XXXIII

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— È stata lei — mormorai con le dita tra i capelli. Il parquet che continuavo a calpestare sembrava si sarebbe sfondato da un momento all'altro.

— Merda. Non ci posso credere — mia sorella, con la bocca spalancata, fissava lo schermo del suo iPhone nero come se da un momento all'altro la notizia avrebbe smesso di girare, chiunque di commentare e come se quella dannata foto sarebbe sparita.

Ma non sarebbe successo; nonostante fosse sfuocata e di pessima qualità, il bacio che io e Daniel ci eravamo scambiati in discoteca era perfettamente visibile e, naturalmente, era stata Malika Standall. Il tempo trascorso da quando si era alzata dal divanetto ed aveva smesso di provarci con lui, al fatidico momento catturato nella foto, era stato troppo breve e, data l'angolazione, nessun altro sarebbe potuto essere l'artefice dello scatto.

— Quella vipera. L'ha fatto solo perché Daniel non le ha dato retta. E adesso? Payton e i miei genitori mi uccidono e... lui avrà una pessima reputazione. Oltretutto... hai visto come mi stanno insultando sui social? Will appare come un martire e io — smisi di parlare quando il mio cellulare iniziò a squillare.

Un misto di agitazione, angoscia e irrequietezza si impossessò di me nell'istante in cui lessi il nome di mia madre sullo schermo, mentre messaggi da parte delle mie sorelle, di Payton e commenti su tutti i social continuavano a tempestarmi di notifiche.

— Oh, andiamo – borbottò Amber — perché le stesse chiamate e gli stessi messaggi che stanno arrivando a te arrivano anche a me? E poi mi dicono che i paparazzi e i giornalisti sono ancora qui e stanno circondando casa tua da questa mattina. —

— Lo so. Per questo non ho alzato neanche una tapparella. Mio dio, Amber. Non non ho idea di cosa fare, non posso rispondere alle chiamate di Payton perché penso che sarà un po' più arrabbiata di satana — mormorai sconsolata, lasciando che le mie ginocchia si piegassero debolmente e lasciandomi cadere sul divano.

Il mio cellulare squillò di nuovo, ma chiusi gli occhi premendo semplicemente il tasto di blocco schermo per far cessare il rumore.

Ero nei guai fino al collo, Payton aveva avuto ragione a ribadirmi le conseguenze che quel mio comportamento avrebbe avuto su tutti.

Quando sentii nuovamente quella fastidiosa suoneria fui presa da un impeto di nervi che sfumò all'istante nel momento in cui lessi il nome di Daniel sullo schermo.

— Daniel. —

— Lexie. Dio, mi dispiace. —

La sua voce mi lasciò immobile per un attimo; il tono preoccupato mi scaldò il cuore, già accelerato, e mi sembrò che da quella spiacevole situazione qualcosa di positivo ci fosse.

— Vorrei essere lì, ma i paparazzi hanno circondato la casa di moda e nessuno può uscire, quindi sono chiuso nel mio ufficio. —

— Hanno circondato anche casa mia, ma ci sarà un modo per mandarli via. Tu come stai? Immagino quanto sia terribile questa situazione. So quanto tutti siano bravi a parlare in quella casa di moda, ne hanno dette di tutti i colori quando è stato di Amber e Chris. Spero che tu non la stia vivendo tanto male e... —

— Non mi importa di questo. Ho letto quello che dicono di te e sto impazzendo. Non posso sopportare che certe cose ti vengano dette per colpa mia — disse lui affranto, come se fosse estremamente stanco.

Sorrisi inconsapevolmente; ogni giorno venivano rivolti innumerevoli commenti sgarbati ad ogni membro della mia famiglia, ma avevamo imparato a conviverci, a riconoscere nella nostra quotidianità le false notizie riportate sul web, alla quasi completa assenza della privacy.

Ciò che mi aveva principalmente infastidito erano stati gli apprezzamenti delle ragazzine, avevo provato una bruciante gelosia leggendo ogni complimento rivolto a lui.

— C'è un trambusto assurdo qui. I paparazzi cercano di entrare da ogni angolo, continuando tutti a fare avanti e indietro, ricevono e fanno telefonate... e tuo padre è furioso. Clary mi ha detto che Will si trovava con lui in ospedale quando la foto ha iniziato a circolare e adesso sono bloccati lì perché i giornalisti sono riusciti ad entrare dal retro. —

Non stava facendo altro che elencarmi le sventure che, per colpa mia, erano accadute; eppure non riuscivo a non collegare la sua voce a quel familiare calore che riusciva a scaldarmi, a riempire ogni vuoto dentro di me e. Era quel fuoco che mi aveva scottato più volte, e lo sentivo estremamente distante in quel momento.

Avrei fatto di tutto pur di bruciare per lui come avevo già fatto, senza paura e senza il minimo senso di colpa.

Ma quella volta era diverso. Quella volta avevo permesso che l'incendio si propagasse, non coinvolgeva più soltanto me, stavo lasciando che ogni cosa diventasse cenere.

— Appena la situazione migliora... appena i giornalisti e i paparazzi si allontanano... vieni qui. —

Le parole mi erano scivolate dalle labbra evitando di sostare nella mia mente prima, senza lasciare che il cervello mi bloccasse o le elaborasse modificandole e smussandone la disperazione e il desiderio.

— Sì — sussurrò lui in un soffio.

Un assordante silenzio fu quello che seguì. L'unico suono che percepivo era quello del mio cuore ed il ritmo regolare del suo respiro, che mi sembrava di conoscere da sempre.

In quell'istante ebbi una consapevolezza che fu come uno schiaffo in pieno viso, uno schiaffo seguito da una dolce carezza che alleviava il dolore trasformandolo in piacere.

Deglutii a vuoto stringendo il telefono con la mano tremante. Iniziavo a fare i conti con la realtà: nessun vincitore e nessun vinto. Avevo giocato con i sentimenti come se fosse stata una partita di poker, come se fossi un'abile giocatrice rimasta fregata.

— Daniel. —

— Lexie. —

Parlammo contemporaneamente, pronunciando semplicemente il nome dell'altro. Io ero stimolata da un impeto che non sapevo cosa fosse, ma che mi spingeva a parlare, che mi faceva sorridere e battere più forte il cuore.

Lo sentivo. Intenso, vero, potente e assurdamente reale. Avrei voluto liberarmene, urlare, ma non lo feci.

— Ci vediamo appena posso. Okay? —

— Okay — sussurrai prima che la chiamata si concludesse.

Sentivo uno strano peso sullo sterno, come se il cuore sarebbe uscito da un momento all'altro, e le gambe mi tremavano.

— Lexie, stai bene? —

— Amber — chiusi gli occhi — dammi la mano — camminai verso di lei afferrando il suo polso e portai la sua mano sul mio petto per farle comprendere quanto i miei battiti fossero accelerati grazie a lui.

— Cavolo, calmati. Ti sentirai male così. —

Come spiegarle quanto bene stessi in quel momento? Che niente potesse essere paragonato a quella sensazione e che nulla mi era mai sembrato talmente profondo e genuino?

🌷🌷🌷

We made it!
Finalmente riuscirò (o ci proverò) a pubblicare più regolarmente, avendo concluso Half.

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE DI QUESTA BOMBA E ALL'INCIRCA QUANTI GUAI PENSATE TORMENTERANNO I NOSTRI BENIAMINI!
Instagram: thagaiajn

Bacio!
gaia;

Revival (DA REVISIONARE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora