Capitolo 4

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Le ultime ore sono passate velocemente, Lucifer non mi ha infastidita più di tanto ed io non gli ho prestato attenzione, ora sto aspettando la campanella che ci libererà da questo lunedì scolastico, non vedo l'ora di tornare a casa e farmi un lungo bagno caldo.

Sento il telefono vibrare nella tasca.

*Ehy ciccia! Ti ricordi che oggi mi devi accompagnare al centro commerciale vero?!*

Oh cavolo! Mi sono dimenticata che oggi devo incontrare Ingrid!

Ingrid è la mia migliore amica, è di qualche anno più grande di me, ed è l'unica ragazza con cui riesca ad avere una conversazione civile.

Beh, semi civile, in quanto quando iniziamo a scherzare quasi urliamo.

È una ragazza sveglia e simpatica, che passa dal mandarti a quel paese a ridere come una matta, ed è anche molto schietta: se le stai sulle palle te lo dice apertamente.

*Sì tranquilla mi ricordo! Vieni tu a prendermi o ci incontriamo direttamente là?*

Purtroppo, nonostante io abbia 18 anni compiuti, non ho ancora fatto la patente, ho una paura atavica di interrogazioni ed esami, pure quelli del sangue mi danno l'ansia.

So guidare, mi ha insegnato mia madre (mio padre non mi darebbe le chiavi manco se fosse un caso di urgenza), però lo stesso ho il terrore dell'esame.

*Vengo io tranquilla! Tuo padre ancora nulla con la macchina -.- ?*

*Mah, secondo te?! Mi ha comprato la Lamborghini nuova fiammante, non ho nemmeno dovuto fare la patente!*

Ridacchio alla mia battuta mentre invio il messaggio e metto via il telefono.

12.55

Ancora cinque fottuti minuti ed esco da quest'inferno!

Appoggio la testa sul banco pensando a cosa potrei acquistare.

Mmhh.. Libri nuovi... Potrei vedere anche di qualche manuale per disegnare manga... O magari un nuovo gioco per la Playstation 3... Sicuramente Ingrid non mi lascerà comprare nessun gioco.

Sospiro e guardo ancora una volta l'orologio.

12.58

Due minutiiii

"Ti va di uscire con me stasera?"

"Cos..?" Mi giro verso Lucifer incredula.

M-mi ha chiesto di uscire..? Serio?!

"Hai le orecchie otturate? Ti ho chiesto se volessi uscire."

"I-io.. No! Cioè, perché me lo chiedi?"

"Mah, forse perché voglio conoscerti fuori di qui?" Sorride, ed ha un sorriso davvero seducente.

Arrossisco e inizio a balbettare una serie di scuse.

Il suono della campanella mi salva e schizzo fuori dalla classe con la risata dello strano ragazzo.

Nessuno mi aveva mai chiesto di uscire prima, non perché fossi una brutta ragazza, mi hanno sempre detto che sono carina, anche se non mi vedo come tale, ma perché non sono una di quelle particolarmente espansive, mi piace starmene per i fatti miei, con i miei libri, la mia musica e i miei videogiochi.

Difatti non conosco nemmeno i nomi dei miei compagni, non ho nulla da condividere con loro.

C'è il gruppo dei secchioni, io sono bravina, ho voti che variano dal sei al nove; c'è il gruppo degli sportivi, e io al massimo come sport faccio il "divaning" e i "cento metri ritardo" (anche se casa mia e la scuola sono a circa un chilometro di distanza); c'è il gruppo dei fighetti, ovvero quelli vestiti di marca e tirati sempre a lucido, non ci entrerei nemmeno se fossi imperatrice; ed infine il gruppo dei fumatori, ragazzi che bevono e fumano come non ci fosse un domani, io sono astemia e non sopporto nemmeno lontanamente l'odore del fumo.

Insomma, proprio un paradiso per una come me.

Salgo sull'autobus diretta a casa, sono pensierosa e piena di domande che mi ronzano per la testa, difatti quasi non mi accorgo di essere arrivata alla mia fermata.

"Mamma! Sono a casa!" Urlo appena varcata la porta, lancio lo zaino in un angolo e mi vado a togliere le scarpe prima di entrare in cucina dove mia madre sta cucinando canticchiando allegra.

Io non assomiglio nè a mia madre nè a mio padre.

Mia madre si chiama Karen, è bassina, almeno una decina di centimetri meno di me, è molto formosa, ha dei capelli biondo cenere abbastanza lunghi, utilizza un cerchietto o una fascia per fermare il ciuffo (in bagno ne ha di tutti i colori e disegni), ha occhi castani e non si trucca mai. È una di quelle persone che sembrano uscite da una fiaba per il carattere che hanno, è molto positiva e non urla mai, paziente ed una maniaca delle pulizie come poche.

Mio padre, Ronald, invece è alto e mingherlino, con capelli e occhi scuri, porta occhiali spessi e, come mia madre, è un personaggio che pensa sempre al meglio.

Lui lavora come elettricista, lei è una casalinga.
Io invece mi chiedo se sono adottata.

"Tesoroooo, com'è andata la giornata?" Cinguetta tutt'allegra.

Scuoto la testa, come fa ad essere sempre così felice?

"Come al solito."

"Cosa vuol dire come al solito? Non può essere che tu faccia le stesse cose ogni giorno."

Quando fa così mi viene voglia di sbattere la testa sul bancone della cucina, e sorrido alla scena.

"Uhm, abbiamo avuto due ore matematica, due ore di arte e una di italiano."

"Hai capito tutto zucchero? Sai che se non hai capito devi chiedere all'insegnante?"

"Sì mamma..."

"Brava la mia piccolina!" Molla la padella sul fuoco e trotterella ad abbracciarmi.

"Mammaaaaa ho 18 anni cavolo! Non sono più una bambina." Nonostante la mia protesta mi piace essere abbracciata da lei, si sente l'amore che trasmette.

"Vai a preparare la tavola tesoro, devi essere affamata, tra poco arriva anche tuo padre."

Mi dirigo verso la sala da pranzo, e preparo distrattamente la tavola, prendendola con calma e con i miei tempi.

"Annie! È pronto e tu stai ancora lì a mettere i piatti.. Oh ciao Ronnie caro."

Mio padre fa il suo ingresso salvandomi dalla ramanzina della cuoca.

"Buongiorno principesse." Ci rivolge un sorriso smagliante.

Sembra tanto di essere in una pubblicità, una di quelle con le famiglie perfette.
Peccato che l'unico elemento fuori posto sono io, come al solito

Mi siedo a tavola mentre mamma serve il pranzo e papà inizia a parlare della sua giornata lavorativa, è sempre entusiasta del suo lavoro, ed è un bene, no?

"Allora, piccola Annie, com'è andata a scuola? Sembri distratta."

"Uh?" Smetto di giocherellare con la pasta "Oh, non ho nulla."

"Maddai, si vede lontano un miglio che qualcosa ti ronza in quella testolina!"

"Mmhh... Beh ecco, ho un nuovo compagno di banco."

"E non è una cosa positiva?"

"No... Cioè, credo di sì, è un ragazzo appena arrivato."

Il silenzio cala sulla tavola.

"Ehm... Qualcosa non va?"

"Nono, nulla cara, e... Com'è questo ragazzo?"

Descrivo loro Lucifer e dei "dispetti" che mi ha combinato durante la mattinata, omettendo il fatto che usavo il cellulare durante lezione e che mi ha invitata fuori durante l'ultima ora.

I miei genitori non replicano e cala un'aria di tensione sulla tavola.

Si è fermato il tempo..? Che succede?

Look Into My EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora