Capitolo 33

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  Dopo la disastrosa sessione di allenamento, conoscevo il gusto dellavera paura ogni volta che qualcuno si avvicinava alla mia porta. Il miocuore martellava furiosamente nel petto fino a quando il rumore deipassi svaniva e, quando finalmente la porta si aprì, rivelando Kai conil mio pasto serale, quasi vomitai.Non avevo appetito.Non riuscii a dormire quella notte.Ogni volta che chiudevo gli occhi, tutto quello che potevo immaginareera Mary in piedi davanti a me, più che pronta a darmi calci in culo datutta la settimana. Il vasto vuoto che aveva offuscato i suoi occhi si erarapidamente tramutato in determinazione. Il mio pestaggio non sarebbestato così grave se avessi lottato, ma non l'avevo fatto. Combattere conlei sarebbe stato sbagliato.Quando la porta si aprì, la mattina seguente, stavo correndo nel sonnosolo da un paio d'ore. Era Kai e, nel suo modo tranquillo, mi fececenno di seguilo. 

  Avevo male allo stomaco, ma non avevo altra scelta che andare dovemi stava conducendo. La nausea crebbe mentre andammo conl'ascensore al piano che ospitava le aule di formazione. Ci volle tutta lamia volontà per uscire dell'ascensore e per non aggrapparmi ad unadelle barre per salvare la mia cara vita.Invece mi condusse oltre la stanza dove eravamo andati finora,attraverso delle doppie porte e poi più giù, in una sala dove passammoattraverso un'altra serie di porte. -Dove stiamo andando?- Non rispose fino a quando ci fermammo davanti ad una porta d'acciaioche brillava dalla sovrabbondanza di argento e diamanti. -C'è qualcosache il Sergente Mconnel vuole che tu veda.- Potevo solo immaginare cosa ci fosse al di là della porta.Mise l'indice contro il blocco di sicurezza, e la luce cambiò dal rosso alverde. Seguirono dei click meccanici. Trattenni il fiato mentre apriva laporta.  

 L'interno della stanza era illuminata solo da una fioca lampadina nelsoffitto. Non c'erano sedie o tavoli. A destra c'era un grande specchioche occupava tutta la lunghezza della parete. -Cos'è questo?- chiesi. -Qualcosa che devi vedere,- disse il Sergente  alle nostre spalle,facendomi saltare e girare di scatto. Da dove diavolo era arrivato? -Qualcosa che, spero, ci assicurerà che non avremo un'altra sessione siallenamento come l'ultima che hai fatto.- Incrociai le braccia e sollevai il mento. -Non c'è niente che tu possamostrami per cambiare la situazione. Non ho intenzione di combatterealtri ibridi.- L'espressione di MC rimase la stessa. -Come ho detto, dobbiamofare in modo che ti stabilizzi. È questo lo scopo di queste sessioni diallenamento. E la ragione per cui dobbiamo assicurarci che tu sia forte ein grado di sfruttare la sorgente si trova oltre questo specchio.- Confusa, mi voltai a guardare Kai. Si fermò vicino alla porta, il voltoin ombra dal berretto. -Cosa c'è dall'altra parte?-  -La verità,- rispose Mconnel.

 Tossii una risata che causò il raschiamento della pelle sulla mia golafino a pungere. -Allora lei dall'altra parte ha una stanza piena di delirantiufficiali militari?- Il suo sguardo era asciutto come la sabbia mentre proseguiva,premendo un interruttore lungo la parete.Improvvisamente esplose la luce, ma provenne da dietro lo specchio.Era uno specchio a senso unico, come nelle stazioni di polizia, e lastanza non era vuota.Il cuore mi sussultò nel petto mentre feci un passo avanti. -Cosa...?- C'era un uomo seduto su una sedia dall'altra parte, e non stava lìvolentieri. Delle fasce di argento gli coprivano i polsi e le caviglie,bloccandolo sulla sedia. Un ciuffo di capelli biondo platino gli copriva lafronte, ma lentamente alzò la testa.Era un guardiano.La sua spigolosa bellezza era sparita, e così i vivaci occhi verdi. Occhiche mi ricordarono molto Matt, con un dolore che mi trafisse il pettoe mandò una palla di emozioni dritta in gola. -Può...può vederci?- Chiesi. Sembrava di sì. Gli occhi di lui eranofissi nel punto in cui mi trovavo. -No.- Il Sergente si spostò in avanti, appoggiandosi contro lo specchio. Lapiccola scatola del citofono era a portata di mano.

  Il dolore solcò il bel volto dell'uomo. Le vene gli si gonfiarono lungo ilcollo e così il suo petto nudo su un respiro irregolare. -So che ci sei.- Guardai Mconnel bruscamente. -Sei sicuro che non può vederci?- Annuì.A malincuore riportai la mia attenzione all'altra camera. Il guardiano stavasudando e tremando. -Lui sta...lui sta soffrendo. Questo è sbagliato. Ècompletamente...- -Non sai chi siede dall'altra parte del vetro, signorina Houston.- Premetteun pulsante sul citofono. -Ciao Stephan .- Le labbra del giovane si alzarono da un lato in una smorfia. -Il mio nomenon è Stephan-  -Questo è stato il suo nome di battesimo per molti anni.- Il sergente scossela testa. -Preferisce usare il suo vero nome. Come sapete, questo èqualcosa di cui non possiamo parlare.- -Con chi stai parlando?- Chiese Stephan, il suo sguardo inquietante sifissò dove c'ero io. -Un altro umano? O ancora meglio? Un abominio –una kija del cazzo?- 

 Rimasi senza fiato prima che riuscissi a rendermene conto. Non era ciòche disse, ma il disgusto e l'odio che traboccavano da ogni sua parola. -Stephan è quello che voi chiamereste un terrorista,- disse il sergente, e il guardiano nell'altra stanza sogghignò. -Apparteneva ad un gruppo cheabbiamo tenuto sotto controllo per un paio di anni. Hanno progettato diprendere il Golden Gate Bridge durante l'ora di punta. Centinaia divite...-  -Migliaia di vite,- interruppe Stephan, i suoi incandescenti occhi verdi siilluminarono. -Ne avremmo uccisi migliaia. E poi avremmo...-  -Ma non l'avete fatto.- MC sorrise, e il mio stomaco rotolò.Probabilmente era il primo sorriso vero che gli vedevo fare. -Vi abbiamofermati.- Mi guardò da sopra la spalla. -È l'unico che abbiamo potutomantenere in vita.- Stephan rise duramente. -Ci avrete anche fermato, ma non avete ottenutonulla, folli ritardati. Noi siamo superiori. L'umanità è nulla rispetto a noi.Vedrete. Avete scavato le vostre tombe, e non potrete fermare quelloche sta arrivando. Tutto ciò che volete...- Il Sergente spense l'interfono, mettendo una battuta d'arresto a quellosproloquio. -L'ho già sentito molte volte.- 

Si girò verso di me, la testainclinata di lato. -Questo è ciò che facciamo. Il guardiano in quella stanzavuole uccidere gli esseri umani. Ce ne sono molti come lui. Ecco perchéstiamo facendo quello che stiamo facendo.- Senza parole, fissavo il tizio mentre il mio cervello lentamente tornavaa quello che avevo appena assistito. L'interfono era spento, ma la boccadell'uomo si muoveva ancora, odio profondo che filtrava dalle suelabbra. Il tipo di cieco odio dimostrato da tutti i terroristi, non importa chio cosa fossero, ce l'aveva scolpito in faccia. -Hai capito?- Chiese il sergente, richiamando la mia attenzione.Avvolgendomi con le braccia, scossi lentamente la testa. -Non potetegiudicare l'intera razza sulla base di alcuni individui.-Quelle paroleerano vuote per me. -Vero,- concordò  con calma. -o lo sarebbe se si trattasse diesseri umani. Non possiamo considerare questi esseri al nostro stessolivello morale. E credimi quando ti dico che loro non ci considerano allapari.- 

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