica. Ed io sapevo che non fosse solo quello, ma non ero pronta ad ammetterlo.

- Sto bene. Ho risolto tutto, non preoccuparti. - Forzai un sorriso quando chiuse la porta.

Tutta l'euforia che mi aveva accompagnato fino a quel momento stava scemando lentamente, forse perché sembrava che fosse totalmente pentito da ciò che era accaduto.

- Mi dispiace tanto, Lexie. -

- Non devi scusarti. -

- Sì che devo, diamine. - Sbottò dopo qualche secondo di silenzio, poggiandosi con le mani allo schienale del divano. Aveva la testa bassa e le braccia tese.

Revival (DA REVISIONARE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora