Capitolo 59

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Ombre danzanti mi appannano la vista, un dolore lancinante si sparge per tutto il corpo come fosse fuoco nelle mie vene. il peggiore risveglio della mia vita, o almeno credo.

Ogni movimento, ogni respiro, ogni battito cardiaco è un dolore immane, non percepisco alcuna parte del mio corpo, eppure tutto fa male.

Per non parlare della testa. Sembra quasi che qualcuno stia usando il mio cervello come un antistress, ma per fortuna sono ancora intontita così da non accorgermi esattamente quanto male sia messa, quasi fossi sotto l'effetto di un anestetico che stia finendo il suo lavoro.

Apro la bocca, la voglia di urlare e sputare fuori tutto quel dolore è insopportabile, ma boccheggio e basta, come un pesce fuor d'acqua. L'unica cosa non dolorosa sono le lacrime che hanno iniziato a scorrere, peggiorando ancora di più la vista offuscata.

La gola è secca e deglutisco a vuoto, un impeto di tosse mi fa esplodere di dolore i polmoni, conducendomi in un circolo vizioso in cui solo questa tortura regna sovrana.

Con un guizzo, un'ombra più grande delle altre fa capolino nella mia visuale, occupando tutta la vista man mano che si espande: è un morbido abbraccio di pura tenebra, un soffio di sollievo sfugge alle mie labbra quando sento la morsa di dolore allentare la presa.

Socchiudo gli occhi velati di lacrime per identificare qualcosa, ma è tutto troppo scuro per poter distinguere un solo dettaglio.

Però c'è un altro suono oltre ai miei respiri, sembrano quasi le fusa di un gatto, talmente leggere da essere quasi impercettibili, ma una benedizione in tutto quel silenzio opprimente.

Sollevo una mano verso l'alto, sperando di sfiorare ciò che mi avvolge, ma non tocco nulla, nonostante la mia mano venga inglobata nella massa.

Che... Strano... È come immergere la mano nel vapore acqueo... Sai che c'è, ma non senti quasi nulla... È... Elettrizzante... Fa quasi il solletico dopo un po'...

Un lieve sorriso si stampa sul mio volto, lo so perché la pelle tira, la carne si muove, i muscoli si contraggono: è vita.

"Sono viva..." Non so se l'ho pronunciato oppure no, ma è pur sempre qualcosa.

Contraggo e distendo le dita immerse nel nero, finché qualcosa mi sfiora, qualcosa di fugace, e solo per un brevissimo istante.

Deglutisco aria, no, di sicuro devo essermi sbagliata. O forse no?

E poi di nuovo.
Stavolta sono certa di aver sfiorato qualcosa.

Distendo ancora di più il braccio, nonostante la carne si lamenti per la troppa fatica.

Voglio scoprire che cosa dimora in questo ammasso nero. Lo sento... Quelle... Fusa ne sono la conferma

Ma ahimè, la mia piccola, seppur grande per certi versi, lotta non porta a nessun risultato. Anzi, mi procura solo più dolore.

L'arto ricade sul letto con un tonfo.
Morto.
Sconfitto.

Il cuore batte rapidamente e il respiro è faticoso, non avrei mai immaginato che sollevare e dimenare un braccio potesse essere tanto faticoso.

Mi concentro visivamente su ciò che sta sopra di me, pregando che quel qualcosa, o qualcuno, si faccia avanti.

"E... E-hy..." La gola raschia producendo un verso che voleva essere amichevole, ma che risulta sembrare di più un umiliante gracchiare.

Se solo potessi bere...

Mi arrendo definitivamente all'evidenza: sono da sola, in un luogo sconosciuto, e non ho memoria di ciò che è accaduto.

Minchia, sono fortunatissima

Sospiro e mi abbandono senza forze, con una mega emicrania che martella le tempie e gli occhi.

Nonostante il dolore.
Nonostante le domande.
Nonostante tutto.
Sorrido.
E mi sento a casa senza sapere il perché.

Non mi sono accorta di essermi addormentata, ma appena apro gli occhi sono tutta rigida e dolorante.
Molto meno rispetto al primo risveglio, certo, ma comunque non molto migliore.

Scopro di potermi muovere di più senza fare molta fatica: ovvero muovere le dita, contrarle e distenderle. Tranne quelle del braccio destro, credo non si siano ancora riprese dallo sforzo precedente, in quanto tutto il braccio formicola e fatico molto di più a muoverlo.

Ruoto con calma la testa di lato per scoprire almeno un minimo la zona in cui sono presente, ma invece scopro che sono totalmente avvolta da quella dannata cosa: è diventata una bolla di roba nera fumosa e densa.

Inspiro profondamente per il fastidio, avrei voluto sapere dove mi trovassi, ma mi tocca invece guardare il nulla, anzi, il nero più totale.

"Che diamine però... Ti odio, volevo solo sapere dove fossi, invece per colpa tua mi tocca solo immaginare!" Scandisco ogni parola con calma totale, perché la gola fa male ed è secca, ma il bisogno di parlare è troppo, anche se risulto pazza ed isterica a... Nessuno, sono sola, me l'ero scordata.

Sbuffo, desiderando ora più che mai qualcuno con cui parlare e qualcosa di cui nutrirmi.

Con qualche fatica, alzo l'altro braccio e noto che non vedo più le dita: ora è talmente denso da nasconderle alla vista.

L'elettricità è maggiore, ed ora dan più fastidio che altro, così come il fatto che sia come vapore e lasci quella sensazione di bagnaticcio fastidiosissimo.

"Che cosa diamine sei?"

Non ottengo riposta, ovviamente.

Un lampo bianco di natura mentale mi fa urlare di dolore facendomi pulsare il cervello all'impazzata.

Premo le mani su occhi e tempie per cercare di arrestare quel dolore accecante che mi sta distruggendo la mente.

Una sola dolorosissima viene partorita dal questo dolore: due occhi del colore del metallo fuso, occhi dominanti, occhi freddi, occhi che penetrano la carne, il cuore, l'anima, ma che allo stesso tempo sono capaci di calmarmi ed attenuare il dolore.

Ed è in questo momento che le mie mani vengono toccate da qualcosa.

Altre mani mi avvolgono le dita, sono fredde come le mani di un morto, ma il loro tocco non mi spaventa, e mi accarezzano con delicatezza e lentezza.

Tengo gli occhi serrati perché fanno ancora male, ma ho una grande curiosità nel vedere che cosa stia accadendo, il mio cuore continua a perdere battiti ad ogni carezza, e, se da una parte sono emozionata nel sapere che c'è qualcuno, dall'altra sono terrorizzata a morte.

Una volta finite le carezze, mi fa appoggiare le mie mani sul mio petto e ubbidientemente le lascio lì.

Non sento nulla per qualche secondo, dubitando perfino di quello che sia successo, finché non mi accorgo delle fusa.

Delle fusa molto vicine al mio viso.

Apro gli occhi.

Occhi d'acciaio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 22, 2017 ⏰

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