Capitolo 24

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  I miei ricordi erano confusi.Le parole di addio di Matt ossessionavano ogni momento della giornata. Ti amo, Becca. L'ho sempre fatto. Sempre lo farò. Ci fu un sibilo come di porte che si chiudevano, e fui lasciata sola con la Killer Death.Tutto diventò nero, e mi svegliai in questo mondo dove è difficile respirare. Ricordare la sua voce, le sue parole, lenì un po' del mio tormento.

  Ero stata catturata, e non sapevo se Matt e gli altri erano riusciti a scappare.Non sapevo nulla.Forzando i miei occhi ad aprirsi, battei le palpebre alle aspre luci scintillanti su di me. Per un momento non riuscii vedere nulla attorno alloro bagliore luminoso. Tutto aveva un'aura. Ma alla fine si schiarì, e vidi un soffitto bianco dietro le luci. 

-Bene. Sei Sveglia.-una voce maschile.

 Nonostante il bruciore pulsante, il mio corpo si bloccò al suono di una voce maschile sconosciuta. Provai a guardare verso l'origine della voce,ma il dolore abbatté il mio corpo facendomi arricciare le dite dei piedi.Non potevo muovere il collo, le braccia, le gambe.Un orrore gelido mi intrise le vene.  Il suono dei passi vicini, e un volto, inclinato di lato, entrò nel mio campo visivo, bloccando la luce. Era un uomo vecchio, forse alla fine dei quarant'anni, con i capelli scuri cosparsi di grigio vicino al cuoio capelluto. Indossava un'uniforme militare verde scuro. C'erano tre file di mostrine colorate sopra il pettorale sinistro e un'aquila alata sulla destra.Anche con la mente annebbiata dal dolore e confusa, sapevo che quest'uomo era importante. 

-Come ti senti?- chiese a bassa voce.Battei le palpebre lentamente, chiedendomi se quest'uomo fosse serio 

-Gli spari...-, gracchiai.

 -Abbiamo dovuto prendere alcune precauzioni quando ti abbiamo trasportato.- Mi hanno trasportato? La mia frequenza cardiaca aumentò mentre lo fissavo. Dove diavolo ero? Cosa erano le fasce che avevo ai piedi e ai polsi?

 -Io sono il sergente Jason McConnel. Ho intenzione di liberarti, così potremo parlare e potremo darti un'occhiata. Vedi i punti scuri sul soffitto?- Chiese.  

Cercai di sollevarmi per vedere quei punti quasi invisibili,ma non so cosa fossero.

-è una miscela di ossidiana e argento, se provi a combattere verrai annientata-Buono a sapersi.

 -La stanza è dotata di ossidiana come precauzione di sicurezza", Continuò, i sui occhi marrone scuro focalizzati di nuovo sui miei. 

-Nel caso in cui, in qualche modo, tu sia in grado di sfruttare la sorgente o attaccare un qualsiasi membro del mio staff. -

Proprio in quel momento non pensavo di essere in grado di mettermi seduta senza assistenza, figuriamoci fare il ninja con qualcuno.   


  "Hai capito?"

 Il mento sollevato mentre aspettava.

 -Non vogliamo farti del male, ma ti neutralizzeremo se diventerai una minaccia. Capisci, Becca?- Non volevo rispondere, ma volevo anche lontano le maledette fasce di argento. -Sì-. -Bene-. Lui sorrise, ma era pratico e non molto cordiale. -Non vogliamo che tu provi dolore. Questo non è quello che vuole la Killer Death. Ed è lontano da quello che siamo. Puoi non crederci in questo momento, ma speriamo arriverai a capire che cosa siamo. La verità su chi siamo noi e su chi siate voi-."Un po' difficile... da credere in questo momento".Il sergente Mcconnel sembrò non percepire secondi fini, poi si allungò da qualche parte sotto il tavolo freddo. Sentii un clic e le fasce si sollevarono per conto proprio, liberando il collo e le caviglie.Rilasciando un debole respiro, lentamente alzai il braccio tremante.Tutte le parti del mio corpo si sentivano intorpidite o ipersensibili.Mise una mano sul mio braccio, e io trasalii. "Non ho intenzione di farti del male", disse. "Sto solo cercando di aiutarti a metterti seduta."Dato che non avevo molto controllo sulle mie membra tremanti, non ero in condizione di protestare. Il sergente mi mise a sedere in pochi secondi. Mi aggrappai ai bordi del tavolo per tenermi ferma, mentre prendevo diversi respiri. La mia testa pendeva dal collo come uno spaghetto bagnato, e i miei capelli scivolarono sulle spalle, schermandola stanza per un momento."Probabilmente sarai un po' stordita. Dovrebbe passare".Quelli che tu definisci pallottole sono in realtà palline che si attaccano al corpo e fanno credere alla persona colpita da pallottole.Un nuovo giocattolino.

 Quando alzai la testa, vidi un uomo basso e calvo, vestito con un camice bianco in piedi accanto ad una porta era nera lucida e che rifletteva la stanza. Teneva un bicchiere di carta in mano e quello che sembrava un manicotto per la pressione nell'altra.Lentamente, i miei occhi viaggiarono per tutta la stanza. Mi ricordò uno studio medico bizzarro, dotato di piccoli tavoli con gli strumenti sopra,armadi, e tubi neri agganciati al muro.Quando il sergente fece un cenno, l'uomo col camice si avvicinò alta volo e accuratamente mise la tazza davanti alla mia bocca. Bevvi avidamente. Il fresco calmò l'arsura nella mia gola, ma bevvi troppo veloce e finii con un attacco di tosse forte e doloroso. -Sono il dottor Jason, uno dei medici della base-. Mise da parte la tazza e prese dalla sua giacca uno stetoscopio. -Ho solamente intenzione di ascoltare il tuo cuore, okay? E poi di prenderti la pressione sanguigna-.Saltai un po' quando premette il pezzo di freddo metallo sulla mia pelle.Lo mise poi sulla mia schiena. -Fai un bel respiro profondo-. Quando lo feci, ripeté le sue istruzioni. -Bene. Stendi fuori il braccio-.Lo feci e subito notai il bordino rosso che circondava il mio polso. Cen'era un altro sopra l'altra mano. Distolsi lo sguardo, a pochi secondi dallo scivolare in modalità panico, in particolare quando incontrai lo sguardo del sergente. Non erano ostili, ma erano occhi che appartenevano ad un estraneo. Ero completamente sola, con sconosciuti che sapevano quello che ero e che mi avevano catturato per uno scopo.La mia pressione sanguigna doveva essere alle stelle, perché il mio polso batteva forte, e la stretta nel mio petto non poteva essere un acosa buona. Mentre il manicotto per la pressione stringeva, inalai alcuni respiri profondi, poi chiesi: -Dove sono?- Il sergente Mcconnel intrecciò le mani dietro la schiena. -Sei in Nevada-.Lo fissai, e le mura -tutte bianche ad eccezione di quei puntini neri lucenti- mi compressero. -Nevada? È... è praticamente dall'altra parte del paese. Un fuso orario diverso...-

-Silenzio. -mi ammonì





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